POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

mercoledì, novembre 26

LETTERA A SESìL: Il problema della libertà - Parte quarta

Tutto questo mio desiderio di libertà, di autonomia, anzi di indipendenza, mi ha comunque preso la mano se mi ritrovo a 62 anni sola anche se felicemente in pensione (piccola e non tutta: la riforma Fornero è riuscita a bloccarmene 10 anni regolarmente contribuiti come lavoratore autonomo).
Mi sono svegliata e mi sono sentita una sopravvissuta. Mi sono finalmente guardata allo specchio riconoscendomi soprattutto per simpatia. La stessa che mi permette di accogliere con una certa naturalezza tutti gli sgarbi dell’età e del mio vivere da trasfertista e da pendolare per decenni, rotta a tutte le intemperie. Appunto, rotta, come sento le mie ossa quando mi alzo al mattino, ma piacevolmente incredula di non dovere prendere ancora il treno per Bologna col buio e tornare col buio. Bologna è stato il mio pendolarismo più comodo.
Adesso ho finalmente il tempo per essere felice e infatti spesso lo sono. La felicità non ha un motivo, è un sorriso che improvvisamente nasce dentro e scoppia talvolta in una bella risata che fa trovare bella la vita anche quando stendo i panni in balcone.
Ecco, prima non avevo il tempo di sentire quel sorriso, di ascoltarmi ridere dentro. Questo è il più grande regalo che mi ha fatto l’andare in pensione.
Non è che ho perso il mio DNA musone e troppo critico, quasi isterico nella sua precisione. Solo che sempre più spesso mi rompe e cerco di ridimensionarlo. Perché adesso sento che il tempo ha da dirmi una parola fine.

In sostanza, e per concludere questo racconto, devo dire che ho attraversato crisi e sono stata precaria per tutta la vita.

Tranne i primi 5 anni, che furono la mia età felice, entrata nel mondo con la scuola mi ero resa conto di dipendere dagli insegnanti e da mio padre e dalle regole che regolavano la vita degli esseri umani di sesso femminile fatta soprattutto di continua diplomazia (io direi ipocrisia), di camminamento sul filo, di altalena che, se non era un via-vai di sesso, era una vera e propria barcarola.
Poi la mancanza di lavoro, poi il lavoro a cottimo, poi il lavoro in prova, poi io stessa ho dato una volta le dimissioni per scrivere un libro, poi sono tornata come piccolo consulente informatico in Svizzera, poi ho super-lavorato fino a andar via di testa e sbarcare in analisi, poi ho cambiato ditta per un’altra che avviava un progetto nuovo e all’avanguardia e lo era così tanto che il progetto s’interruppe e fui licenziata (ditta con meno di 16 dipendenti).
Poi mi ha cercato e trovato un’azienda solida, ma dopo 11 anni ha considerato che, per motivazioni economiche, era meglio convertirmi da dipendente a tempo indeterminato a consulente a partita Iva, che lo lasci a casa più facilmente se il mercato non tira. E mi sono gustata questa minestra precaria per i successivi 10 anni. Quando, cambiando il vento del mercato, mi hanno riassunto in pianta stabile. Non chiedetemi il perché che non me lo spiego ma ne ringrazio il destino perché alla fine del 2008 io avevo già 57 anni.
In tutte le mie precarietà mi è mancata la Cassa Integrazione e diventare Esodata. Da quest’ultima precarietà mi sono salvata per il rotto della cuffia, acquisendo il diritto alla pensione per età e contributi INPS il 3 ottobre 2011, appena in tempo per sfuggire al lavoro a maglia Fornero-Monti.
E adesso che in pensione ci sono, devo constatare che mi rimane un’ultima precarietà, quella che è comune a tutti. Essendo ineliminabile mi secca molto, dopo aver tanto combattuto.
Bah! Cercherò di fare sempre delle cose che mi rendano orgogliosa di me stessa e che vadano verso gli altri. Che servano a accompagnare i più giovani di me verso il traguardo di tutti, producendo cibo buono per il corpo e per il cervello e anche di fare dello spirito (i giovani sono sempre molto seri, talvolta serissimi), in modo che, se non si può ingannare la morte, si possa almeno ingannare l’attesa.



Questo, finché avrò discreta salute e un cervello sveglio, dopo non so.
Del resto, questa storia di sentire sempre più spesso la morte, mi capita dalla menopausa.  Dopo che quel girovagare di ormoni si è interrotto o ridotto, sembra che il cervello sia rimasto soprattutto lui a farla da padrone e non è quasi mai un padrone simpatico, pesa sempre tutto, per lui   2 + 2   fa sempre 4, con la bacchetta ti illustra sulla lavagna come alla vita, ovviamente, non c’è altra soluzione che il suo inevitabile termine e non parliamo dell’anima che è roba solo per bigotti paurosi e tu non avrai mica paura?
Lasciamo perdere, lo ascolto perché dopo tutto sono io e non posso farne a meno e mi ricorda talvolta una frase del “Paradiso perduto” di Milton (vedi che la cultura serve), riferito a Lucifero (angelo a me tanto simpatico che ne ho scritto anni fa la breve e vera storia):
<< Suo regno è nel cervello
      ed in se stesso
      può far dell’Ade un Ciel,
      del Cielo un Ade >>.
Be’, siccome ancora non sopporto di avere un padrone, foss’anche il mio prezioso cervello, ho deciso di costituirmi a sindacato e discuterci mettendo in atto una nuova strategia.
Ora, io sono un ex informatico (ho esercitato attivamente l’arte per 34 anni, più di metà della mia vita fin qui) e per me gli indici di memorizzazione/ricerca sono fondamentali.
Così ho notato che in me è sempre esistito, forte, pulito, lucido, puntuale appunto, l’indice RAZIONALE che lavora mettendo in relazione le cose.
Bene, sto costruendomene un altro che avevo sempre così trascurato da non conoscerne l’esistenza: l’indice EMOZIONALE. E con lui sto rivisitando il mondo.
Scopro cose nuove, anche andando a ritrovare le antiche, che mi spaventano anche un po’ perché non ci sono abituata. O forse è l’indice di VECCHIAIA?
Comunque sia, non faccio male a nessuno.


A distanza di quasi 40 anni ho dunque avuto la strana ventura di sapere come poi è andata a finire questa ricerca di libertà.
E incontrare Sesìl, che ha la mia età di allora, mi ha detto quanto sarebbe stato prezioso raccontare.
Ho vissuto così, per un po’ più di un mese, contemporaneamente in 2 mondi lontani, sono salita a cavallo del tempo, una specie di Colosso di Rodi con un piede nel secolo scorso e l’altro piede nel presente. Sapendo che entrambi poggiano sull’argilla e le loro impronte ne saranno inghiottite come tutte quelle dei viventi che passano sulla riva del mare.
E dopotutto, rileggendo lo scritto, mi sembra proprio che quei vent’anni me li sono portati dietro fin qui, ai giorni nostri.
Dove m’interrompo perché le nuove abitudini mi chiamano da un po’.


                                                  - Fine –

                                                            Angela  Fabbri


C’è una remota possibilità, Sesìl, che leggendo quel che ho scritto tu decida di scegliere la laurea, la famiglia, i figli.
                                                  
                                                                 Ciao.
                                                   
                                                         La  tua  Angela




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