In
questi giorni ho ricevuto e letto la raccolta di poesie e racconti LE PAGINE
DEL NATALE edita da LargoLibro di Agropoli.
Mi
hanno incantato le stupende illustrazioni a colori riprese dai quadri del pittore
svedese Julius Kronberg che
rappresentano teneri angioletti. Sono rimasta piacevolmente colpita dalla
coincidenza (fortuita a voluta?) tra la mia traduzione in italiano
della poesia del filosofo e scrittore Abraham Viktor Rydberg, e la scelta delle immagini del pittore, entrambi artisti svedesi.
Che
dire? Il Natale nordico mi ha sempre affascinato, anche se il “nostro” Natale è
ben diverso, in considerazione della nascita di Gesù - ed è questa che festeggiamo!
– avvenuta in un Paese sicuramente più caldo della Scandinavia, laddove impera
il freddo glaciale, la neve e le foreste di abeti, in Palestina invece ci sono
palme e tepore. Lassù in Finlandia c’è la casa di Babbo Natale, a Rovaniemi,
oltre il Circolo Polare Artico, con la sua slitta e le renne e i folletti che
lo aiutano nel faticoso lavoro di preparazione dei doni per i piccolini.
Babbo
Natale, Santa Klaus. Un po’ di storia non fa male. In realtà il folletto che
era considerato il protettore delle fattorie e delle case, Tomte, aveva il valore di Babbo Natale, con la
differenza che poi quest’ultimo personaggio fu confuso con San Nicola (Santa
Klaus è l’abbreviativo di San Nikolaus).
Sappiamo, dalla sua agiografia, che San Nicola
ha fatto doni ad alcuni bambini, e che da vescovo indossava un abito clericale
rosso, è per questo che Santa, come
viene abbreviato, veste di rosso e porta i doni. Insomma, questo Babbo Natale
inventato dalla Coca Cola in America, ha messo in ombra San Nicola e il povero
Tomte, il vero folletto natalizio.
Ecco il motivo per cui mi sono attivata a
tradurre lo svedese nella nostra lingua, per far conoscere questo personaggio
mitologico sconosciuto ai molti.
Ora vorrei trattare delle poesie vere e di
quelle definite tali, contenute nell’antologia.
Perché sostengo che siano ritenute tali? Penso
che la Musa Erato si sia adombrata, in quanto la vera Poesia deve rientrare in
determinati e precisi schemi. Altrimenti sarebbe meglio considerare certe composizioni dei “bei pensieri”.
La Poesia non deve per forza presentare rime,
ma talvolta servono per rendere musicali i versi. Se è priva di rime, che
almeno abbia una certa musicalità nelle parole che formano i versi. Se i versi
non hanno nessuna metrica, poco importa, anche se sarebbe bene utilizzarla per
dare quella cadenza che è propria delle vere poesie. Se tutto questo manca,
sarebbe meglio non definire poesia ciò
che non la rappresenta. Ci sono poi poesie che hanno il suono dell’infanzia,
sono di una commovente semplicità, ma fanno bene al
cuore. Un plauso speciale va alle poesie dialettali.
Questa che espongo non è una critica negativa
nei confronti di certi scritti pubblicati nelle Pagine del Natale, che sono tutti
pervasi da sentimenti natalizi, gioiosi e anche no, ma comunque in tema.
Semplicemente non li avrei inseriti nel gruppo poetico, piuttosto ne avrei
creato un capitolo a parte, titolato “Pensieri sul Natale”.
Ho lasciato per ultimi i racconti, che tutti,
indistintamente, appaiono molto creativi e toccanti. Di certo la parte che più mi
ha colpito. Oh, permettetemi di avere
i miei gusti!
Non cito titoli, così come non l’ho fatto per
la parte poetica, per par condicio, ma se ho avuto qualche dubbio sul versante
poetico, non ne ho alcuno per quello in prosa. Splendida conclusione di
un’antologia natalizia creata con molta attenzione e buon gusto dallo staff de
LargoLibro.
DanilaOppio
E, dopo quel che ho letto, mi permetterò di chiamarti, ogni tanto, 'Dani la Scolastica'.
RispondiEliminaAngie
Non ne capisco il motivo! O forse sono stata così di continuo martellata da Roberto, sul come si deve poetare, che alla fine mi ha condizionato. In ogni caso, in questa antologia ho letto splendidi racconti e belle poesie, ma anche qualcosa di trito e ritrito, che non era né poesia né prosa, un pot.pourri! Ma proprio perché è Natale, anche quei gioiosi pensieri li ho considerati buoni! Ciao Dani
RispondiEliminaUna cosa so: o si fa il critico o si fa l'autore. Molti volevano essere autori e sono diventati solo critici. Alcuni son nati critici e lo son rimasti. Altri son diventati autori per plebiscito
RispondiEliminapopolare e altri ancora per plebiscito commerciale.
Ma certamente: un autore fa il critico solo sotto tortura.
Manca sicuramente qualcosa. Ai posteri il seguito...
Angie