POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

venerdì, gennaio 3

TEATRO E VISIONE di Coucou, Sèlavy!



TEATRO E VISIONE

L’etimologia di “teatro” è legata al “guardare”; uno sguardo sui pozzi astrali o tellurici da cui proveniamo. La VISIONE si connette irrimediabilmente al superamento dei trucchetti dei sensi definiti (cosa troviamo “al di là”, senza passare per il manicheismo che conduce alla metafisica?). Teatro è Edipo dopo essersi accecato, non semplicemente per espiazione, ma per guardare oltre, per mettere da parte una volta per tutte gli inganni dei lumi; teatro è Omero, il cantore cieco… questa condizione è quella del “diverso”, teatro di qualcosa che diviene necessario per altri uomini. Ma a piccole dosi, perché solo chi non ha rinunciato alla fede nei sensi può e desidera guardarlo, ascoltarlo, contemplarlo, o meglio contemplare attraverso di lui. Chi va con lo zoppo impara a zoppicare, eppure zoppo non è e non sarà mai. Si vive però il possibile, l’apertura, lo squarcio. Ecco la catarsi, senza tirare in ballo i soliti sacrifici e il sangue stantìo.

Immaginiamo allora l’attore come teatro di qualcosa, visione verso e attraverso. Non frequenta il luogo comune mondano, cioè non imita o mima un’idea di credibile quotidiano: ha ancora il retaggio del titano, eroe o antieroe (io direi che viene dopo l’eroismo, è postumo, ne ha un ricordo, per chissà quali vie). Non usa l’arguzietta critica per elevarsi, salvarsi o raccogliere consenso, ma assume su di sé l’urto spaventoso dell’incontro con i fantasmi, con i morti, con tutta l’archeologia umana e inumana; non sa vivere, non ha trovato bevande pure per la sua sete eterna, non ha appigli. La sua maschera è l’impossibilità di fingere, una maschera che trapana le sue ossa crepitanti restituendole anzitempo al cosmo, facendole ruotare attorno a qualche pianeta lontano. Corpo espulso dalla materia stessa, primordiale e biologica, lasciato a vagare, ad assumere altre vite, che pure delineano QUELLA vita. Gli è impossibile credere alla soluzione, alla risposta; sa che deve compiere qualcosa, che qualcosa si compie attraverso di lui. Condannato a testimoniare la VISIONE –che non gli appartiene! Ma che lo riconosce, almeno di tanto in tanto, quello che basta per smantellare ogni volta le sue costruzioni, le sue illusioni- è uno sciamano per gli altri, mai per se stesso.
“Per allontanarsi sempre più dalla materia attraverso il peso della materia, per spegnere il desiderio di esistere: questo peccato che ci condanna a ritornare in vita”.
Per esorcizzare la farsa, ovvero la storia che si ripete, portare alla luce gli automatismi, il nulla dei ruoli e dei confini, dei volti, delle voci, dello spazio, dei sensi: tramite lo svuotamento si può ricomporre un infinito di possibili, può cominciare un’altra storia. Ancora!

Coucou, Sèlavy!


Nessun commento:

Posta un commento