Paintings by Helenka Wierzbicki
L’INCUBO
D'UNA NOTTE
Passò
lungo la strada che si snodava
come sciarpa
zuppa di sangue liquefatto
una giovane
donna dal vestito scarlatto.
I suoi
piedi nudi calpestavano pietre
somiglianti
all’umana raccolta
delle catastrofi
imprevedibili e tetre.
Un
puledro le trotterellava accanto
come
uscito dall’Apocalisse di Dürer.
Teneva il
passo con il suo. Affranto.
Camminava
come avviluppata
da stanchezza avvolta in sudario,
sconvolta,
stravolta, insanguinata.
Intravedevo
come il fluire grottesco
del fango, nella luce violenta di bagliori
che
tagliavano il buio Caravaggesco.
D’improvviso
s’aprì un giorno limpido
D’una
chiarità tagliente, l’aria le sferzò
il volto
tumefatto, e lo guardo liquido.
Sopra di
lei un cielo angelico sul quale
andavano alla deriva nuvole effimere.
E lei
correva, come Furia splendente.
Mi desto.
La luce sporca del mattino
batte sul
mio viso unto d’insonnia
e un
pensiero mi sfiora molesto.
La vita è
un azzardo avvolto nel mistero.
Dovrei
scrivere forse un trattato
sulla
disperazione delle cose. Ma è vero?
Rappresenta
forse il sogno uno degli enigmi
più
irrisolti della umana abominazione
capace di
sopravvivere alla propria dannazione?
Non ho
tempo né tantomeno voglia
di
scrivere degli umani errori la storia
Sento
però giusto concludere così:
Niente è
tanto grande da non potersi
definire
piccolo al cospetto dell’eternità
E l’uomo
non ravvisa ciò, nella sua cecità
Danila
Oppio
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