La notte era stellata. Le remote luminosità si rivelavano a
poco a poco.
La loro luce pareva accendersi e spegnersi con
un’impercettibile intermittenza e i miei occhi erano stanchi.
L’oscurità chiara, ma greve, mi dava un senso di quiete oppressiva
e tanto desiderio di dormire.
Chiusi un attimo gli occhi come per provare, ma non mi
riuscì di abbandonare quella visione d’infinito tanto rara. Fissai le stelle,
quasi conscia del loro millenario segreto, ma incapace di renderlo chiaro a me
stessa. Rimasi così un lungo istante, in eterno e finito abbandono… Mi volsi e
scoprii il corpo, il volto di Jakob che, seduto accanto a me sul divano, nella
veranda, mi teneva un braccio attorno alla vita.
La sua presa era molle, debole, la stanchezza e gli anni
avevano rapito le forze di Jakob, una volta prestanti; d’improvviso gli occhi
gli si erano chiusi e si era assopito.
Caro, caro Jakob, quanti anni passati assieme! 25 in
novembre, il 12 di novembre.
25 anni di vera felicità: io ero ancora una bambina. E lui,
oh lui era già un uomo, e che uomo! Alto e forte, intelligente e gentile. E
innamorato. Cosa volete di più da un uomo? La bellezza? No, Jakob non era
bello, ma c’era qualcosa in lui che non era comune, qualcosa di misterioso e
affascinante…
Lo rivedo oggi come ieri, e non m’importa che sia tanto
cambiato, il suo cuore non lo è, la sua anima è la stessa, quella di cui allora
m’innamorai.
Sì; ricordo perfettamente: lo conobbi a una festa in casa di
amici, in quest’attimo rivivo quell’attimo e i seguenti, come fossero qui,
reali…
Arrivò tardi e a un certo momento mi trovai a ballare con
lui; e al lento rotolare delle note, io mi innamorai… m’innamorai di quel
simpatico e cordiale ‘ingegnere minerario’ che continuava a fissarmi
sorridendo.
Tutto poi si svolse in un confuso dibattersi di sentimenti,
non credo che neppure lui rammenti con precisione. Usciti, partimmo in
macchina, svegliammo un giudice di pace e, in breve, fummo sposati.
E poi di nuovo via, fra il vento della corsa, verso la sua
casa, la casa di Jakob.
Non mi sono mai pentita della mia decisione, gli anni felici
sono passati volando e abbiamo avuto quattro figli.
John, il primogenito, è un rispettabile giovane avvocato,
con il suo piccolo studio legale in uno dei più bei quartieri della città; ci
aveva dato tanto da fare da piccolo, che quando andò via per farsi strada nella
vita, ci parve un’illusione. Era stato un bambino difficile, e non credevamo
neppure che avrebbe studiato, invece, quando prese in mano il primo libro,
tutto cambiò.
Bob, il nostro secondo figlio, si sta affannando
all’università per diventare medico ed era stato questo un grande dolore per
Jakob che l’avrebbe voluto ingegnere come lui, ma Bob, che era sempre stato un
buon bambino, remissivo come pochi, si trovò questa volta deciso e suo padre
alla fine fu fiero di lui.
Tony invece, frequenta il corso allievi ufficiali della
Marina Militare. Da piccolo era stato il ‘selvaggio’ di casa, si cacciava in un
sacco di guai. Era coraggioso e audace, persino incosciente, ma l’amore per il
mare l’aveva ben presto condotto alla disciplina.
E l’ultima, la ‘cocca di papà’, è Sheila che ha diciotto
anni e da uno è sposata con un tenente di polizia. Ricordo bene la gioia di
Jakob dopo la nascita di Sheila. Dopo tre maschi, finalmente una femmina!
Crebbe viziata da Jakob, che non voleva le mancasse nulla, e ‘stellina’ dei
suoi fratelli, finchè un giorno s’innamorò di un bel giovanotto che se la portò
via.
Ora nella grande casa eravamo rimasti in due: io e Jakob.
Adesso quel viso un tempo animoso e cordiale, forte e
gentile, era stanco. Le forme del viso incominciavano ad afflosciarsi, le rughe
a farsi più profonde, la vivacità a frenarsi a poco a poco.
Aveva già 52 anni, Jakob, ma la mia tenerezza per lui non
era mutata.
Aprì gli occhi stanchi e li volse a me, un sorriso lieve gli
spianò i lineamenti.
“ Joan “ mi disse “ è tardi, e fa fresco qui fuori, non
credi sia ora di andare a letto? “
“ Sì “ il mio sguardo carico d’affetto si posò su di lui.
Prese debolmente le rigide stampelle appoggiate alla
spalliera e si levò con fatica; lo aiutai a camminare e ci avviammo verso la
porta-finestra.
Sì, a Jakob, al mio adorato Jakob, erano state amputate le
gambe dopo esser stato sepolto sotto una frana. Be’, avvenne 24 anni fa…
Angela Fabbri (Ferrara, maggio 1967)
Dedicato a Danila (Ferrara, 26 dicembre 2016)
Ho pubblicato volentieri il racconto di Angela Fabbri, che gentilmente mi ha dedicato, perché è sbalorditivo che una ragazzina di 15 anni avesse già la stoffa dello scrittore. Complimenti all'autrice.
RispondiEliminaEsattamente 50 anni dopo, lo scrittore Angela Fabbri si chiede perchè pubblicarlo. Hai avuto piacere di farlo. Va bene così.
RispondiEliminaAngela
Ho avuto piacere per il semplice fatto che in questo modo viene conservato, ma soprattutto perché è un insegnamento per tutti, oltre che per me personalmente! Grazie ancora, Angie!
RispondiElimina