Una figura folcloristica svedese importante, ma
anche scandinava in generale, è
il Tomte.
Originariamente un folletto benigno, capriccioso e fortissimo che si occupava
di proteggere la casa, la fattoria e il bestiame durante le ore notturne (ma
anche di causare danni a chi non si comportava correttamente o gli mancava di
rispetto), la credenza del Tomte venne a lungo demonizzata e ripudiata con
l’arrivo della cristianità. Inutile dire che il mito sopravvisse comunque,
finendo con l’assumere poi un ruolo sempre più legato al Natale. In
particolare, lo scrittore Viktor Rydberg introdusse per la prima
volta lo Jultomten nella novella Lille Viggs äventyr på julafton (L’avventura del
Piccolo Wiggs durante la Vigilia di Natale, 1871) e poi nella poesia Tomten (1881). In quest’ultima, il Tomten era un
folletto natalizio che girava per la casa la notte del solstizio d’inverno
ponderando sulla situazione.
Fu l’illustratrice Jenny Nyström a rappresentare graficamente lo Jultomten di Rydberg, al punto che la disegnatrice viene ricordata in Svezia come “la mamma di Babbo Natale”. Un’altra rappresentazione grafica amatissima (ma decisamente successiva) del folletto è quella di Harald Wiberg.
Jultomten ereditò in fretta dalla Julbocken il ruolo di portatore di doni: questo processo avvenne per induzione dalla Danimarca, dove lo julenisse aveva una funzione simile, e dalla Germania, paesi in cui si stava espandendo l’influenza di Sinterklaas e dei suoi “parenti”.
Fu l’illustratrice Jenny Nyström a rappresentare graficamente lo Jultomten di Rydberg, al punto che la disegnatrice viene ricordata in Svezia come “la mamma di Babbo Natale”. Un’altra rappresentazione grafica amatissima (ma decisamente successiva) del folletto è quella di Harald Wiberg.
Jultomten ereditò in fretta dalla Julbocken il ruolo di portatore di doni: questo processo avvenne per induzione dalla Danimarca, dove lo julenisse aveva una funzione simile, e dalla Germania, paesi in cui si stava espandendo l’influenza di Sinterklaas e dei suoi “parenti”.
Quando dagli USA cominciò ad arrivare la figura del
Santa Claus moderno, in particolare con gli anni ´30 del XX secolo, in Svezia
esisteva già una radicata tradizione relativa agli jultomtar. Mentre il Santa Claus americano era uno
solo, un uomo di grossa stazza, che viveva al Polo Nord e si calava dai camini
la notte della vigilia, il Tomten era una figura legata alla famiglia o alla
comunità, viveva nel boschetto vicino a casa e bussava alla porta di casa nel
pomeriggio della vigilia. Le due figure si ritrovarono in qualche modo a
convergere e il nome Jultomten passò ad identificare tanto il piccolo folletto
svedese quanto il rubicondo vecchietto sovrappeso. Al giorno d’oggi, i bimbi
svedesi, quando parlano di Tomten (senza specificare altro), fanno riferimento
senza dubbio a Santa Claus, ma il piccolo folletto continua comunque ad
esistere con lo stesso nome nell’immaginario, nella riproposizione degli scritti
di Rydberg (sempre popolari), nel folklore… e nei negozi di souvenir di tutta
la Svezia!
Peraltro, il Babbo
Natale svedese conserva caratteristiche uniche derivate dal piccolo folletto: non
si cala dai camini, ma, ereditando il ruolo che fu della Capra, continua a
bussare alla porta di casa nel pomeriggio della vigilia e non vive al Polo ma in qualche bosco nelle
vicinanze. Perché globalizzati sì, ma sempre con un minimo di orgoglio
Nazionale!
Infine, una
raccomandazione in conclusione: se passate dalle parti di Stoccolma in questo
periodo, evitate di comprare i tomtar prodotti
in serie e venduti nelle trappole per turisti, ma fate piuttosto un salto al
meraviglioso Tomtar & Troll nella
città vecchia. È un negozio artigianale, dove troverete i tomtar (e i troll) più belli di Svezia, creati a
mano dalle signore proprietarie. Ne vale la pena!
La cosa mi hai incuriosito non poco, per cui sono andata a cercare qualcosa in proposito. Si è trattato di un lavoro laborioso, poiché in rete si trova in lingua originale (a me del tutto sconosciuta) e in una versione parallela in inglese, che però, a conti fatti, non corrisponde nel dettaglio al contenuto dell'opera di Rydberg. Come ho fatto a capirlo? Semplice, la versione in inglese è a rima, e per creare la stessa, il traduttore ha giocoforza dovuto modificare alcune parole.
Avrei potuto chiedere a mio figlio, laureato in lingue scandinave e inglese, di occuparsi della traduzione in italiano, ma non desidero rubargli tempo prezioso, per cui mi sono avvalsa del vocabolario "svedese-inglese" per venirne a capo.
Nel prossimo post pubblicherò le tre versioni: nell'originale svedese, nella traduzione in inglese, e nella mia povera e forse incompleta traduzione in italiano.
Le illustrazioni in alto, sono di Jenny Nyström
Danila Oppio
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