“Il magico potere del riordino” di Marie Kondo: il metodo giapponese che
trasforma i vostri spazi e la vostra vita
by Oubliette
Magazine in LETTERATURA,
mar 20, 2015
“Di
solito quando dico che il mio lavoro consiste nel dare lezioni di riordino,
tutti spalancano gli occhi per la sorpresa: «Esiste un lavoro del genere?», oppure:
«Il riordino è una cosa che si studia?»”.
Il magico potere del riordino
Abbiamo ceduto anche noi alla tentazione di leggere
quello che è considerato il best seller internazionale del momento, che vanta
oltre due milioni di copie vendute ed è giunto all’ottava edizione
italiana. “Il magico potere del riordino” (Vallardi,
2014), ovvero “Il metodo giapponese che trasforma i vostri spazi e la vostra
vita”, come si legge nel sottotitolo.
Il manuale che insegna a casalinghe disperate e a gente che vive
quotidianamente nel caos come riordinare la propria casa, è opera di Marie Kondo, consulente domestica giapponese che si è dedicata
all’arte del riordino fin da bambina e si è specializzata all’università
proprio in questa disciplina, facendone l’oggetto della sua professione.
Marie Kondo tiene corsi sia in Giappone che all’estero che hanno
avuto un enorme successo, tanto da
spingerla a scrivere questo manuale, tramite il quale ha raggiunto la
popolarità.
Incredibili sono i racconti della stessa autrice, di come l’arte di riordinare casa l’abbia sempre
ossessionata fin da piccola, e di come passasse intere giornate a mettere a
posto non solo la sua stanza, ma anche gli spazi comuni. Il risultato è che ella gettava nella
spazzatura non solo oggetti,
a suo dire, inutili di sua proprietà, bensì quelli appartenenti ai suoi
familiari, a loro insaputa.
L’idea di fondo su cui si basa il metodo di
riordino di Marie Kondo, consiste nel fatto che una casa in ordine
influisca anche sulla psiche di chi ci vive. Rassettando si mette in ordine il
passato, quindi in un certo senso, chi sta nel caos rifiuta di crescere e di
vivere nel presente. Riordinare è prima di tutto un atto mentale che influisce
in maniera positiva sulla sfera psicologica. Si esegue così una “metamorfosi”
che porterà l’inizio di una nuova vita.
Marie Kondo |
Fino a qui, tutto bene, e il ragionamento potrebbe
anche filare. Ma per riordinare, occorre prima di tutto, secondo il metodo
della Kondo, disfarsi letteralmente di tutto il materiale inutile che si annida
nelle nostre case e crea disordine. Vestiti,
libri, carte, fotografie e altri oggetti che si trovano nelle nostre case,
devono passare una dura selezione, in
base alle emozioni che essi ancora riescono a suscitare in noi. Tutto ciò per
il quale non proviamo emozione, deve essere buttato nella spazzatura. Avete capito bene. Non riciclato, regalato ai
poveri, donato a qualcuno. Proprio
buttato via. Addirittura ne parla in termini
di “bottino”.
Un’operazione quella di raggiungere il bidone della
spazzatura e buttarci dentro tutto,
da fare in completa solitudine e senza comunicarlo ai propri familiari, onde
evitare che essi possano volere qualcosa per sé e tenersi quindi alcuni oggetti
che poi obererebbero il loro di spazio vitale. Quindi ci viene suggerito di
anticipare persino la volontà altrui, o meglio, di ignorarla punto e basta.
E infatti l’autrice si vanta di quanti sacchi della
spazzatura riesce a far riempire alle sue clienti, quando si reca nelle loro abitazioni ad
insegnare il metodo. L’importanza di
buttare via le cose viene spesso ribadita, così come il fatto che il riordino vada affrontato tutto in una volta
e non per gradi. Ovviamente, riordinando sempre per categoria e non per stanza
della casa, onde evitare il cosiddetto “effetto boomerang” che si
ripresenterebbe di lì a qualche giorno.
Ecco, forse è la premessa generale che non
condividiamo del tutto. In Giappone l’arte del riordino è
considerata una vera e propria forma di cultura. In Italia, diciamo che sia meno diffusa, o
comunque, non in maniera così categorica ed ossessiva. Per esempio, l’autrice
suggerisce nel riordino dell’armadio, al fine di scegliere cosa tenere e cosa
buttare, di tirare fuori tutti i vestiti, nessuno escluso, e di buttarli sul
pavimento. Al contrario, noi al massimo li getteremmo provvisoriamente sul
letto. I giapponesi hanno tradizioni diverse,
essi mangiano persino seduti a terra. In
Italia buttare i vestiti sul pavimento e poi rimettere i superstiti
nell’armadio come niente fosse, vorrebbe dire trascurare una delle più
elementari norme d’igiene.
L’autrice suggerisce un ordine con cui si può
procedere al riordino: prima i
vestiti, poi i libri, in seguito le carte, gli oggetti misti e in ultimo i
ricordi. Dopo avere ringraziato mentalmente i vari oggetti, per la breve gioia
che ci hanno procurato, ella consiglia di disfarsi delle cose inutili. Ma
fotografie, libri, oggetti personali, hanno una storia, fanno parte di noi. Come può auspicare questa sorta di
insensibilità nella sua clientela? Come
può una persona non affezionarsi a nulla e fare a meno di tutto? Come se nulla
avesse valore? Sono domande che sorgono spontanee.
Marie Kondo
A volte l’autrice parla delle cose come avessero
vita propria, per esempio le
calze che appallottolate come fossero patate non possono riposare comodamente
nei cassetti. Vanno invece piegate con cura e lei spiega come. Ma di tutte
quelle che poco prima aveva gettato nel cassonetto, in maniera indiscriminata,
come mai non si preoccupa?Nemmeno una parola
in proposito. E le calze sono
solo un pretesto per spiegare un concetto che tiene banco per l’intero libro.
In conclusione, non tutte le idee contenute in
questo manuale sono da buttare.
Alcune sono anche valide. Solo che i controsensi prevalgono.
Sarà sicuramente dovuto ad un problema di
traduzione, però Marie Kondo continua a rigirare gli
stessi concetti per tutto il libro e a ripeterli all’infinito, quasi si stesse rivolgendo ad un esercito di
lobotomizzati. È un peccato non riuscire a comprendere l’importanza
dell’argomento nella cultura giapponese, perché sicuramente quanto detto in quest’opera
avrà dei fondamenti e delle tradizioni.
Dopo questa lettura, ciò che rimane è che non si
dovrebbe essere così ossessivi nel riordinare la propria casa. Forse non la salutiamo quando entriamo e quando
usciamo, come suggerisce l’autrice,
ma di sicuro non sarà un mausoleo con poche cose ben posizionate. Non sarà
fredda, ma vissuta. Forse maggiore importanza verrà data agli animali e alle
persone, e soprattutto non si butteranno via le proprie cose con una facilità
davvero sorprendente.
Written by Cristina Biolcati
Mi permetto di aggiungere un breve commento. Mi trovo d'accordo con l'autrice dell'articolo, poiché per nostra tradizione, è difficile decidere di gettare ricordi di vita, come fotografie, qualche lettera importante, anche oggetti che sono legati ad un momento particolare della nostra esistenza. Ovvio che, con il tempo, tutto si accumula, e alla fine mancano gli spazi dove custodire i nostri "tesori". E' altrettanto vero che a volte diventiamo dei veri e propri "collezionisti di ossa", ovvero di cose veramente inutili, che mettiamo da parte, pensando: "forse potrebbero venirci utili in futuro". Così restano nelle cantine, nei solai, nei cassetti e negli armadi, e poi ci dimentichiamo perfino dove li abbiamo riposti, questi oggetti che alla fine, diventano inutilizzabili, perché magari arrugginiti, ammuffiti, impolverati.
Ciò non toglie che questo articolo, di cui ringrazio Cristina, sia uno stimolo per darsi una mossa e iniziare le "Pulizie Pasquali", ovvero quel repulisti che di tanto in tanto occorre fare, non fosse altro che per far prendere aria ad oggetti tenuti a lungo al chiuso e ragionare seriamente se vale la pena conservarli o sarebbe buona cosa mandarli al macero. Ma in un altro punto non sono d'accordo con l'autrice nipponica: buttare tutto in pattumiera e non riciclare. Non sono d'accordo perché ci troviamo di fronte ad una nuova povertà e quindi sarebbe auspicabile che gli oggetti buoni, che pensiamo di buttare, potrebbero servire a chi non li ha e non ha i quattrini per acquistarli. Oppure portarli al banco di beneficenza, per raccogliere fondi destinati agli aiuti umanitari.
Danila Oppio
Direi che la signora giapponese che 'riordina' il passato dei suoi familiari buttandolo nella spazzatura a loro insaputa, incorre come minimo nel rischio di finirci anche lei. O nella
RispondiEliminaspazzatura o in un reparto neuro-psichiatrico.
Angela Fabbri
(che fra l'altro ripone le calze sempre molto accuratamente nei cassetti...)
Infatti! La recensione di Cristina Biolcati è stata chiara, in proposito. C'è sempre la giusta misura in tutte le cose. Dall'esasperata conservazione delle cose più inutilizzabili, alla scelta di buttare tutto, anche quello che appartiene ad altri. Malgrado che non condivida la tecnica nipponica, il libro invoglia a fare un po' di pulizia, eliminando certe cianfrusaglie che occupano spazio, e a non aggrapparsi troppo alle cose, per far spazio alle persone.
RispondiEliminaChi infatti non ha messo da parte cose che alla fine non gli serviranno più e di cui si è anche dimenticato della loro esistenza?