IL
COMBATTENTE
Don
Chisciotte o paladino della luce rifratta, optò per l’abolizione di
congiunzioni aggiuntive e disgiuntive; se puntava i mulini in altre vite,
puntava sé stesso, ecco perché non aveva scelta: il campo di battaglia è
imperscrutabile come un oceano in bottiglia, chi è dentro potrebbe, potrebbe,
perdersi in condizionali così incondizionati! Si era ovunque, chiunque. E quale
sciocca somma, cavaliere, emarginato pidocchioso - solo, ma in un certo pur
nutrito drappello - la mano all’elsa contro la bocca
profonda del cosmo, sempre un attimo prima di specchiarsi e ritrovare quella
bocca nella sua, ancora più uguale a sé stessa, i denti acuminati, il rosso, la
voracità del vortice. Che fosse il tradimento dello sguardo, di occhi
impressionati come pellicola da quanto visto, o semplicemente la pausa che
s’impone fatale al furastico, irrompendo nel sogno e ponendovi bruscamente
fine, con un sogno diverso? Chi è fuori è fuori, potrebbe, potrebbe, perdersi
in condizionali così incondizionati!
Si era dato da fare per rimuovere il trionfo del
turpe, schioccava le dita, borbottava e batteva le mani solo per coprire quel
rumoraccio di maelstrom. Difese, difese chissà cosa, e la vita non sapeva più
come toccarlo, doveva aprirsi altri spazi in lui. Si ammalò, la malattia crebbe
assieme a una levità lisa di peso, contrappeso, il contrappasso dell’illusione
di sfuggire all’imperturbabile e misteriosa materia biografica. Materia ch’egli
avrebbe potuto illudersi, la mondanità insegnava, di convertire a più miti
consigli, di personalizzare, appunto, in prima persona, obliando di essere
oggetto in terza.
Eppure entrare nella vita, tornare senza più
fuggire? C’era forse una bellezza in questo? Gli sembrava l’ennesimo trantran da
tramandare, cui non si assumeva punto la responsabilità di fornire la propria
complicità politichese. Non sapeva, pur sapendo, che la “sua” bellezza non
creava nulla, che una bellezza non ne fa altre: era lei stessa a farsi,
attraverso di lui, alle sue spalle, sulle sue spalle, come un pappagallo. E allora?
Via, ancora via, non c’è vita che esuli dalla prigione, tutto sta nella durata,
quanto si impiega a percepirla anche lì? Così ci si maschera, si mascherano i
luoghi delle proprie apparizioni alla meno peggio, si firma per marchiare il
territorio - piedistallo delle belle statuine - di parole più nuove.
"Vorrei trovarle… ma piove piove
Sul nostro amor"
Coucou Sèlavy!