Una vecchia diva ubriaca sul viale del
tramonto
Palindromi vaganti
All’“angolo Bar a Bologna”
Gironzolavano vecchi sorci
Poiché “i topi non avevano nipoti”.
Seduta accanto ad un
tavolino traballante
Un’attempata attrice ormai dimenticata
mormorava parole
sconnesse:
“Avida di vita, desiai
ogni amore vero,
ma ingoiai sedativi, da
diva”.
Il suo giovane cavaliere
come un “ossesso” le gridava:
“O mordo tua nuora, o aro
un autodromo”
Non ti sopporto, così
ubriaca e impasticcata!
“Avevi visioni d’un evo
ove nudi noi si viveva!”
“O notte! Dove vai? Ti
avevo detto no!”
Ma “Ava” “odia lui per essere più laido”
E gli ribatte:
“E’ malasorte! Ti carbonizzino braci,
tetro
salame!”
E “accese carboni, ma cade da camino brace secca!”
Un passante, che ogni giorno li incontrava
scuotendo la testa,
mormorava:
“Ettore evitava le madame
lavative e rotte”.
“Ora tra te e lei, fiele e
tartaro!”
Eppure di questa vecchia
carampana
Non riesce a liberarsene. E
la sfotte.
Diceva di lei: “Ad una vera pia donna dei simili fili
misi e annodai: pareva nuda”.
“O rei fortuna l’ebbe! La nutro fiero!”
“Ora per poi io preparo” il mio ricco futuro.
Ma forse lasciarla non vuole:
erediterà una fortuna,
se la vegliarda muore.
Un tempo la “onorarono”,
ora percepisce, come avesse
un “radar”
il disprezzo e l’indifferenza
per aver perduto il
fascino
della diva che un tempo
fu.
Con quei suoi capelli blu,
colorati all’ “anilina”
Insieme alle amiche di sempre, come Nilla,
in una fredda stanza in catalessia
“E Nilla gelava nuda,
ratta radunava le galline”.
Tutte vecchie e grinzose
come lei.
Così se ne stava Ada in pessima compagnia.
Danila Oppio
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