Pulizie di primavera
Quando credi d’essere giunta
nella più alta sfera dell’empireo
t’accorgi di aver viaggiato capovolta
sprofondata nella melma dello Stige.
L’Ade si presenta d’improvviso
nelle sembianze del pavimento
ti domandi se è sufficientemente lustro
o se ripassarlo fosse ancor più giusto
Il pensiero viaggia rapido e leggero
a fasi alterne, e non sempre è fiero
così il cuore, che batte privo di comando
chiede: “Ma tu, stai veramente amando?”
o stai viaggiando verso mete oscure
aggirando l’altra faccia della luna
che nascosta quanto lei non v’è nessuna?
Pensi che la scrittura in prosa o in versi
possa esser la sola espressione essenziale
perché tutto il resto fa male, molto male
e ti getti nel comporre a capofitto
poco importa se viaggi storto o diritto
ciò che conta è buttar fuori il rospo
quello che ingoi a colazione o a cena
perché davvero non sei in vena
di costruire la chiave di volta
su quel soffitto dell’universo
nel quale ti pare d’esser perso.
Così ti comporti come un pellegrino
che, con leggero passo viaggia in tondo
cercando di non calpestare il mondo
ch’è già pesto di suo, ché nulla puoi mutare
in questa Storia umana di cicli e ricicli.
Poco resta ormai da riciclare,
ché
quasi tutto è stato detto e ribadito
dagli antichi saggi e dai Profeti
o da qualche filosofo erudito.
Ma il
mondo non ha orecchi, è sordo
e non ha mai voluto ascoltare, o udito.
Allora mediti e scrivi lasciando fuggire
pensieri sulla carta, come svolazzi
di una falena impazzita, senza posa
intorno ad una lampada fumosa.
Alla fin ti chiedi: E’ questa la vita?
passando pian piano le dita
sulla polvere della scrivania, pensi:
dovrei toglierla, ma poi ritorna
a che serve pulire, se poi ogni cosa
diventa ancora e sempre disadorna?
Dall’ordinaria consuetudine vorresti
poter fuggire verso altri lidi
laddove l’insolito ti possa attirare
mostrandoti quella faccia della luna
che mai avresti immaginato d’ammirare
Invece con la borsa fai la spesa
e portarla a braccia assai ti pesa
In cucina passi la ramazza
mentre la mente insegue un’idea pazza.
Se non puoi fuggir da una vita grama
immagina tutto quel che il cuore brama
se credi che il sogno possa esser vero
nulla più ti apparirà poi tanto nero
Scrivere è sinonimo di sogno
ti offre tutto ciò di cui hai bisogno:
Uscire di casa senza aprir la porta
Basta solo crederlo, il resto poco importa
Ma non abbandonare il gusto alla scrittura
Mentre porti le patate a bollitura!
Infila un paio d’ali e prendi il largo
Le poesie nei bauli poni e sali su quel cargo
Diretto verso paesi alquanto esotici
evitando però con cura i tropici
ché la gran calura tende a stemperarti
sciogliendo quel poco che di te resta
ivi compreso quel che crei con la tua testa.
Consolati pensando che Quasimodo
non ebbe tema di sostener che:
“Ognuno sta solo sul cuor della terra
Trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera”.
E le pulizie di primavera?
Le faremo un’altra volta e in altro modo.
Danila Oppio
Questo mio "Lamento di una casalinga" l'avevo spedito ad un concorso indetto da Aletti Editore, per il 1° Premio Internazionale Salvatore Quasimodo (riservato
ai testi inediti ed editi di poesia e narrativa, saggistica, teatro, musica) scadenza 31
luglio 2015 non ha ottenuto alcun riconoscimento. Forse per la lunghezza, o forse perché alla Giuria non è piaciuto e mi è dispiaciuto molto perché questa composizione è un suggerimento per quelle donne che vorrebbero dedicarsi alla scrittura, sia poetica che in prosa, e che pensano di non averne il tempo, prese dalle faccende domestiche. Per quanto mi riguarda, riesco a barcamenarmi su entrambi i fronti, e la poesia di Quasimodo vi entra di prepotenza, come a monito: attenzione, che quando men te ne accorgi, la tua esistenza, paragonata ad un giorno, vola in un attimo, e ti trovi alla sera della tua vita, con il rimpianto di non aver fatto quel che avresti voluto. E come diceva Eminescu: la vita è un bene perduto, se non l'hai vissuta come avresti voluto. Ora, se me lo consentite, nel 50° Anniversario della dipartita del poeta Salvatore Quasimodo, voglio dedicare a suo figlio Alessandro questi miei poveri versi, e spero che Rita glieli faccia avere. Un omaggio a suo padre, Premio Nobel per la Letteratura 1959.
Con profonda stima
Danila Oppio
Danila Oppio
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