Ringrazio la Giuria, in particolare Marinella Rosin Beltramini, quale Presidente.Un grazie sincero al Direttore Luigino Vador, organizzatore del Premio, per l'attenzione con cui mi ha seguito.
Ed ora riporto qui sotto il racconto, inspirato all'Esodo Istriano, nel cui mio padre è stato coinvolto.
LE PESCHE (esodo
istriano)
Dal maggio del 1945 iniziò l’esodo massiccio,
spontaneo e disorganizzato degli Italiani d’Istria e di Fiume. Mio padre era nativo
della provincia di Belluno. Prestava però la sua opera come minatore ad Arsia, che fu costruita, nel tempo di un anno e
mezzo, dal regime fascista italiano e inaugurata il 4 novembre 1937. Si
trattava della prima città a carattere minerario progettata e costruita dal fascismo.
Papà, che per quattro anni in tempo di guerra lavorò
come minatore a Carbonia, fu trasferito, sempre militarizzato, alle miniere
istriane.
Nel giugno del 1945 dovette fuggire. Come se
fosse uno dei tanti istriani, fiumani e dalmati costretti all’esodo.
Mia madre non era stata informata del rientro
di mio padre.
La loro primogenita Lella aveva quattro anni,
quando è accaduto questo strano fatto.
Un accadimento del tutto straordinario, che ha
del sovrannaturale.
La mamma diede tre pesche alla bimba, perché
facesse merenda, ma lei rispose che non le voleva e le spiegò il motivo:
− Mamma,
metti da parte queste pesche, tienile per quando arriverà papà.
La
mamma rispose che suo padre si trovava in Istria, a lavorare in miniera,
militarizzato a causa della guerra, e che quelle pesche sarebbero marcite,
nell’attesa del suo rientro.
Mia
sorella pestò i piedi, si mise a strillare e ribadì ancora una volta, con
insistenza, che il papà sarebbe rientrato a casa entro sera.
E così fu. Nostro padre arrivò a casa poche
ore dopo, smunto, gli abiti sgualciti e impolverati, sfinito dal lungo
camminare pur se, alcune volte, ottenne qualche passaggio su mezzi di fortuna,
come carri trainati da cavalli o qualche rara vettura, ma dovette comunque
affrontare lunghi percorsi a piedi.
La
moglie ne fu sorpresa. La piccolina disse alla madre:
− Che
ti dicevo? Papà stava arrivando, e tu non mi hai creduto, Portagli le pesche!
La mamma volse
uno sguardo interrogativo al marito, lui rispose con un sorriso di tenerezza e,
prendendo in braccio la figlia, le confidò:
− Non mi
meraviglio, ho trascorso tutto il tempo della mia fuga dall’Istria, pensando a
voi, soprattutto a questa piccolina che desideravo riabbracciare. E’ stato tale
pensiero a darmi il coraggio di affrontare il lungo cammino, la stanchezza, la
fame. Lei ha captato il mio messaggio d’amore. I piccoli sono come angeli,
hanno un sesto senso simile alla telepatia. La sentivo accanto a me, e lei ha
capito che stavo tornando nel nostro piccolo ma sicuro nido. Agguantò una
pesca, e facendo l’occhiolino alla sua figlioletta, staccò un bel morso. Lella,
felice, batté le manine.
Danila Oppio
Nessun commento:
Posta un commento