Il lupo buono
di Renata Rusca Zargar
Cammina, cammina, pieno di pensieri.
A un tratto, nel silenzio ovattato delle distese di neve, ode un lamento disperato.
Si ferma ad ascoltare: è un belato.
Forse, pensa senza entusiasmo, dietro a quegli alberi, c’è il cibo che lui desidera da tanto tempo!
Eccola là, infatti, la pecora, piccola, infreddolita, sperduta. Ha perso il gregge, la strada di casa, tutto.
Come si può uccidere una creatura così indifesa e sfortunata?
Il lupo non ne ha il coraggio.
Ma abbandonarla in quel luogo e andare via è come ucciderla: morirà di freddo e di paura. Che fare?
È difficile la vita di un lupo dei tempi moderni!
Lui sa dove si trova l’ovile, lo sente col suo fiuto esperto, il calore e l’umore della tenera carne arriva fino a lui.
Con infinita pazienza, spinge la pecora inerme passo passo verso la casa e la salvezza.
Sono quasi arrivati, e la pecora non ha mai smesso di belare.
Il pastore la sente, imbraccia il fucile, si precipita fuori.
Vede il lupo e spara.
Di corsa, si avvicina alla pecora, che non ha capito ancora niente, ed esclama: “Poverina, voleva mangiarti!” e, premuroso, la riconduce all’ovile.
Sul campo è rimasto solo il lupo: davanti ai suoi occhi scorrono le immagini dei giorni felici quando i suoi fratelli del branco non erano ancora stati uccisi dall’uomo. Quante corse sulle montagne, quanti ululati d’amore e di gioia!
Ora si avvia ai prati del cielo, un po’ stanco, mentre la neve, tutto intorno, si fa rossa.
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