Autoritratto |
Da settemuse Biografia
Artemisia Gentileschi nasce a Roma l'8 luglio del
1593. E' la primogenita del pittore Orazio Gentileschi e di Prudentia Montone.
Fin dall'infanzia è istruita per diventare
un'artista dimostrando subito una certa abilità verso la pittura.
Artemisia può osservare da vicino molte opere
che vari pittori, intorno a lei, stanno producendo in quel momento: dalla
Galleria Farnese, affrescata da Annibale Carracci, alla chiesa di S. Luigi de Francesi
dove sta lavorando Caravaggio, alla chiesa di S. Maria del Popolo,
dove si stanno elaborando gli affreschi di Guido Reni e del Domenichino.
A quei tempi, per una donna, il progetto di una
carriera artistica è difficile e piena di ostacoli, ma Artemisia
Gentileschi non si arrende: seguendo e lavorando insieme al padre, ha modo di
conoscere diversi pittori, tra cui Caravaggio e il nipote di Michelangelo.
La sua prima tela, "Susanna e i Vecchioni", è dipinta con uno stile molto
naturale. La gestualità dei personaggi è decisa, le espressioni sono
realistiche ed il dipinto mostra la sua conoscenza dell'anatomia umana, dei
colori, del pennello e il suo gusto per la struttura del quadro.
Nell'estate del 1611 Artemisia visita in città
alcune opere finalmente completate: Santa Maria Maggiore ed i suoi soffitti
dipinti dal Cigoli e da Guido Reni, San Pietro e l'estensione della facciata
voluta da Carlo Maderno, il Palazzo del Quirinale, dove il padre insieme a
Giovanni Lanfranco, Carlo Saraceni e Agostino Tassi sta decorando la Sala
Regia.
Orazio e Tassi lavorano insieme anche al
"Casinò delle Muse", per l'affresco sulla volta del palazzo e si
suppone che anche Artemisia partecipi alla decorazione.
Agostino Tassi è un pittore di paesaggi e di
vedute marine, al quale Orazio affida la figlia per insegnarle come costruire
la prospettiva in pittura.
Tassi s'innamora di lei e tra i due nasce una
relazione. Il padre Orazio, però, scopre la tresca e ritenendo la figlia
vittima del suo amico/traditore Tassi, lo fa arrestare e processare per stupro
(perdita di verginità senza promessa di matrimonio) nei confronti della figlia.
Tassi era già sposato, ma separato e pare avesse una storia con la sorella della
moglie.
Al processo Artemisia cerca di salvare Tassi
dichiarando che nulla fosse successo e d'essere ancora vergine, ma alla prova
ginecologica immediata risulta la menzogna.
A quel punto il giudice, per fare chiarezza,
mette sotto tortura Artemisia di fronte al Tassi, il quale, non sopportando la
vista del dolore inflitto alla sua innamorata, pur di far cessare lo strazio
confessa d'averla violentata. Così parrebbe siano andate le cose, ma ovviamente
ci sono interpretazioni maschiliste e interpretazioni femministe su come siano
andate realmente.
Sul processo (di cui esistono ancora tutte le
trascrizioni) è stato pubblicato questo testo "Lettere precedute da «Atti di un processo per
stupro»"
e sono stati prodotti alcuni film.
All'epoca non essere vergine senza essere
sposata corrispondeva ad una condanna sociale. Artemisia dopo il processo
s'allontana dal padre che considera il responsabile dell'accaduto ed al quale
non perdona d'aver provocato la condanna inflitta al Tassi, ma anche questa è
una possibile interpretazione arbitraria.
Un mese dopo la fine del processo (1612),
Artemisia Gentileschi sposa un artista fiorentino, Pietro Antonio di Vincenzo
Stiattesi che frequenta come lei l'Accademia del Disegno, dove Artemisia
diventerà socio ufficiale nel 1616.
In questo periodo la giovane pittrice comincia a
elaborare uno stile più personale. dipinge "Giuditta che decapita
Oloferne", che rappresenta una delle scene più violente della Bibbia e
che probabilmente rispecchia lo stato d'animo che la sconvolse durante il
processo.
Il realismo e il drammatico chiaroscuro
richiamano le opere precedenti di Rubens e di Caravaggio.
Durante il soggiorno fiorentino ha il sostegno
di diversi benefattori della città, tra cui la Famiglia De Medici e la Famiglia
Buonarroti, dal quale riceve la commissione di completare un affresco
all'interno della loro residenza.
All'Accademia Artemisia Gentileschi diventa
amica di Galileo Galilei con il quale intrattiene una fitta
corrispondenza.
Durante il soggiorno in Toscana, quando
ancora si firma con il cognome di Lomi , realizza un'altra versione di
Giuditta, dal titolo "Giuditta e la sua governante", mentre in
seguito dipingerà "L'allegoria dell'inclinazione".
L'ultima tela completata a Firenze è
"Giuditta che decapita Oloferne" e nel 1618 dà alla luce una
bambina.
Nel 1620 Orazio Gentileschi parte per Genova per
eseguire una nuova commissione e probabilmente Artemisia lo accompagna; qui la
ragazza compone "Lucrezia" e "Cleopatra".
A quel tempo Genova è una città mercantile di
ricchi banchieri e così Artemisia non ha difficoltà a trovare degli acquirenti
per le sue opere. Ed è durante il soggiorno genovese che incontrerà Anthony Van Dick; i due artisti si conoscono
artisticamente ed è abbastanza probabile che si influenzeranno a vicenda.
Artemisia ritorna a Roma nel 1622 dove rimarrà
per alcuni anni, dipinge il "Ritratto del Condottiere", e
partecipa al censimento del 1624-26.
In questo periodo vive a Via del Corso, in
prossimità di Piazza del Popolo, insieme a due domestici e alla figlia, che in
base ad alcuni documenti dovrebbe chiamarsi Prudentia o Palmira. Non ci sono
più tracce del marito: probabilmente si è separata, ed intanto sta nascendo una
nuova figlia, concepita con un Cavaliere dell'Ordine di Malta, come ci attesta
la lettera a lui indirizzata nel 1649.
Il secondo periodo artistico romano di Artemisia
coincide con il pontificato di Urbano VIII e con un nuovo orientamento di stile
e di gusti: Gianlorenzo Bernini sta trasformando il volto della
città e gli interni di San Pietro.
Artemisia lavora su un'altra rappresentazione di
Giuditta: la sua "Giuditta e la domestica con la testa di Oloferne",
è un esempio raffinato dello stile barocco caravaggesco sul quale sta lavorando.
Il quadro "Giuseppe e la moglie di
Putipharre" è pure dipinto durante questo periodo, particolarmente
produttivo e pieno di soddisfazioni.
Una delle opere più conosciute e raffinate viene
realizzata in questi anni: "L'Autoritratto dell'allegoria della pittura",
nel quale dimostra la padronanza con la tempera ad olio ritraendo sé stessa
nell'atto di dipingere, circondata dagli strumenti della pittura; un
autoritratto abbastanza insolito per i suoi tempi; l'opera sarà acquistata da
Re Carlo d'Inghilterra tra il 1639 e il 1649 ed entra a far parte della Royal
Collection.
Dalle documentazioni del tempo sappiamo che
Artemisia , come Caravaggio, soggiorna a Napoli tra l'agosto del 1630 e il
novembre del 1637, una città che in quei tempi ha sete di opere d'arte.
Qui Artemisia nel 1630 incontra Velázquez ed entrambi lavoreranno per la
regina Maria d'Austria. Lo stesso anno Artemisia completa una grande tela
d'altare che ha come tema l'Annunciazione
Nel 1638 Artemisia soggiorna a corte dei Re
Carlo I e della regina Henrietta Maria; il re è un collezionista d'arte che ha
già raccolto una sorprendente quantità di opere d'arte tra cui alcuni
capolavori di Tiziano, Raffaello, Mantegna, Correggio, Caravaggio e di altri artisti del
Rinascimento.
La Gentileschi rimane a corte per quasi tre anni
ed in questa circostanza lavora ancora con suo padre, che è arrivato in
Inghilterra nel 1626 con l'incarico di affrescare il soffitto della Queen's
House a Greenwich, ora Marlborough House, che ha come tema "L'allegoria
della Pace e delle Arti sotto la Corona Inglese".
Orazio Gentileschi muore il 7 febbraio del 1639
e Artemisia così tra il 1640 e il 1641 torna a Napoli, dove rimane per il resto
della sua vita.
Quest'ultimo periodo è caratterizzato dal lavoro
per conto di Don Antonio Rufo di Sicilia; Artemisia completa "David e
Betsabea" e "Lot e le sue figlie".
Una delle sue ultime opere famose è la sua prima
eroina femminile, "Lucrezia", personaggio nel quale
Artemisia si identifica: una donna forte, abile e indipendente.
Artemisia Gentileschi muore nel 1653 e,
nonostante la sua arte e la sua importanza, i critici d'arte non hanno perso
troppo tempo: su di lei non è stato scritto molto.
Ciò che rimane della sua vita e della sua
esperienza artistica sono 34 dipinti e 28 lettere.
Non capisco questa contraddizione: qui sopra si dice che sono 34 i dipinti dell'artista, e alla mostra di Roma risultano 100. Una delle due, quale?
Dal 30 novembre 2016 all’8 maggio 2017 a Roma è possibile ammirare alcune delle opere più importanti dell’artista italiana Artemisia Gentileschi, che è allestita nelle sale di Palazzo Braschi con il patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Questa famosa artista italiana fu una pittrice di ispirazione caravaggesca. Tra le sue opere più conosciute ricordiamo la Madonna col Bambino, la Conversione della Maddalena, Giuditta che decapita Oloferne, Cleopatra, Ritratto di gonfaloniere, Giuditta e la sua ancella e San Gennaro nell’anfiteatro.
Circa 100 sono in totale le opere in mostra, provenienti da ogni parte del mondo, da prestigiose collezioni private come dai più importanti musei in un confronto serrato tra l’artista e i suoi colleghi, frequentati, a Roma, come a Firenze, ancora a Roma e infine a Napoli, con quel passaggio veneziano di cui molto è da indagare, così come la breve intensa parentesi londinese.
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