“Cammino
orgogliosa per la mia strada” letto da Laura Vargiu
Donne svelate
di Laura Vargiu
Pubblicare un libro dedicato alla poesia è sempre
un atto di grande coraggio. Ancor più grande se a prendere tale iniziativa è un
piccolo editore. Complimenti, pertanto, a Fusibilia, attiva casa editrice e
associazione culturale della provincia di Viterbo, la quale, seppur in un
contesto editoriale sconfortante e ormai dominato da monopoli spesso votati più
alla quantità che alla qualità, ha pubblicato un’opera originale e senza eguali
qui in Italia.
Il personaggio di Wallada, principessa arabo-andalusa dalle lontane radici
damascene, non è tra i più noti e la sua storia, autentica e piacevole
sorpresa, ci trasporta d’un tratto nella Spagna califfale di mille anni fa. Un
viaggio affascinante, alla scoperta di un mondo per noi in buona parte ancora
sconosciuto; una vicenda dispersa e nascosta tra le ombrose pieghe di quella
grande Storia in cui, inevitabilmente, si smarriscono le piccole storie degli
uomini. Figurarsi poi quelle delle donne, tanto nell’ambito della cultura
cristiana, islamica o pagana!
Ma quella di Wallada, figlia del califfo ommayyade di Cordova al-Mustakfi,
vissuta per circa novant’anni sin quasi alla fine dell’XI secolo, non è una
storia di poco conto: “poeta della spiritualità della carne e cantatrice della
corporeità dello spirito”, come la definisce Antonio Veneziani nel suo suggestivo
saggio che chiude questo libro, Wallada è giunta a noi attraverso una manciata
di versi, frammenti preziosi di una produzione letteraria ben più vasta e,
all’epoca, molto celebrata. Sullo sfondo di crisi e lotte politiche che
porteranno il Califfato di Cordova alla disgregazione in tanti staterelli
locali, la nostra poetessa conduceva una vita secondo alcuni scandalosa,
secondo altri tutto sommato virtuosa; senza dubbio, libera e indipendente da
qualsiasi “tutela” maschile, nonché votata alla cultura. Il suo salotto
letterario apriva le porte ad artisti, letterati, intellettuali, probabile non
mancassero nemmeno i teologi, divenendo presto un punto di riferimento
importante – non è difficile intuire – per tutta la regione; lei stessa vi
accoglieva pure ragazze di umili e umilissime origini che provvedeva a sfamare
e istruire e con alcune delle quali, stando al dibattito sempre aperto sul
tema, avrebbe intrattenuto rapporti di dubbia natura. I suoi amori ufficiali,
quelli eterosessuali, sono stati intensi e appassionati e ciò che sopravvive
delle sue poesie lo testimonia in modo diretto. E talvolta dal suo calamo
deluso e furente sgorgarono versi talmente invettivi da far cadere in disgrazia
il malcapitato ex amante. Definita la Saffo andalusa, a differenza della
poetessa di Lesbo Wallada non si sposò mai né risulta, a dispetto del suo nome
(in lingua araba, “prolifica, feconda”, da una radice che rimanda al generare e
al nascere), che avesse avuto figli, lasciando che a partorire fosse sempre e
solo il proprio intelletto. Incurante del suo rango, se ne andava in giro senza
indossare il velo e sulle vesti faceva ricamare i suoi versi. Era araba e
musulmana per natali, ma rivendicava comunque la propria individualità
femminile, perfettamente in grado di pensare, scegliere, decidere in autonomia,
se così scriveva:
“Sono stata creata da Dio per la sua gloria,
ma cammino orgogliosa per la mia strada.”
Da tutto ciò, piccoli tasselli di un mosaico
ricostruito con pazienza per quanto ci consente il macero del tempo, emerge il
ritratto di una donna straordinariamente moderna, una femminista ante litteram,
come sottolinea Claudio Marrucci, curatore del volume e traduttore dallo
spagnolo dei testi (sia di Wallada sia di altre poetesse arabo/berbero-andaluse
a lei contemporanee) inseriti in questa raccolta. Ecco riemergere, dunque, nomi
finora ignoti di donne istruite, colte, raffinatamente talentuose al punto da
trovare posto con i propri scritti, al pari dei poeti uomini, all’interno di
prestigiose raccolte antologiche dell’epoca. E con le varie Muhya, Hafsa,
Nazhum e le altre finalmente svelate al grande pubblico riemerge anche un
angolo della vasta “dar al-Islam” (letteralmente, “dimora dell’Islam”)
trapiantato in Europa, dove vivevano non soltanto musulmani, ma pure ebrei,
cristiani e forse addirittura laici all’eccesso; dove, con l’Islam
predominante, tolleranza e rispetto nei confronti di etnie e religioni in
minoranza erano la norma; dove l’omosessualità maschile e femminile, seppur non
legalizzata, era tutt’altro che un mormorio sommesso, dal momento che certe
poetesse la mettevano in versi e più di un sovrano disponeva di harem affollati
di uomini prestanti; dove arte e letteratura erano di altissimo livello e
prosperarono a lungo; dove le donne scrivevano, filosofeggiavano e ricoprivano
ruoli attivi nella società, senza che la cosa disturbasse o destasse scandalo
bigotto. Tale era lo splendore andaluso fino all’arrivo prima dell’integralismo
delle dinastie berbere del Maghreb e poi della cattolicissima Reconquista,
sotto i cui colpi nel 1492 Granada esalò l’ultimo suo respiro. Un bellissimo
capitolo in termini di civiltà, quello rappresentato da al-Andalus, della
storia islamica e di quella europea nel contempo, sebbene troppo spesso si
tenda a perderne memoria tanto su questa che sull’altra sponda del
Mediterraneo.
Si auspica che questa brillante pubblicazione possa essere d’incentivo e un
punto di partenza per intraprendere nuovi e approfonditi studi su quel mondo
ormai lontano e i suoi protagonisti, Wallada bint al-Mustakfi in testa;
soprattutto in un momento in cui la barbarie dilaga a suon di bombe e raffiche
di kalashnikov, così tra le strade di Parigi come tra quelle del Cairo, Tunisi
o Aleppo e, in un clima di avvelenamento generale, sembra essere più facile (e
comodo) trovare sempre ciò che divide piuttosto che ciò che unisce. Un momento,
infine, nel quale abbiamo tutti bisogno della pura, impalpabile, misteriosa
bellezza della poesia che, riprendendo ancora una volta le parole di Antonio
Veneziani, appare come “un sentiero scosceso sullo splendore dello strapiombo
che conduce al cielo, a quel poco cielo che ancora rimane”.
Laura Vargiu è nata nel 1976 in Sardegna, e
vive in provincia di Cagliari. Si è laureata in Scienze Politiche con una tesi
in Storia e istituzioni del mondo musulmano e studi di lingua araba. Ha
pubblicato il volume Il cane Comunista e altri racconti, Gli Occhi
di Argo, 2012. Con racconti e poesie è presente in diverse raccolte antologiche
nazionali. Ha ottenuto riconoscimenti in vari premi letterari.
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il volume è ordinabile su fusibilia@gmail.com
(spese di spedizione a carico della casa editrice)
Le faccio i complimenti, Laura, raramente ho letto una recensione così chiara, attraente e così ben scritta. Dove non si sente il relatore del libro, ma il libro.
RispondiEliminaAngela Fabbri
La ringrazio per il suo apprezzamento, Angela! Il libro sulla principessa arabo-andalusa Wallada e le poetesse sue contemporanee è molto interessante. Un saluto,
EliminaLaura
Mi associo ai complimenti per lo splendido commento su Wallada, soggetto molto interessante da conoscere meglio.
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