Da qualche giorno giro intorno ad argomenti letterari, ma anche particolari.
Una ricerca tira l'altra, un po' come le ciliegie, e quindi a seguito di una lettura, ho cercato l'autore di una poesia. Dalla poesia, ho capito alcune cose, e da quelle cose, ho eseguito un'altra ricerca sui protettori della casa, e sulla storia dell'umanità, che sempre ha voluto affidarsi a qualcuno per essere protetta.
Chi si è rivolto agli dei, chi ad un unico Dio, chi a personaggi mitologici, o quasi fatati. L'uomo sa che da solo non ce la fa, e spera, si augura che ci sia qualcuno o Qualcuno capace di vegliare su di lui.
Questo, da quando il primo uomo ha messo piede sulla Terra. Adorava il Sole, gli Astri, poi gli idoli che si fabbricava da solo. E temo che ancora oggi, l'uomo adori ancora gli idoli, anche se hanno cambiato identità. Prima c'erano i totem dei pellerossa, le statue di Buddha, e quelle degli antichi Egizi, e quelle dei Greci e dei Romani. I popoli nordici invece, preferivano delle piccole creature, folletti, troll, ninfe dei boschi, insomma, personaggi che hanno ispirato splendide fiabe per bambini. E poi è venuto Babbo Natale. Ma di questo ne parliamo tra poco.
Le
divinità della casa, i protettori delle famiglia nella mitologia di tutti i
tempi.
La
casa dell’antica Roma è caratterizzata da un numero sorprendente di divinità. Divinità
“minute”, ma molto importanti per la vita dell’uomo antico. Oltre agli dei
preposti ai diversi aspetti della realtà, ci sono anche divinità specificamente
dedicate alla casa e al suo benessere, alla famiglia e alla sua prosperità ed
infine al suo principale rappresentante, il capofamiglia. I Lari e i Penati,
per esempio.
Protettori della casa propriamente
detta, per i romani erano più i Penati (minori) che i Lari, anche se sembra un
po' la differenza fra Polizia e Carabinieri.
Senza scodare Estia, dea greca poi adottata dai romani, che ne hanno modificato il nome in Vesta, "protettrice del focolare
domestico". In effetti lei era una dea vera e propria, a differenza di
Lari e Penati, che sono l'equivalente degli spiriti.
Per gli Aztechi, il protettore era Chiconahul.
Per la mitologia nordica, la protettrice del focolare era Frigg, moglie di Odino,
ma della protezione domestica si prendevano cura anche Thor e Thueris. E
naturalmente, i folletti buoni, come Tomte.
Si vede che un po' ovunque è un lavoro a tempo pieno...
Per gli Egizi era Bastet, figlia di Ra, ma secondo alcuni anche Bes (Bisu).
E chissà quante altre popolazioni
dell’antichità hanno avuto i loro folletti o dei buoni, che vegliavano su di
loro.
Pare che ogni civiltà abbia
sentito la necessità di crearsi un personaggio protettore.
Tomte era un folletto che
proteggeva le case nordiche, e non solo, anche le persone che le abitavano, gli
animali, e le cose che si trovavano nella proprietà.
Poi, col tempo,Tomte ha preso le
sembianze di Babbo Natale, creato dalla mescolanza con San Nicola, che era un
vescovo cristiano, conosciuto anche come Santa, o Santa Klaus. Ovvero,
religione, sacralità e personaggi fiabeschi si sono miscelati così bene tra
loro, al punto che ne è andata persa la loro storia originale. Ho cercato di
mettere un po’ d’ordine. Pare che le religioni, soprattutto quella cristiana, abbia voluto sostituire i
personaggi mitologici con quelli reali, venuti molto tempo dopo, cercando così
di eliminare tutto ciò che riteneva profano, per immetterlo in una visione più
sacrale.
Leggenda
di San Nicola.
Nicola era un vescovo
molto generoso ed è noto per i miracoli che ha fatto in favore dei bambini.
Una famosa leggenda racconta di quando diede da mangiare ad alcuni bambini
poveri ed affamati di una città. San Nicola raccolse frutta, verdura, grano e
li fece caricare su una grande barca dalle vele blu, che partì alla volta della
città. San Nicola bussò alle porte delle case dove vivevano i bambini poveri
lasciando loro un sacco di cibo. Da allora san Nicola torna tutti gli anni sulla
terra per portare regali ai bambini.
San Nicola in Olanda
Ai bambini olandesi si racconta che San Nicola abita in Spagna col fedele Piero
il Nero e che essi arrivano il 6 dicembre a bordo di un grande veliero. Durante
tutto l’anno San Nicola annota le buone e le cattive azioni dei bambini, mentre
il suo valletto prepara i regali. San Nicola e Piero il nero vengono ricevuti
dal sindaco e dalla regina. Il valletto ha la testa coperta di fuliggine perché
è lui che infila i regali nei camini. San Nicola sbarca a Amsterdam, la
capitale dell’Olanda. Il 6 dicembre è festa per tutti i piccoli olandesi poiché
essi ricevono i regali. San Nicola attraversa la città sul suo cavallo bianco
fra le grida di gioia dei bambini; poi va a visitare i bambini ammalati. Il 6 dicembre
i bambini cercano i regali in casa e leggono i biglietti che li accompagnano.
San Nicola in Austria e in
Slovacchia
In Austria San Nicola sfila con i Krampus. Questi sono strani personaggi che
minacciano di portare via i bambini disobbedienti. In Slovacchia, San Nicola,
sotto la sorveglianza di personaggi mascherati, scaccia la morte dalle
abitazioni. la morte è rappresentata da una specie di fantasma che tiene in
mano una falce.
Per i cristiani è Gesù
Bambino il portatore di pace nelle famiglie e nel mondo, e colui che porta i
regali ai bambini.
Non sarà che tra poco,
anche il Bambinello verrà vestito di rosso, come Babbo Natale, e diverrà
leggenda pure lui? Spero di no, ma con la mescolanza di tante tradizioni diverse, alla fine diventerà una nuova Babilonia!
Da Tomten
A San Nicola
A Santa Klaus
Che è l'abbreviazione di San Nicolaus
Oggi chiamato impropriamente
Babbo Natale
Se San Nicola (Santa Klaus) è festeggiato il 6 dicembre, per quale ragione in certe parti del mondo viene festeggiato il 25 dicembre? Per eclissare la nascita del Bambino Gesù? O è stato il Bambinello a nascere in quel giorno, per mettere in un cantuccio Babbo Natale? E allora perché lo chiamiamo Natale, che è proprio il giorno della Natività di Gesù? Diamo il nome giusto ad ognuno. Santa Klaus non ha nulla a che vedere con Babbo Natale, perché è collegato al Vescovo Nicola. Conosciamo la sua storia umana?
San Nicola è uno dei santi più venerati ed amati al mondo. Egli è certamente una delle figure più grandi nel campo dell’agiografia. Tra il X e il XIII secolo non è facile trovare santi che possano reggere il confronto con lui quanto a universalità e vivacità di culto.
Ogni popolo lo ha fatto proprio, vedendolo sotto una luce diversa, pur conservandogli le caratteristiche fondamentali, prima fra tutte quella di difensore dei deboli e di coloro che subiscono ingiustizie. Egli è anche il protettore delle fanciulle che si avviano al matrimonio e dei marinai, mentre l’ancor più celebre suo patrocinio sui bambini è noto soprattutto in Occidente.
La Patria di San Nicola
San Nicola nacque intorno al 260 d.C. a Patara, importante città della Licia, la penisola dell’Asia Minore (attuale Turchia) quasi dirimpetto all’isola di Rodi. Oggi tutta la regione rientra nella vasta provincia di Antalya, la quale comprende, oltre la Licia, anche l’antica Pisidia e Panfilia.
Nell’antichità i due porti principali erano proprio quelli delle città di San Nicola: Patara, dove nacque, e Myra, di cui fu vescovo.
Prima dell’VIII secolo nessun testo parla del luogo di nascita di Nicola. Tutti fanno riferimento al suo episcopato nella sede di Myra, che appare così come la città di San Nicola. Il primo a parlarne è Michele Archimandrita verso il 710 d. C., indicando in Patara la città natale del futuro grande vescovo. Il modo semplice e sicuro con cui riporta la notizia induce a credere che la tradizione orale al riguardo fosse molto solida.
Di Patara parla anche il patriarca Metodio nel testo dedicato a Teodoro e ne parla il Metafraste. La notizia pertanto può essere accolta con elevato grado di probabilità.
Questa storia, insieme a quella successiva dei generali bizantini (Praxis de stratelatis), è il pezzo forte di tutta la vicenda nicolaiana. Nell’antichità, per esprimere il concetto che questa narrazione era la più importante di tutte quelle che riguardavano S. Nicola, spesso non veniva indicata come Praxis de stratelatis (racconto intorno ai generali) ma semplicemente come Praxis tou agiou Nikolaou (storia di S. Nicola), quasi che tutti gli altri racconti non rivestissero alcuna importanza a paragone con questo.
In occasione della sosta di alcune navi militari nel porto di Mira, nel vicino mercato di Placoma scoppiarono dei tafferugli, in parte provocati proprio dalla soldataglia che sfogava così la tensione di una vita di asperità. In quei disordini le forze dell’ordine catturarono tre cittadini miresi, i quali dopo un processo sommario furono condannati a morte. Nicola si trovava in quel momento a colloquio con i generali dell’esercito Nepoziano, Urso ed Erpilio, i quali gli stavano dicendo della loro imminente missione militare contro i Taifali, una tribù gotica che stava suscitando una rivolta in Frigia. Invitati da S. Nicola, i generali riuscirono a fare riportare l’ordine. Ma ecco che alcuni cittadini accorsero dal vescovo, riferendogli che il preside Eustazio aveva condannato a morte quei tre innocenti.
Seguito dai generali, Nicola prese il cammino per Mira. Giunto al luogo detto Leone, incontrò alcuni che gli dissero che i condannati erano nel luogo detto Dioscuri. Nicola procedette così fino alla chiesa dei santi martiri Crescente e Dioscoride. Qui apprese che i condannati erano già stati portati a Berra, il luogo ove solitamente venivano messi a morte i condannati. Ben sapendo che solo lui, in quanto vescovo, avrebbe potuto fermare il carnefice, accelerò il passo e vi giunse, aprendosi la strada fra la folla che faceva da spettatrice. Il carnefice era già pronto, e i condannati stavano già col collo sui ceppi, quando Nicola si avvicinò e tolse la spada al carnefice.
Avendo liberato gli innocenti dalla decapitazione, Nicola si recò al palazzo del preside Eustazio, entrandovi senza farsi annunciare. Giunto dinanzi al preside l’apostrofò accusandolo di ingiustizie, violenze e corruzione. Quando minacciò di riferire la cosa all’imperatore, Eustazio rispose che era stato indotto in errore da due notabili di Mira, Simonide ed Eudossio. Ma Nicola, senza contestare il particolare, gli rinfacciò nuovamente la corruzione e, giocando sulle parole, gli disse che non Simonide ed Eudossio, ma Crisaffio (oro) e Argiro (argento) l’avevano corrotto. Avendo così ristabilita la verità e la giustizia, Nicola non infierì ma perdonò al preside pentito.
Sono persuasa che ben pochi conoscano la vera storia di San Nicola, e solo conoscendola, posso capire l'enorme differenza che passa tra Santa Klaus in abito rosso, e un Santo, nato da nobile famiglia, che non faceva il pagliaccio per divertire i bambini.
Danila Oppio
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