POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

venerdì, febbraio 7

Vi presento: TOMMASO MONDELLI


La cara amica Laura Vargiu, poetessa e scrittrice di grande talento, mi ha inviato un libro di cui lei ha curato l'editing e scritto la presentazione. Ho letto con vero interesse il libro di Tommaso Mondelli, uno scrittore e poeta che mi piace definire "L'ultimo Cavaliere" per la sua squisita affabilità. Nato il 6 aprile (data di compleanno anche di mia sorella) del 1919, uomo brillante e d'ingegno, del quale tengo  presentare a voi la sua produzione libraria.










Questo è il libro che ho ricevuto da Laura Vargiu. Nella foto di copertina appaiono, primo a destra seduto, l'autore e al centro l'allora Principe e futuro Re Umberto II di Savoia.












Dal libro “Settimane bianche e crociere a costo zero – Memorie di guerra e prigionia di un ragazzo partito soldato” di Tommaso Mondelli, L’Argolibro Editore 2013:



“Il 10 di giugno fu annunciato alla radio l'inizio della fine: la dichiarazione di guerra alla Francia e all'Inghilterra da parte del governo italiano. Per una ventina di giorni si verificarono scambi di fuoco coi francesi. I nostri spari in partenza erano molto più silenziosi, per il fatto di non sapere verso dove esattamente puntare. Dall'altra parte, un fischio e uno schianto, uno dietro l'altro, uno accanto all'altro a distanza di qualche secondo. Oltralpe erano nervosi e comprensibilmente adirati. Io, dall'alto di una collina, dove avevo un piccolo e personale punto di osservazione, potevo vedere sulla mia sinistra, nel fondovalle, l'opera dei barellieri intenti a scavare le fosse dove sistemavano, trascinandoli per i piedi, i militari uccisi. I morti erano stati raggiunti dai colpi di artiglieria provenienti dalla Francia, ovviamente. […]
La punta d'orgoglio italiano era costituita nella sua difesa estrema dal cosiddetto Forte Chaberton, dalla cui altezza si dominava la zona antistante e su cui erano state poste delle torrette e dei cannoni a lunga gittata. Fu messo fuori uso allo scoccare dei primi minuti. Là i primi morti e tra questi proprio un sergente di mia conoscenza ma di cui non ricordo il nome. Le armi usate non erano che a diversi chilometri di distanza dall'obiettivo. Si colpiva a caso, naturalmente, ma si colpiva. Loro rintanati nei fortini non potevano registrare perdite: non avevano ragioni per uscire e andare a fare conquiste territoriali.
I nostri, invece, dovevano occupare del terreno per vincere e quindi esporsi alla rappresaglia francese. Soltanto per morire, senza conquistare.
Io ero lì. Udivo il sibilo di partenza e lo schianto all'arrivo dei proiettili sulle nostre postazioni e con la stessa incoscienza di chi assiste a dei fuochi artificiali, senza vederne l'effetto colorato, assistevo allo spettacolo. Coloro che cadevano e venivano seppelliti non rappresentavano altro che la risposta a una necessità storica. Vedevo quei ragazzi andare senza un senso preciso in tutte le direzioni e ogni tanto qualcuno cadeva senza più rialzarsi. Il senso di paura era assente; mi venne poi il sospetto che fossero stati drogati in precedenza con il rancio, che lo fossimo tutti… Anch’io mangiavo lo stesso cibo. Potrebbe essere questa la condizione che crea gli eroi? No, è l'artificio della menzogna! Quando dovevo muovermi dal mio osservatorio, lo facevo con la spensierata naturalezza della perfetta incoscienza. Un plagio collettivo. Una modificazione degli istinti che può renderti docile o aggressivo, ardimentoso o vigliacco, eroe o codardo: l'uomo manipolato dalla chimica!”




Prefazione L’importanza della memoria di Laura Vargiu

 Se è inevitabile che nella grande Storia si perdano le piccole storie degli uomini, è però possibile che queste ultime spesso riescano a emergere in virtù di quell’innato desiderio umano di raccontare di sé, degli altri e per gli altri.
È così che si sono salvate dalle nebbie della dimenticanza anonime storie che altrimenti non avremmo mai conosciuto, per il semplice ma pur straordinario fatto che qualcuno abbia deciso di raccontare le proprie o le altrui vicende. La scrittura, in quanto scrigno di una oralità forte ma pur sempre fragile, resta uno strumento fondamentale per preservare e tramandare storie e memorie. Del resto, nemmeno di Ulisse avremmo avuto notizia, se i poemi omerici non fossero stati fissati per iscritto; così come quello della giovanissima Anna Frank sarebbe stato solo uno fra i tanti milioni di nomi finiti purtroppo nelle liste dello sterminio nazista, se lei stessa non avesse scritto il suo celebre diario. E che dire di Emilio Lussu o di Primo Levi, solo per citare altri due personaggi che ci hanno trasmesso testimonianze fondamentali che leggiamo ancora oggi?
Anche quella di Tommaso Mondelli è una piccola storia, una delle innumerevoli di cui brulica la Storia italiana del Novecento. Una storia semplice, di ordinaria quotidianità e, a tratti, di altrettanta drammaticità nel bel mezzo di quell’immane delirio che fu il secondo conflitto mondiale.
Quando all’inizio delle nostre lunghe “chiacchierate” per e-mail Tommaso mi raccontò di aver partecipato alle operazioni militari ed essere poi stato fatto prigioniero dagli Alleati, gli suggerii di raccogliere in una pubblicazione i ricordi legati a quel periodo. La risposta poco entusiastica da parte sua (per lo meno tale parve a me in quel momento) mi indusse a credere che il discorso si sarebbe concluso lì; in effetti, non è detto che tutti coloro che hanno combattuto una guerra siano disposti a parlarne o amino parlarne troppo.
Invece, inaspettatamente, dopo qualche mese mi annunciò con entusiasmo di essere intento a scrivere le sue “memorie militari” e più tardi me ne inviò la bozza, chiedendomi che cosa, a mio parere, da quella sarebbe potuto venir fuori. Il risultato è rappresentato dalle pagine che seguono, dense di una narrazione particolareggiata che espone la vicenda personale del protagonista senza scinderla dai contesti storico-politici che le fanno da sfondo.
Sono anni non facili quelli nei quali si muove quel giovane uomo, figlio di una Italia contadina e operosa che ascolta alla radio i discorsi di Palazzo Venezia e osserva incuriosita i fasti di un rinnovato impero, sognando di correre anch’essa veloce a bordo di quei treni dalla tanto decantata puntualità. Anni di autarchia, di leggi razziali e del “Taci! Il nemico ti ascolta”, a cui non tarderanno ad aggiungersi le corse ai rifugi antiaerei e il razionamento alimentare, se non la fame più nera. E il conto di una guerra imposta a tutti dalle scellerate decisioni di pochi non si sarebbe di certo esaurito così.
Partito dapprima per l’assolvimento del servizio di leva, Tommaso vedeva nella carriera militare un futuro lavorativo in condizioni di relativa stabilità quale era quella che si respirava nella seconda metà degli anni Trenta; gli eventi però precipitarono nel giro di breve tempo ed egli si ritrovò coinvolto all’improvviso in un gioco più grande di quello inizialmente ipotizzato. Eppure, a sentir parlare lui, che sostiene di non aver vissuto una vera e propria esperienza bellica, considerati i fronti “tranquilli” ai quali fu inviato insieme al suo reparto, sembrerebbe di essere davanti a niente di più di un semplice resoconto di fatti e spostamenti privi d’interesse. Certo, a eccezione del triste spettacolo del giugno 1940 al confine francese, il lettore non troverà descritti in queste pagine cruenti combattimenti fra soldati o massacri di popolazioni inermi; è pur vero, inoltre, che l’autore non ebbe la sventura di marciare sulle gelate steppe in terra di Russia né quella di combattere al sole di El-Alamein dove, si sa, “mancò la fortuna, non il valore”, così come non si trovò a Cefalonia all’indomani di quel fatidico 8 settembre del ’43 che a troppi costò la vita.
Tuttavia, ciò non significa che la storia di Tommaso debba essere considerata poco importante o meno degna di essere raccontata rispetto alle precedenti o a quelle di coloro che furono insigniti di medaglie al valor militare. Si tratta semplicemente di vicende diverse, il cui confronto risulterebbe tanto inutile quanto insensato, accomunate però dal fatto di essere tasselli inseparabili di un unico grande mosaico. C’è tanta drammaticità nella vicenda di Tommaso, più di quanto il ragazzo che è ancora in lui riesca a percepire a distanza di circa un settantennio dallo svolgimento di quei fatti. Trovarla non è difficile: basta soffermarsi agli angoli dei toni leggeri e spesso ironici della narrazione che fanno capolino fin dal titolo, riflettendo sulla condizione di soldati mandati allo sbaraglio contro un nemico senza dubbio meglio armato; osservare con occhi attenti le lunghe estenuanti marce consumate tra le strade polverose di stagioni dissestate; ascoltare nel “Va’, pensiero” intonato da un coro di voci in cammino verso ignota destinazione tutta l’incertezza del destino e scorgere la libertà perduta attraverso le sbarre pur invisibili della prigionia.
Leggendo questo libro, ricco di notizie, aneddoti, citazioni storiche e riflessioni personali sul corso degli eventi, si ha l’impressione di sfogliare un vecchio album fotografico oppure di guardare un lungo filmato d’epoca, proprio come quelli che giravano i cineoperatori militari. Al tempo stesso, neppure i colori sono assenti, dal bianco accecante della neve sui Monti della Luna all’azzurro inebriante del mare di Sicilia, che si accompagnano ai tanti suoni che pervadono il testo, come gli squilli di tromba che scandiscono i ritmi delle giornate in caserma, il verso ribelle dei muli insofferenti al basto o, ancora, il rimbalzare monotono delle palle da tennis sui campi in terra battuta in cima a una collina di Algeri. Anche i giorni del dopoguerra avranno i loro suoni e colori, a dispetto del sapore amarissimo del periodo iniziale.
Questa di Tommaso è un’autentica testimonianza di un’epoca, in verità neanche troppo lontana, che contribuisce a sottolineare l’importanza della memoria e il continuo bisogno che di essa abbiamo, soprattutto in una società come la nostra, troppo spesso distratta e sorda agli insegnamenti del tempo. Ricordare non è soltanto importante: è addirittura vitale, poiché senza passato non possiamo guardare al futuro che si costruisce degnamente, giorno per giorno, traendo i giusti insegnamenti alla luce della memoria. Ecco perché, forse, non è sbagliato parlare di un dovere della memoria che ricada specularmente su vecchie e nuove generazioni: le prime devono ricordare, le seconde non dimenticare. È l’unico modo affinché non venga meno la speranza anzitutto in noi stessi, in quanto esseri umani, e nella possibilità di un mondo migliore, dove ciò che d’inumano è stato non accada più. 


Desidero pubblicare la recensione scritta dalla poetessa Arcangela Contessa, che ben illustra la personalità eclettica dell'autore per il quale ho stima e affetto.

Si può parlare degli scritti di Tommaso Mondelli in una miriade di modi e maniere, ma io qui ed ora se avessi saputo farlo, avrei voluto poter coniare nuove parole per questo suo nuovo libro. Dei suoi lavori precedenti è stato già detto: “vena poetica fertile”, “scrittura raffinata, forbita e ricca”, “poesia che commuove e svela una sapienza conquistata sul campo della vita” ed altro ancora, tutto ancora pulsante e vero per questo suo nuovo lavoro. Le sue parole che con leggerezza ci inducono alla riflessione, ci spingono altresì ad immaginare e scrutare “l’uomo” che scrive.  A me capita così, e così è successo quando ho letto i suoi lavori, prima d’incontrarlo.  Poi da quando i suoi pensieri e le sue parole da vettore di significato, attraverso lui e con lui si son fatti suoni, parola parlata, è scaturito il bisogno di un approccio diverso per la meraviglia e la gioia che sa con continuità suscitare. Meraviglia per la sua forza, vestita di mitezza. Meraviglia per la sua profondità e le sagge convinzioni supportate da studio ed esperienza. Meraviglia per la sua apertura al confronto aperto e costruttivo, agito senza mai un filo di supponenza che pur si potrebbe permettere. Meraviglia per la sua infinita verve che sa farsi stimolo,  per  la inesauribile energia a tutto campo, che agisce sempre con entusiasmo.  Incontrarlo ed ascoltarlo è stato ed è  per me come ricevere un caldo abbraccio della vita, forse per questo  in modo irrinunciabile mi viene da dire chi è l’uomo che ci regala questi nuovi e preziosi versi.


- Un maestro sapiente e fedele che “trasporta in sé” tanti segreti, una parte dei quali ha scelto  di donarceli attraverso versi.

- Una persona che si esprime in modo sapiente ed incanta con parole scelte con cura e spontaneità, che sa comunicare  con maestria  pensieri e concetti, emozionando chi legge ma soprattutto che riesce ad aprire con l’altro da se un proficuo dialogo.
- Un uomo che dialoga  mostrando cose semplici a volte complesse in altre, che implicano sempre tutte e comunque, la sua  acuta osservazione, il suo desiderio per la conoscenza a tutto campo sia delle situazioni appunto,  che dell’essere umano e del suo comportamento. Forse i suoi studi possono averlo aiutato in questo suo modo di essere anche filosofo pratico e teoretico, ma io credo  che se pur possiamo apprendere quasi tutto,  non possiamo di certo imparare il modo di sentire che ci viene donato dalla nascita è che è la scintilla con cui si accende  il desiderio del dire.
 Ed è la sua scintilla che fa la differenza.
Grazie Tommaso.

Arcangela Contessa

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e.mail autore: tommaso.mondelli@yahoo.it

Danila Oppio

catura,

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