Momo Sabazio è uno pseudonimo del poeta Di Pietro.
Questa poesia è rivolta - se ben ho inteso - a quel genere di persone che si spacciano per amici, ma tali non sono, e che se appena possono, ti fanno lo sgambetto. Capita un poco a tutti. Lo dice bene anche Shakespeare, in quell'aforisma riportato nella pagina della poesia Vere Illusioni. Lo stesso aforisma, prima ancora di avere ricevuto la silloge poetica dell'autore, l'avevo inserita in un mio breve racconto col quale ho partecipato a un concorso che ha ottenuto il primo premio per la prosa. Lo riporto sotto la composizione di Di Pietro, evidenziando il detto del bardo inglese.
Un incontro che doveva restare segreto
(A 400 anni dalla morte di Shakespeare e
di Cervantes.)
Prologo: presentazione dei due protagonisti
William Shakespeare
Dalle
migliori fonti disponibili è possibile affermare che William Shakespeare sia
nato a Stratford-upon-Avon nell’aprile del 1564. Nel 1582, all'età di soli 18
anni, sposò Anne Hathaway, meno giovane
di lui. Si è concordi nel ritenere che, nell'anno 1590, William abbia scritto
la maggior parte dei suoi sonetti. Quello fu, infatti, un periodo prolifico, in
cui le sue opere riscossero un enorme interesse e altrettante polemiche.
Anche i più ortodossi degli studiosi ritengono che Shakespeare, dalla
natia Stratford si sia mosso ben poco, girando solo con una compagnia di
attori, senza mai lasciare il suolo inglese. Però i dettagli dei luoghi dove
sono ambientate le sue opere, appaiono troppo reali e veri, come se lo
scrittore li avesse visti da vicino. A tale affermazione replicano dicendo che
Shakespeare avesse udito i racconti di mercanti e viaggiatori provenienti dall'Italia,
introducendo precise indicazioni nei suoi scritti.
Questo però sembra assurdo, poiché troppo precise sono le narrazioni: la
chiesetta di Giulietta, l'osteria della "Bisbetica", la casa di
Shylock. In effetti, lo scrittore ha descritto alla perfezione alcuni luoghi e
tragitti di Milano, Venezia, Padova, Verona, tali da stuzzicare la curiosità di
un avvocato californiano che, come un detective, ha seguito tutti gli itinerari
italiani delle opere di Shakespeare.
L'avvocato, deceduto nel 2010, asseriva che c'erano troppi particolari che gli facevano credere della presenza dell'autore qui in Italia. A tal proposito aveva scritto anche un libro interessantissimo, dopo anni di studi, che è stato pubblicato dalla figlia dopo la morte del padre. Nulla si sa di certo. Un mistero che a quattro secoli dalla scomparsa del grande scrittore, il 23 aprile 1616, non è ancora stato risolto.
L'avvocato, deceduto nel 2010, asseriva che c'erano troppi particolari che gli facevano credere della presenza dell'autore qui in Italia. A tal proposito aveva scritto anche un libro interessantissimo, dopo anni di studi, che è stato pubblicato dalla figlia dopo la morte del padre. Nulla si sa di certo. Un mistero che a quattro secoli dalla scomparsa del grande scrittore, il 23 aprile 1616, non è ancora stato risolto.
Miguel de
Cervantes Saavedra
(Alcalá de
Henares, 29 settembre 1547 –Madrid, 22 aprile 1616) è stato uno scrittore, romanziere, poeta, drammaturgo e militare spagnolo.
Firma autografa di Cervantes
È universalmente noto per
essere l'autore del romanzo Don Chisciotte della Mancia, uno dei capolavori della letteratura mondiale di ogni
tempo. In quest'opera, pubblicata in due volumi nel 1605 e nel 1615, l'autore prende di mira
con l'arma della satira e dell'ironia i romanzi
cavallereschi e la società del suo tempo;
contrapponendo all'allampanato cavaliere, che immerso in una perenne
insoddisfazione insegue un sogno esaltato e maniaco di avventure e di gloria, la figura del suo
pingue ed umanissimo scudiero, incapace d'innalzarsi al di sopra della piatta
realtà.
La
sua influenza sulla letteratura
spagnola è
stata tale che lo spagnolo è stato definito
come la lingua di Cervantes ed a lui è stato dedicato l'Istituto
di lingua e cultura spagnola.
Nel 1570 Cervantes si sposta in Italia per evitare la condanna al taglio
della mano destra e a dieci anni d'esilio perché
accusato di aver ferito un certo Antonio de Segura. In Italia è prima
cortigiano, anche presso la corte degli Acquaviva, nel Ducato di Atri in Abruzzo. E’ stato in altre località italiane, prima di
rimpatriare in Spagna.
I due scrittori sono entrambi scomparsi a distanza di un solo giorno: Cervantes
il 22 aprile 1616 e Shakespeare il giorno dopo, 23 aprile.
Possiamo credere che si siano incontrati sul suolo italico? Forse è
possibile o, molto più probabilmente no.
Mi piace però immaginarlo e quindi ho pensato a un fantomatico incontro,
durante il quale si è svolto un dialogo, formato da brani o aforismi tratti
dai loro scritti. E di che trattano gli uomini tra loro se non delle donne, di
amore, e anche della vita e della sua inevitabile fine?
UN INCONTRO (che doveva restare segreto)
Verona, 10 maggio 1587.
Davanti all’Osteria della “Bisbetica”, uno spagnolo quarantenne, e un
ragazzo inglese poco più che ventenne, s’incontrano per un fortuito caso del
destino. Con un leggero inchino del capo, si salutano:
- Buenos dias, caballero!”
- Good afternoon…Sir?
-
Mi nombre es
Miguel, Miguel de Cervantes Saavedra y usted como se llama?
-
My name is
William Shakespeare, Dialoghiamo pure in italiano, conosco un poco questo idioma
e immagino che anche voi lo pratichiate.
- Ovviamente! Vivo in questo Paese da alcuni
anni, anche se la mia patria è la Spagna.
- Che fate di bello nella vita?
- Cinque anni fa ho scritto e pubblicato “La Galatea”, ed ora ho in progetto di
scrivere “El ingenioso hidalgo don
Quijote de la Mancha”, che però è ancora in alto mare, chissà quando
riuscirò a scriverlo e a pubblicarlo… e
compongo poesie, purtroppo ora sono esiliato in Italia. E voi?
- Mi sto documentando per scrivere la storia
del contrastato amore tra una certa
Giulietta e un tale Romeo. Sa, sono un drammaturgo.
- Allora siamo entrambi amanti della scrittura!
E’ un vero piacere avervi incontrato.
- Ho scritto diverse opere, e moltissimi sonetti,
Vuole che ve ne reciti uno, che ho dedicato alla mia adorata moglie?
- Sono in ascolto - Rispose Cervantes, mettendo
una mano all’orecchio, mentre entrano nell’osteria, si accomodano a un
tavolaccio, e ordinano la specialità della casa e un buon bicchiere di Soave.
- Si tratta del Sonetto 22
Non mi convincerà lo specchio ch'io sia vecchio,
fin quando tu e giovinezza avrete gli stessi anni;
ma quando vedrò il tuo volto solcato dalle rughe,
allora m'aspetto che morte termini i miei giorni.
Infatti, tutto il decoro di tua bellezza
non è che luminosa veste del mio cuore
che vive nel tuo petto, come il tuo nel mio:
e allora come potrei essere di te più vecchio?
Perciò, amore mio, abbi di te gran cura,
come anch'io farò, non per me, ma per tuo bene,
custodendo il tuo cuore teneramente,
come nutrice col suo bimbo, che non gli incolga male.
Non contare sul tuo cuore quando il mio sia spento;
tu me lo donasti non per averlo indietro.
fin quando tu e giovinezza avrete gli stessi anni;
ma quando vedrò il tuo volto solcato dalle rughe,
allora m'aspetto che morte termini i miei giorni.
Infatti, tutto il decoro di tua bellezza
non è che luminosa veste del mio cuore
che vive nel tuo petto, come il tuo nel mio:
e allora come potrei essere di te più vecchio?
Perciò, amore mio, abbi di te gran cura,
come anch'io farò, non per me, ma per tuo bene,
custodendo il tuo cuore teneramente,
come nutrice col suo bimbo, che non gli incolga male.
Non contare sul tuo cuore quando il mio sia spento;
tu me lo donasti non per averlo indietro.
-
Molto avvincente,
toccante direi. Vi rispondo con versi miei.
Se le sue glorie Amore vede costose
Ha la ragione ed il suo traffico è giusto.
Ché non ci sono gioie più preziose
Di quelle valutate dal suo gusto.
Ed è
cosa evidente
Che non val ciò che poco costa o niente.
- Ah, l’amore! Un amore crollato, ricostruito, cresce forte, leggiadro, grande più di
prima!
- Dagli occhi
delle donne derivo la mia dottrina: essi brillano ancora del vero fuoco di
Prometeo sono i libri, le arti, le accademie, che mostrano, contengono e
nutrono il mondo.
-
La donna è di vetro, quindi non si deve far
la prova se si possa rompere o no.
-
Più dolce sarebbe la morte se il mio sguardo
avesse come ultimo orizzonte il suo volto e se così fosse…mille volte vorrei
nascere per mille volte ancor morire.
-
Siete proprio
innamorato di vostra moglie! Lo desumo dal tono accalorato della vostra voce e
dalle parole colme di passione.
-
C’è una storia nella vita di tutti gli
uomini.
- Il sangue si
eredita, ma la virtù si acquista, e la virtù vale di per sé quel che il sangue
non vale.
- E’, la
reputazione, una veste effimera e convenzionale, guadagnata spesso senza merito
e perduta senza colpa.
- Scriverò, almeno credo, nel mio romanzo “Don
Chisciotte”: “Sappi, o Sancho, che un uomo non è da più di altro uomo, quando non fa
più di un altro “. Ed è quanto penso realmente.
Sir William, ve lo assicuro, porterò di voi un buon ricordo.
-
Sii fedele a te stesso da che deve seguire,
come la notte al giorno, che tu non potrai esser falso con nessuno.
Bisogna guardarsi bene dal
concepire un’opinione molto buona delle persone di nuova conoscenza; altrimenti
nella maggior parte dei casi si rimarrà delusi con proprio scorno o magari
danno.
-
Trenta monaci e il loro abate non possono far
ragliare un asino contro la sua volontà, Siate sereno, quest’asino non
resterà deluso nell’aver fatto la vostra conoscenza, tutt’altro! Vi considero
già un ottimo amico.
E William, sornione, lo rimbecca:
- E chi muore
senza portare nella tomba almeno una pedata ricevuta in dono da qualche vecchio
amico?
Al che Miguel risponde:
- Orbene, a tutto
c’è rimedio meno che alla morte, sotto il giogo della quale tutti si deve
passare, per quanto, quando la vita finisce, ci dispiaccia.
Svelto William ribatte:
- Vi prego di non raccontare a nessuno di questo nostro
incontro. Dovrà, se si verrà a sapere in futuro, sorprendere i posteri.
- E Miguel:
-
Due volte sciocco è colui che, svelando un segreto ad
un altro, gli chiede caldamente di non farne parola con nessuno.
Stringendo calorosamente la mano a Cervantes,
Shakespeare si accomiata dal nuovo amico:
- In nulla mi
considero felice se non nel ricordarmi dei miei buoni amici.
-
Carissimo William, I
nostri peggiori nemici, e quelli con cui dobbiamo combattere più di tutti, sono
dentro di noi. Noi siamo fuori e quindi amici. Buona fortuna e felice
ritorno alla vostra Albione.
- Auguro a voi di tornare finalmente in patria,
nella vostra amata Spagna.
I due uomini, divenuti amici, si stringono la
mano, e con un cenno d’intesa, un dito sulle labbra per tacere del loro segreto
incontro, si dirigono verso opposte direzioni.
Danila Oppio
Nota: le parti in corsivo sono aforismi, pensieri o
citazioni dei due straordinari
Autori.
Nessun commento:
Posta un commento