POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

domenica, febbraio 21

MAYA DEVI di RENATA RUSCA ZARGAR


 

Maya Devi

di Renata Rusca Zargar

Maya Devi, abita in un’elegante villetta a Bombay. Ogni mattina si alza, saluta il marito che si reca al lavoro e, dopo essersi accuratamente preparata con uno dei variopinti sari di seta che riempiono il suo armadio, scende in cucina per impartire al cuoco gli ordini della giornata.

Oggi, però, Maya Devi non è del solito umore: da qualche giorno ha il sospetto di essere incinta e attende con ansia l’ora dell’appuntamento con il suo medico, il dottor Lochan, uno dei migliori specialisti della città.

- Bene, signora - sorride allora soddisfatto l’uomo - ci siamo di nuovo: dopo la piccola Radha, avrà un altro bambino!

Il professionista pregusta già la lunga serie di onorari che incasserà da questa paziente appartenente alla classe medio alta anche se, comunque, per lui, la nascita di una nuova creatura è sempre una benedizione degli Dei, così come sua madre gli ha insegnato a credere fin da ragazzo.

- Dottore, e se sarà un’altra femmina? - chiede sommessamente Maya Devi.

Ella, infatti, non può scordare che sua suocera ogni giorno si prostra davanti all’effigie del Dio Shiva a pregare per l’avvento di un nipote maschio. Come non le sfugge lo sguardo interrogativo e quasi accusatorio di sua madre che la osserva in silenzio. - Quando sarai capace di dare a tuo marito un erede? - sembra domandare continuamente.

- Oggi siamo in grado di conoscere il sesso del nascituro in tempi precoci attraverso l’amniocentesi. Se crede, potremmo provare…- Il dottor Lochan sa bene che le femmine non sono gradite nell’alta come nella bassa società e conosce quale sia l’aggravio di spese e problemi sulle loro famiglie per poterle, a suo tempo, maritare.

- Sarà doloroso?- domanda timidamente Maya Devi.

- Assolutamente no, praticheremo questo semplice esame alla sedicesima settimana di gravidanza. E poi, se le cose non andassero come dovrebbero, si potrà ancora abortire. - Il medico tace: sa di aver detto abbastanza.

Il marito di Maya Devi, Raj Badhur, è proprietario di alcuni negozi di abbigliamento e aspetta con trepidazione il figlio maschio, l’erede del suo patrimonio. Egli sarà collaboratore dell’attività familiare, un giorno, o forse primo ministro dello Stato, eminente scienziato o professore universitario; ma, quale che possa essere la sua professione futura, inevitabilmente uomo!

La sorella più anziana di Maya Devi, coniugata a un insegnante di scuola dal misero stipendio mensile, ha messo al mondo già tre figli, tutti maschi. E quando rivolge agli altri la parola, non sa nascondere l’orgoglio di essere stata capace di compiere una simile impresa!

Succede pure che, quando Maya Devi e Raj incontrano degli amici o dei lontani parenti, la prima e più comune domanda che si sentano rivolgere è se abbiano dei figli e quanti. L’entusiasmo dei curiosi si smorza subito alla risposta che ne hanno una sola e per giunta femmina! Poi, per educazione, tutti aggiungono che presto gli Dei ne manderanno loro tanti altri e maschi, tentando di consolarsi e consolare della delusione.

Così, con questi pensieri, i giorni trascorrono lentamente e tristemente.

Il rapporto che lega una madre al proprio figlio si fa, però, sempre più intenso.

- Bimbo mio - Maya gli parla al di là della tenue barriera del proprio corpo - ti prego, aiutami, sii un bel maschietto. Non voglio perderti, so che sei dentro di me, che ti affidi a me e potremo essere felici insieme. Come un battito d’ali di farfalla, l’esiguo esserino fa sentire la sua presenza. Anch’egli ama già chi lo nutre nel suo grembo.

Il giorno dell’esame, nella lussuosa clinica privata, il dottor Lochan è pronto con l’impeccabile personale. Attraverso l’ecografia si può già scorgere sullo schermo la piccola creatura che si muove tranquillamente, il battito ritmico del minuscolo cuore, il suo corpicino ben delineato nel caldo riparo del ventre della madre. Abilmente e rapidamente, le mani del medico prelevano, con una lunga siringa, una modesta quantità di liquido dal sacco amniotico e l’operazione è terminata.

Ora non resta che attendere alcuni giorni il risultato della prova, pregando devotamente Shiva, il Dio rappresentato spesso in forma di fallo maschile.

Qualche volta, quando giunge in visita la zia, sorella di suo padre, Maya Devi vorrebbe confidarsi come faceva da piccola, se cadeva giocando e si sbucciava le ginocchia. La zia, infatti, non aveva avuto figli e perciò era stata abbandonata dal marito. Quindi, viveva solo grazie alla carità del fratello che l’aveva accolta in casa.

Un tempo, quando Maya Devi piangeva, la prendeva tra le braccia e la cullava teneramente, così che le sue lacrime si confondevano con quelle di lei. Ma, ormai, cosa avrebbe potuto fare la zia se non rivivere situazioni terribili e dolorose senza poter cambiare nulla? Infine, la telefonata del medico arriva: - Signora Badhur, abbiamo l’esito del test, purtroppo si tratta di un’altra femmina, anche se è perfettamente sana. Che cosa pensa di fare?

- Non so… - la voce di Maya è quasi un sussurro - Ne parlerò con mio marito. - e riattacca la cornetta. Si siede sul letto, le manca l’aria e il suo stomaco sembra torcersi mentre pensa alla piccina che ha visto e che nuota, forse ignara di tutto, all’interno del suo corpo. Come si può essere capaci di fermare il pulsare già determinato di quel cuoricino?

Deve fare di tutto per salvare quella vita che è profondamente e indissolubilmente legata alla sua! Alla sera, quando Raj tornerà dal lavoro, gli parlerà e, se sarà di buon umore, lo convincerà a tenere anche questa figlia che ella ormai ama. Subito dopo, poi, - pensa ancora Maya rassicurando sé stessa, - potranno avere un altro figlio, maschio, e allora saranno felici.

Qualche anno prima, suo padre era riuscito ad accaparrare per lei questo marito: un uomo ricco che le avrebbe permesso di condurre una vita agiata. Aveva mobilitato tutte le conoscenze importanti per raggiungere lo scopo. D’altra parte, ella offriva una dote consistente, una discreta bellezza, un’abbondante dose di sottomissione e di obbedienza, qualità necessarie per una donna della sua condizione sociale.

Nei primi anni di matrimonio, Maya Devi aveva sognato l’amore reciproco e, forse, qualcosa di simile c’era stato. Ma poi, col tempo, la vita di tutti i giorni e la nascita della prima figlia le avevano rubato la sua illusione.

Quando Raj la prendeva tra le braccia, ella sapeva di volere molto di più.

Ora, però, - medita ancora Maya - tenterò di cambiare questa situazione: sarò più gentile con Raj, lo accarezzerò a lungo, lo persuaderò. E tu, bimba mia, che nessuno vuole, stammi vicina, proteggimi e io ti proteggerò.

“Io ti vedo, / - Maya scrive su di un semplice foglio di carta - piccola figlia mia, /giocare ignara nel mio ventre./ Non ti aspetti dolore da nessuno, / indifesa e muta creatura, /e ti amo, /anche se non sei ancora nata, / e ti aspetto, / per amarti di più/ e consolarti tra le mie braccia./ Qui nessuno ti vuole, /e tanti teneri bimbi, / non desiderati come te, /sono morti, senza nome, /nel silenzio. /Vorrei poter cullare /tutti quanti, /tra le mie braccia /lunghe come il mondo, /perché possano dormire, /senza paura, /almeno una volta.”

Quindi, nel silenzio della sera, in camera da letto, dopo che la governante ha accompagnato nella sua stanzetta la loro bambina per non disturbarli, Maya Devi comincia a parlare, spiegando tutto al marito. Le parole corrono velocemente e piene di calore fuori dalle sue labbra, dove balenano denti bianchi e perfetti. Le sue guance sono rosse e i suoi occhi brillano come stelle, fino al momento in cui Badhur, con decisione, non prende a rispondere: - Non voglio un’altra femmina, non ne abbiamo bisogno.

Le lacrime rigano il viso di lei scendendo a rovinarle il trucco, mentre il colore sparisce dal suo volto.

- Non si potrebbe tenerla? Non te ne farò pentire… Sarò una buona moglie e avremo altri figli subito dopo questo.

- Appunto. Avremo altri figli maschi e non possiamo perdere tempo inutilmente. So che il dottor Lochan non ti farà soffrire. Andrà tutto bene, vedrai. Domani stesso ti accompagnerò in clinica dove resterai qualche giorno per rimetterti. Quando tornerai a casa, riprenderai la tua vita. Adesso ti consiglio di dormire e anch’io sono molto stanco. Buona notte.

Senza aggiungere altro, Raj Badhur si corica e spegne la luce.

Dopo pochi attimi, Maya Devi sente il suo respiro diventare regolare e tranquillo.

Nel suo pianto silenzioso, sa che nessuno, neppure i suoi genitori, spenderebbe una parola per lei. Così, accarezzando lentamente con il palmo delle mani il raffinato copriletto di seta ricamata di Benares, ricorda che sua madre, spesso, quando lei era bambina, usava raccontare questa storia:

- Padmani era una ragazza del villaggio di Surajgarah. La sua ammaliante bellezza aveva fatto sì che a diciotto anni, nonostante la sua povertà, sposasse Raj Kapoor, un ricco proprietario terriero assai più anziano di lei. Padmani e Raj avevano avuto due figli, un maschio e una femmina, ma, purtroppo, Raj era morto dopo pochi anni di matrimonio e Padmani, sottomessa a un’antica tradizione, aveva seguito il suo atroce destino.”

Le immagini di un villaggio sperduto, del sacrificio sul rogo di una donna, come accadeva spesso, un tempo, in India, le fluivano davanti agli occhi. Se avesse obbedito al marito, tornando nella lussuosa clinica privata tra quel personale dai camici verdi così perfettamente puliti e stirati, il suo destino, il karma, si sarebbe compiuto. Nulla di diverso da secoli: avrebbe continuato a condurre un’esistenza ordinata e precisa tra persone della buona società e tutto quanto avesse desiderato, mobili, quadri, tappeti, gioielli, vestiti, sarebbe stato suo.

Ma la sua vita e il suo cuore sarebbero morti per sempre.

No, domani non sarebbe andata alla clinica, non avrebbe seguito un destino di donna tracciato dall’uomo.

Domani avrebbe cominciato una vita nuova insieme a sua figlia e non importa quanto difficile avrebbe potuto essere: sarebbe stata vita. 

Renata Rusca Zargar


Nessun commento:

Posta un commento