POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

giovedì, febbraio 10

SAN VALENTINO TRA STORIA E LEGGENDA di DANILA OPPIO



La Passione di sai Valentino martire, ora pubblicata in edizione critica da Edoardo D’Angelo nel volume “San Valentino e il suo culto …” edito a Spoleto nel 2012, era già stata studiata da padre Agostino Amore (Bibliotheca sanctorum, XII, Roma, 1969, col. 899) e da numerosi altri studiosi, soprattutto nel tentativo di risolvere il problema di identificazione tra i due santi omonimi venerati nello stesso giorno, il prete romano e il vescovo di Terni; le conclusioni cui oggi sono giunti gli storici parlano di un unico martire, il vescovo di Terni, mentre il prete romano sembra non essere mai esistito e la sua figura sembra essere frutto soltanto di un equivoco.

La vita
La Passione del santo di Terni ci parla di tre nobili ateniesi, Proculo, Efebo e Apollonio giunti a Roma per studiare presso il retore Cratone, maestro di lingua greca e latina; questi aveva un figlio, di nome Cheremone, affetto da una deformità fisica che lo costringeva a stare rannicchiato su se stesso, e nessun medico era riuscito a guarirlo. Un tale Fonteio, inserito qui nel racconto, dichiara a Cratone che anche un suo fratello era stato a lungo affetto dalla medesima patologia ed era stato guarito da Valentino, vescovo di Terni. Cratone, manda allora a chiamare il vescovo, gli promette addirittura la metà di tutti i suoi beni se gli avesse guarito il figlio, ma Valentino, in un lunghissimo colloquio notturno gli spiega che non saranno certo le sue ricchezze a guarire il ragazzo, quanto piuttosto la fede nell’unico Dio che appunto lo stesso vescovo adora. Cratone, ormai convinto, promette che si farà battezzare non appena suo figlio avrà riacquistato la salute. Valentino allora si ritira in una stanza dove fa distendere il ragazzo sul proprio cilicio; si immerge poi nella preghiera per tutta la notte finché una luce abbagliante avvolge il luogo e Cheremone balza in piedi completamente risanato. Di fronte al miracolo, Cratone e tutta la famiglia si fanno battezzare dal vescovo, così pure fanno i tre studenti greci, Proculo, Efebo e Apollonio, ma abbraccia il cristianesimo anche Abbondio altro studente e figlio del Praefetto di Roma, Furioso Placido, documentato in questa carica negli anni 346-347: è questa la data storica da attribuire al martirio di Valentino e non quelle che finora avevano parlato del II secolo, e di S. Feliciano di Foligno. Quanto poi a Furioso Placido egli era uno dei rappresentanti di quella classe senatoria che, almeno nella sua maggioranza, pur dopo l’Editto costantiniano del 313, continuava a seguire gli antichi culti della città; proprio su mandato del Senato, Furioso, un nome che finora era stato tradotto con «adirato», un attributo riferito a Placido, arresta Valentino e lo fa decapitare al secondo miglio della via Flaminia, ma lo fa quasi di nascosto, durante la notte, per evitare la reazione della ormai numerosa componente cristiana della città. Dopo una prima sommaria sepoltura sul luogo del martirio, Proculo, Efebo ed Apollonio portano il corpo del martire a Terni e qui lo seppelliscono poco fuori della città. Ma a Terni il consolare Lucenzio (altrove chiamato Leonzio), informato del fatto, fa catturare i tre e, ancora durante la notte, per paura che la popolazione li liberasse, li fa decapitare e si sottrae all’eventuale rabbia popolare fuggendo dalla città insieme ai funzionari del suo ufficio; la popolazione intanto, sollecitata proprio da Abbondio, seppellisce anche i nuovi martiri presso la tomba di Valentino.

Il culto
I tre sono i primi cristiani sepolti presso la tomba del vescovo a Terni, seguiti poi da molti altri fino al secolo IX, periodo in cui vengono datate le tombe più recenti scoperte nella necropoli; ma molti altri cristiani, come una ternana di nome Veneriosa (359), per diversi secoli, scelgono di essere sepolti presso la tomba primitiva sulla via Flaminia. Qui a pochi anni dal martirio, papa Giulio I (337-352) aveva fatto costruire una basilica, abbellita in seguito da papa Teodoro (642-649), e venerata per molti secoli.
Anche a Terni era sorta una «memoria» sul luogo della tomba definitiva del martire, circondata dalle sepolture di numerosi altri cristiani. Abbiamo invece poche notizie storiche su questa seconda chiesa: la più conosciuta si riferisce al 742 quando proprio qui avvenne un incontro tra papa Zaccaria ed il re longobardo Liutprando. Ma quale patrono della città venne a lungo venerato sant’Anastasio. Solo dopo il 1605, data in cui vennero ritrovate le reliquie del vescovo martire, assistiamo ad un vero rilancio del culto di san Valentino, nominato ben presto unico patrono della città, ed in suo onore venne edificata la nuova chiesa, affidata alla cura dei padri Carmelitani scalzi, che la officiano ancora oggi.

Patrono degli Innamorati
Il patronato poi di san Valentino sui fidanzati si fonda su un antico scritto dell’inglese Geoffrey Chaucer, il quale racconta soltanto come nel giorno di san Valentino gli uccellini iniziassero le loro danze d’amore: ma nulla di più! Anzi, forse lo scrittore ha addirittura fatto confusione tra la festa del martire ternano e quella dell’omonimo santo vescovo di Genova. Poi, pochi decenni fa, è intervenuta la commercializzazione consumistica della ricorrenza e la Chiesa, come già nei primi secoli aveva inglobato alcune festività paganeggianti, ha cercato di «santificare» anche queste manifestazioni moderne, promuovendo tra i fidanzati una maggiore consapevolezza verso il Sacramento del matrimonio.
Restano le leggende, alcune anche banali, ma dobbiamo sapere che sono tali e soltanto tali.
(Dal sito Santi, Beati e Testimoni)

Passiamo alle tradizioni

San Valentino, festa degli innamorati. Le coppie di tutto il mondo si cambiano oggi baci, fiori, regali e dolci frasi d’amore. Ma quanti conoscono davvero la storia che c’è dietro la ricorrenza più romantica dell’anno? Storia che nasce proprio in Italia, precisamente a Terni, luogo originario del Santo e martire della Chiesa, ricordato nel calendario liturgico il 14 febbraio, data della sua morte e lunedì prossimo, 14 febbraio, è proprio il giorno giusto. Ecco perché ho voluto trascrivere la vita e il martirio del Santo che si festeggia tra pochi giorni. Da qui l’agiografia e la leggenda si confondono, e nasce una spiegazione al San Valentino patrono degli Innamorati. Secondo alcune fonti, il vero motivo per cui fu giustiziato era l’aver celebrato un matrimonio tra Serapia, cristiana, e Sabino, centurione romano di fede pagana. La cerimonia, si dice, avvenne in fretta, perché la giovane era malata. Il fidanzato chiese a San Valentino di benedire le nozze e proprio in quel momento i due morirono insieme: lasciarono il mondo terreno, ma il loro amore fu suggellato nell’eternità.

Per quanto mi riguarda, è piuttosto triste come storia o leggenda, pare di risentire quella di Romeo e Giulietta. Amore romantico ma fatale!

STORIA – L’origine della storia di San Valentino, intesa come moderna celebrazione dell’amore romantico e festeggiata in tutto il mondo, è però controversa. E’ probabile derivi dai riti pagani dei Lupercalia, dedicati al dio della fertilità Luperco, che nell’antica Roma si celebravano a febbraio. In particolare il 15 di questo mese ci si lasciava andare a festeggiamenti sfrenati, apertamente in contrasto con l’idea dell’amore e la morale cristiana. Addirittura le matrone romane si offrivano, spontaneamente e per strada, a ricevere le frustate di un gruppo di giovani spogli, devoti al selvatico Fauno Luperco. Non si tiravano indietro persino le donne incinte, convinte che il rituale fosse benefico per la nascita dei figli. Fu Papa Gelasio I, nel 496, a rifondare la festa sulla base della concezione cristiana di unione, spostandola al giorno precedente, il 14 febbraio: proprio la data in cui si celebra San Valentino.

Ma San Valentino si ricorda anche perché fu il giorno della

strage di san Valentino, un crimine irrisolto

Il 14 febbraio 1929 quattro gangster uccisero a sangue freddo sette membri di una banda rivale in un garage della città di Chicago. Questo crimine, noto come la strage di san Valentino, è uno degli episodi più cruenti della storia della malavita statunitense.

Chicago, 14 febbraio 1929. Il proibizionismo aveva trasformato la città in un vero paradiso del crimine, dove il traffico di armi e il contrabbando di bevande alcoliche erano due delle attività più redditizie della mafia che controllava la città. I frequenti regolamenti di conti tra bande rivali avevano reso le strade di Chicago tra le più pericolose del Paese. Quel giorno la metropoli conosciuta come "città del vento", si svegliò sotto un cielo nuvoloso e un freddo intenso. Una Cadillac nera si fermò davanti al garage della SMC Cartage Company al 2122 di North Clark Street. Ne scesero quattro uomini, mentre un quinto rimase al volante, in attesa. Pochi attimi dopo si udì lo scoppio fragoroso delle mitragliatrici, i cui proiettili uccisero sette delinquenti a sangue freddo in una regolamento di conti che sarebbe passata alla storia come la strage di san Valentino.

L'ipotesi della vendetta

Quale fu la ragione della strage? In quegli anni Chicago era controllata da due bande: il nord era il territorio di George "Bugs" Moran, e il sud era il dominio di Al CaponeLe ipotesi che portarono al massacro del 1929 sono ancora oggetto di studio. Una fa risalire il massacro a un tentativo fallito di assassinare uno dei membri più importanti della banda di Al Capone: Jack "Machine Gun" McGurn. Secondo questa ricostruzione, dopo aver subito l'attentato fallito un infuriato Mc Gurn disse ad Al Capone che aveva un piano per distruggere il loro nemico. Per metterlo in atto senza coinvolgere direttamente il proprio capo, Mc Gurn assunse alcuni malviventi che vivevano fuori città e raggiunse un accordo per comprare alcolici a Moran, ignaro del fatto che dietro l'accordo appena stipulato ci fosse uno dei luogotenenti dell'odiato Al Capone. Il fatidico giorno, quattro uomini armati, due dei quali travestiti da poliziotti, fecero irruzione nel magazzino dove si trovavano sette membri della banda di Moran. Non sospettando che i poliziotti fossero uomini armati di McGurn, i sette uomini di Moran, tenuti sotto tiro e con le mani in alto, fecero come gli era stato ordinato: si disposero contro il muro e permisero ai falsi agenti di requisirgli le armi senza opporre resistenza. A quel punto furono investiti da una pioggia di proiettili sparati dalle armi dei gangster, che riempirono il deposito di fumo e sangue. Moran, fortunatissimo, proprio quel giorno era in ritardo. Quando giunse sul posto e vide quella che credeva che fosse la polizia, decise di nascondersi in un bar. Dopo la sparatoria, i quattro uomini armati si diedero alla fuga nell'auto che li aspettava.

Al Capone prende il comando

Una seconda ipotesi sulle cause della strage implica la partecipazione di John Torrio, soprannominato "la volpe", l'ex mentore di Al Capone e capo del Chicago Outfit, un'organizzazione criminale italo-statunitense, e Dean O'Banion, suo acerrimo nemico che a quel tempo comandava il settore nord. Secondo Torrio, O'Bannion aveva messo in atto ai suoi danni una truffa da mezzo milione di dollari nell'acquisto di un birrificio e aveva inoltre provocato il suo arresto. Ingannato e fuori di sé, Torrio ordinò l'assassinio di O'Banion, scatenando una guerra tra bande. Lo stesso Torrio fu vittima di un tentato omicidio da parte degli uomini del rivale e dopo l'incidente decise di fuggire e lasciare il suo posto ad Al Capone. Sarebbe stato quest'ultimo a ordinare la strage per vendicare l'attacco ai danni di Torrio. La notizia del massacro si diffuse a macchia d'olio in tutto il Paese. Le foto pubblicate sui giornali erano estremamente cruente e riflettevano una violenza mai vista prima anche per gli abitanti di Chicago, ormai avvezzi a ogni tipo di atto criminale nella loro città. Così come riporta il Chicago Magazine nel numero di maggio 2010, George EQ Johnson, il pubblico ministero incaricato di mettere Capone dietro le sbarre, definì il massacro «il crimine più raccapricciante nella raccapricciante storia criminale di Chicago». Poliziotti e giornalisti percorsero in lungo e in largo l'intera area settentrionale della città interrogando i vicini in cerca della famosa Cadillac nera. Ma l'automobile era scomparsa, come se la terra l'avesse inghiottita.

Il gangster Al Capone (1899-1947). Foto del 1930 circa

Foto: Keystone Archives / Heritage Image

  • Chi è stato?
  • Con il passare dei giorni iniziò a prendere piede la teoria che gli autori della strage fossero proprio i poliziotti. Ma alla fine l'attenzione si spostò su una banda di Detroit, la Purple Gang, che avrebbe potuto commettere gli omicidi come rappresaglia per il furto di un cambio carico di whisky, nonostante non ci fosse nessun indizio che indirizzasse le indagini in questa direzione. Come riporta sempre il Chicago Magazine, in seguito al ritrovamento della Cadillac nera consumata dalle fiamme David Stansbury, assistente procuratore di Chicago, dichiarò: «Posso enumerare 50 moventi per questo crimine, ma nessuno sembra abbastanza importante da essere considerato la probabile causa di questi omicidi». Quello che invece era chiaro a Stansbury era che Al Capone non fosse coinvolto nella strage.

La notte del 14 dicembre 1929 fu decisiva per lo svolgimento delle indagini. Un noto rapinatore di banche di nome Fred "Killer" Burke si schiantò con la sua auto vicino a una stazione di polizia nella città di St. Joseph, Michigan, a 100 miglia da Chicago. Nella sua folle fuga Burke uccise un agente e quando la polizia si precipitò a casa sua per arrestarlo – senza successo –, vi rinvenne un vero e proprio arsenale. L'analisi balistica rivelò che le armi rinvenute nell'abitazione erano le stesse usate nella strage di Chicago di pochi mesi prima.

Molti investigatori ritengono curioso il fatto che un uomo come Burke, strettamente legato alla banda di Capone e in possesso di un simile arsenale, non sia mai stato sospettato di aver commesso il delitto. Eppure Burke non fu mai accusato del massacro. Fu invece condannato all'ergastolo per l'omicidio del poliziotto di St. Joseph e morì in prigione a causa di un attacco di cuore. D'altra parte le autorità non furono in grado di provare che Al Capone, Moran o chiunque altro fosse responsabile della strage di san Valentino, ancora oggi un mistero irrisolto.

Da STORICA di National Geographic.

Da questo fatto, meglio dire misfatto, è stato girato il film:

Il massacro del giorno di San Valentino (The St. Valentine's Day Massacre) è un film statunitense del 1967, diretto da Roger Corman.

Per questi assassini, quello in cui hanno trucidato il Santo e i suoi amici, e in secondo luogo per quello avvenuto nel 1929, che non vedo la ragione di festeggiare il 14 febbraio. Per me è diventata solo una festa commerciale. Ma per chi si ama, l'amore deve essere cosa di tutti i giorni, non una sola volta l'anno! 

Danila Oppio

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