La pergamena misteriosa
di Silvio Coccaro
L’imponente cargo spaziale Aurora Borealis della Compagnia dei Mercanti della Tramontana plana
dolcemente sulla pista meridionale del Cosmodromo di Rigel. Trasporta nelle sue
capienti stive una quantità notevole di manufatti archeologici, di reperti
fossili e di antiche attrezzature scientifiche. L’Associazione degli Scienziati
di Orione li ha voluti raccogliere in un unico sito cosmico per poter studiare
le antiche civiltà planetarie e il misterioso fenomeno delle Estinzioni di
Massa, che nella notte dei tempi caratterizzò diverse specie viventi.
Ora lo sparuto gruppo di avieri che costituisce l’equipaggio dell’Aurora
si dà un gran da fare per scaricarne tutto il carico. Mediante il computer di
bordo, il comandante Martina dirige questa complessa e delicata fase della
trasvolata. Precedentemente, ogni reperto, ogni manufatto, ogni macchina erano
stati catalogati, fotografati e poi stivati. Ora deve essere compiuto il lavoro
inverso per poter dislocare ogni cosa nella sede ad essa destinata.
Sui lunghi nastri trasportatori del cosmodromo si
intravvedono, in direzione della pista, gli oggetti tanto agognati dalla
comunità scientifica di Orione. Sono stati imballati con cura e, se possibile, sono
sbarcati con un’attenzione ancora maggiore. Tutto procede con precisione e con
grande speditezza.
Ad un tratto Martina è attratta da una pergamena che svolazza
dalla plancia e reca il motto: «Ars longa, vita brevis» e la firma autografa
del capitano Luskhas Harowicki.
«Vediamo
cosa vuole significare il canuto Luskhas!» dice tra sé e sé.
Nel frattempo si fa sostituire al comando dal suo secondo
ufficiale e decide di dare uno sguardo approfondito alla misteriosa pergamena.
Al suo centro vede, con suo grande stupore, soltanto uno spartito!
Lo scansiona e lo invia al riproduttore musicale, sperando di
capire qualcosa. Ma la melodia e l’armonia del brano non la soddisfano.
«Cosa avrà
voluto farmi conoscere quel mattacchione!»
Ritorna al comando del Cargo fino al completamento delle
operazioni di sbarco, ma di tanto in tanto il suo pensiero corre alla
pergamena.
«Come musica è decisamente breve e un po’ particolare, allora
cos’altro può essere? Un centinaio di note! Forse un messaggio segreto?
Procediamo con metodo…»
Mentre Martina si arrovella nel cercare una spiegazione alla
pergamena, due studiosi le si avvicinano per salutarla. Sono grandi esperti di
una lingua antica, ora del tutto abbandonata, anche dai suoi discendenti: il
latino!
Dopo i convenevoli, anch’essi sono al corrente del misterioso
spartito.
«Le note utilizzate sono sette, potrebbero essere le cifre di
base per un sistema di numerazione settenario».
«Si potrebbe ipotizzare che il DO corrisponda allo 0,
il RE all’1, il MI al 2 e così fino al SI che corrisponderebbe al 6.
Esprimendo le cifre settenarie a gruppi di due avremmo: 00, 01, 02, 03, 04, 05,
06, 10, 11…, 34, che corrispondono alla successione 00 – 25 del sistema
decimale. Con queste cifre si potrebbe indicare la posizione delle lettere
dell’alfabeto chiaro: 00 = a, …, 34 = z.. Due note contigue formerebbero
la cifra settenaria corrispondente ad una lettera dell’alfabeto chiaro…»
Poi lo studioso più
anziano osserva che le prime otto note sono uguali a gruppi di due. In numeri, alla
luce di quanto ipotizzato, le si potrebbero trascrivere così: 23 00 23 00.
«Il che fa pensare che la coppia di zeri possa essere una
vocale e la coppia di 23 la ripetizione di una consonante».
Martina schiocca le dita ed esclama: «Se la coppia 00 è proprio una a, allora le prime otto
note potrebbero essere la cifra di rara!»
«Interessante!» Continua il più
giovane che conosce la crittografia e l’attacco ad un crittogramma col metodo
della parola probabile.
Ma l’anziano Eriberto li fa
trasecolare entrambi.
E cita a memoria Tacito, l’antico
scrittore, lo storico, il romano, che descrisse così i suoi tempi: «Rara
temporum felicitas, ubi sentire quae velis et quae sentias dicere licet».
Poi, visto lo sguardo smarrito di
Martina, prosegue: «La tua individuazione della prima parola mi ha messo sulla
giusta strada. Sono certo che quanto ho appena detto non sarà confutato da un
esame più approfondito».
Mentre Martina ed il giovane
verificano queste ipotesi, Eriberto con fare ispirato traduce: «Rara felicità dei tempi, in cui è lecito
pensare quel che si vuole e dire ciò che si pensa».
«Diavolo d’un Luskhas, dove sarai
andata a pescarla una perla come questa!» gioisce Martina, al termine
dell’esame della pergamena.
Tutti e tre si dirigono alla volta del
Centro Scientifico, pregustando magnifiche «scoperte».
Silvio Coccaro
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