Purtroppo l'azzurrite negli
affreschi, col tempo, ha iniziato a polverizzarsi e cadere. Un effetto
manifestato dopo molti anni, per cui abbiamo molte opere dove l'azzurro è
quasi completamente caduto rivelando lo stato di preparazione sottostante, il
rosso "morellone"-
Molti hanno letto il libro La ragazza con l'orecchino di perla (Girl with a Pearl
Earring) è un film del regista Peter Webber, ispirato al romanzo omonimo di Tracy Chevalier. Il titolo e l'opera ruotano
attorno alla vita del pittore Johannes Vermeer, meglio noto come Jan Vermeer, ed in particolare al suo
quadro Ragazza col turbante, noto anche con il titolo di Ragazza con
l'orecchino di perla.
Un questo libro si parla
ampiamente di come venivano tritati alcuni
minerali, per ottenere i colori adeguati.
Il pittore è vissuto nel 1600 ma ancora si miscelavano i colori, che
solo in seguito furono ad olio o tempera e utilizzando colori chimici, quindi
decisamente meno costosi, che oggi vendono venduti in tubetti, a modico
prezzo.
Tutta questa mia ricerca è nata non per
caso. Ho visto alcune immagini tratte dal libro d’ore
Le Très Riches Heures del Duca di
Berry
Bibliotheque du Château de Chantilly, Ms. 65
Le Très Riches
Heures del Duca di Berry, capolavoro della miniatura fiamminga, sono
certamente l'opera più famosa di tutti i tempi nel campo dell'illustrazione
libraria. Un codice eccezionale, realizzato agli inizi del Quattrocento dai
tre maggiori miniatori del tempo, i fratelli Limbourg, e destinato a essere
il vanto della biblioteca di Jean de Berry, ricca di oltre trecento
capolavori.
Una prodigiosa decorazione
Ogni pagina del meraviglioso manoscritto presenta una decorazione di
stupefacente ricchezza e varietà. I suoi 208 fogli comprendono infatti più di
tremila iniziali dorate e ben 130 miniature rialzate in oro e in argento, tra
cui le dodici celeberrime immagini del Calendario, pervase da un senso di
armonia tra l'uomo e la natura.
Tre maestri per un bibliofilo
Le Très Riches Heures del Duca di Berry sono il vertice ineguagliato della
miniatura europea fra il crepuscolo del Gotico e l'alba del Rinascimento e
rappresentano il capolavoro assoluto di Herman, Paul e Jean de Limbourg. I
tre fratelli di Nimega lavorarono alla decorazione del codice tra il 1411 e
il 1416, anno in cui scomparvero misteriosamente forse a causa di una
pestilenza. Alla loro morte, il codice rimase incompiuto e fu ultimato solo
intorno al 1485, per incarico del Duca di Savoia Carlo I, da un altro
eccellente maestro della miniatura, Jean Colombe. Jean de Berry fu uomo di
vasta cultura, e grande bibliofilo ed esperto collezionista di antichità,
arazzi, monete, gioielli, reliquiari, cammei e ritratti di sovrani,oggi noti
grazie al puntuale inventario delle sue collezioni fatto redigere dal
bibliotecario Robinet d'Etampes.
Un mondo fiabesco
Il fascino che emana dalle miniature dei Limbourg è immediato e coinvolgente,
e attira l’osservatore in un mondo che sembra incantato.Grazie al sapiente
magistero cromatico e compositivo dei tre fratelli e al loro acuto spirito di
osservazione, rivivono tra le pagine del codice gli svaghi delle corti e
l’umile fatica dei campi, la struggente bellezza del paesaggio rurale e la
poderosa presenza di castelli e città murate, gli sfarzosi costumi dell’alta
società francese e i semplici abiti dei contadini.
Se si intensifica la ricerca, appenderemo che non tutte le miniature sono state realizzate dal fratelli Limbourg. Ma questo non inficia le bellezza delle opere.
Il manoscritto, come
ogni libro d'ore, consta di una parte destinata ai salmi e alle preghiere e di un'altra,
quella a cui i Limbourg devono gran parte della loro celebrità, contenente la
serie dei mesi: dodici miniature a
tutta pagina (14 x 22 cm) accompagnate dal relativo calendario. In ogni foglio,
sotto una lunetta dedicata ai segni zodiacali del mese, sono
illustrati immensi e luminosi paesaggi in cui figure nobiliari s'occupano
negli svaghi cortesi (scene per lo più riferite alla corte del committente) o
contadini eseguono le attività agricole stagionali, mentre in lontananza
svettano le guglie di una residenza o di un castello del duca di
Berry.
I Limbourg divennero
famosi grazie a tale lavoro, ma ne illustrarono solo la prima parte: infatti
il manoscritto rimase interrotto a causa della prematura morte dei tre e del
duca di Berry nel 1416, mentre le restanti miniature sarebbero state aggiunte
circa settant'anni più tardi da Jean Colombe di Bourges, tra il 1485 e il 1489, su commissione
di Carlo I di Savoia.
Perfettamente
conservate, le miniature dei Mesi possiedono un'incredibile freschezza
narrativa e denunciano una libertà compositiva fino ad allora inedita nei
codici miniati. I colori sono vividi e luminosi e l'oro è reso a profusione
negli ornamenti delle vesti dei nobili e nelle decorazioni degli sfondi. Nei
mesi dell'anno raggiunsero in ciascuna dei magnifici paesaggi con una
dilatazione spaziale mai vista prima, grazie anche all'uso di linee di forza
diagonali e di delicate sfumature atmosferiche di profondità. Le figure
spesso appaiono estranee allo sfondo o semplicemente giustapposte ad esso,
creando una raffigurazione di favola, dove i personaggi si muovono come in
un balletto.
I fratelli Limbourg
riuscirono a fondere un minuzioso naturalismo a un raffinato formalismo
lineare che andava divenendo in quegli anni carattere distintivo del gotico internazionale. Tutta la rappresentazione è infatti
unificata da alcuni elementi stilistici comuni: le proporzioni esili, i
contorni dalle linee sinuose e ritmate, i colori tenui e raffinati. I singoli
fenomeni non venivano più rappresentati isolati nella loro specificità, ma
andavano a concorrere nella pagina a formare una scena più ampia, che
ricreasse una visione il più possibile globale e realistica. Tantissimi i
virtuosismi, da quelli nella resa dei materiali ai più suggestivi effetti di luce.
Le figure sono
trattate diversamente a seconda se si tratti di aristocratici o di contadini:
le prime risultano elegantemente allungate e irrigidite in pose di
idealizzazione cortese, mentre le seconde si mostrano più vivaci, libere e
variamente disposte, talvolta a creare dei quadretti di genere che illustrano
le più disparate scenette. L'approccio diversificato rivela il duplice gusto,
naturalistico e spontaneo per i soggetti “bassi” e formalmente composto per
quelli elevati, tipico del gotico internazionale. Pur convivendo in
un'atmosfera fiabesca e irreale ― si notino i cieli azzurri e tersi, le
praterie verdeggianti che recedono senza fratture, le fitte foreste da cui
emergono castelli da sogno ―, le attitudini dei personaggi e la cura gelosa
della verità nei suoi minimi aspetti, rendono queste miniature più spontanee,
ma insieme raffinate, di qualunque altro codice coevo.
A tale risultato di
estrema preziosità va senza dubbio ricondotta la passione del committente per
i manufatti lussuosi; è inoltre molto probabile che i Limbourg ebbero
l'opportunità di prendere spunto dalle opere d'arte della collezione del duca
e di ricevere dallo stesso una partecipazione attiva e illuminata durante
l'elaborazione del codice. All'interno del manoscritto sono risultate
evidenti numerose derivazioni dalla miniatura lombarda (si pensi ai Taccuini
di Giovannino de' Grassi), dalla pittura senese e perfino da
quella giottesca, tanto che si è arrivati a supporre di un viaggio di
Pol in Italia.
Ma chi era il fortunato proprietario di questi capolavori?
JEAN de Valois, Duca di Berry.
Terzogenito del re di Francia Giovanni II il
Buono (v.) e di Bona di Lussemburgo e Boemia, nacque nella residenza reale di
Vincennes il 30 novembre 1340 e morì all'Hôtel de Nesle a Parigi il 15 giugno
1416.Fratello di Carlo di Valois, futuro Carlo V (v.), di Filippo l'Ardito
(v.), duca di Borgogna, e di Luigi d'Angiò, J. ricevette la stessa raffinata
educazione dei fratelli. Prima del settembre 1356 ottenne in appannaggio dal
re suo padre la contea del Poitou.
Durante la battaglia di Poitiers (19 settembre
1356) comandò una delle ali dell'esercito francese e quando, in seguito alla
sconfitta, il re venne fatto prigioniero dagli Inglesi, J. divenne
luogotenente generale delle province al di là della Loira (Linguadoca,
Alvernia, Périgord; Lehoux, 1966-1968, I, p. 108) per conto di suo fratello
il delfino Carlo, divenuto reggente del regno. Conte di Poitiers fino al
trattato di Brétigny (1360), J. dovette rinunciare al titolo quando il Poitou
venne ceduto agli Inglesi. Per compensarlo della perdita il re suo padre gli
offrì in appannaggio l'Alvernia e il Berry, eretti a ducati, ma poco dopo,
ancora in conseguenza del trattato di Brétigny, venne condotto in
Inghilterra, dove rimase per sei anni (1360-1366) come ostaggio in cambio
della liberazione del padre.
Nel 1360 sposò Giovanna, figlia di Giovanni I,
conte di Armagnac. Tornato in Francia, egli giocò un ruolo di secondo piano
durante il regno del fratello Carlo V, il quale tuttavia cedette a J.
nuovamente il Poitou da poco ripreso agli Inglesi (1369). Alla morte del re
(1380) J. partecipò, insieme ai fratelli, alla reggenza per il re Carlo VI,
allora appena dodicenne. Benché attivo nel governo del paese, egli fu
tuttavia assai meno presente sulla scena politica del fratello Filippo, il
quale divenne il vero reggente di Francia.
Quando nel 1388 Carlo VI assunse il comando del
regno, uno dei primi mandati del giovane re fu la repressione della politica
di J. in Linguadoca e la sua destituzione dal governo di quella provincia, a
causa delle sommosse per le eccessive esazioni in denaro. Morta nel 1388
Giovanna di Armagnac, J. sposò nel 1389 la dodicenne Giovanna di Boulogne.
Dal 1392, anno in cui iniziò a manifestarsi la malattia mentale del re Carlo
VI, J. e Filippo ripresero il potere, contendendolo a un nuovo pretendente,
Luigi d'Orléans, fratello del re, il quale, appoggiato dal ducato milanese
dei Visconti, dal 1400 fu a capo di una forte fazione anti-borgognona, detta
armagnacca.
Nel 1407 l'assassinio di Luigi d'Orléans a opera
del duca di Borgogna Giovanni senza Paura, successore di Filippo l'Ardito dal
1404, portò la Francia sull'orlo della guerra civile. J., che era passato
agli armagnacchi, divenne il principale bersaglio della fazione borgognona;
nel 1411 venne saccheggiato l'Hôtel de Nesle e fu data alle fiamme la sua
residenza di Bicêtre, alle porte di Parigi (od. Le Kremlin-Bicêtre), che
comprendeva una delle più importanti collezioni di pittura di tutta Europa.
J. preferì dunque risiedere a Bourges, ma, dopo la caduta di questa città a
opera di Giovanni senza Paura e in seguito alla disfatta francese ad
Azincourt (1415), si stabilì definitivamente a Parigi, all'Hôtel de Nesle,
dove morì. Il suo cuore fu sepolto a Saint-Denis, le viscere nella chiesa
parigina di Saint-André-des-Arcs, mentre il corpo venne custodito per un
certo tempo nel monastero dei Grands Augustins di Parigi e fu poi traslato
nella Sainte-Chapelle di Bourges, che il duca aveva scelto come luogo della
propria sepoltura.
Colto e raffinato, J. intraprese parecchie iniziative artistiche. A
Bourges, durante gli anni settanta del sec. 14°, fece costruire la propria
residenza, trasformando il vecchio palazzo reale. L'architetto fu Guy de
Dammartin, entrato al suo servizio tra il 1367 e il 1372 e restatovi fino
alla morte, avvenuta nel 1398 Le
miniature non sono tutte opera dei fratelli Limnourg. L'uso di
prospettive diverse, ottenute grazie a differenti punti d'osservazione, rende
uniche queste miniature, capolavori pittorici dello stile internazionale. I
fratelli Limbourg eseguirono solo una parte del codice, lasciando l'opera
incompleta per la morte del duca nel 1416.
Il prossimo post sarà dedicato alle miniature dei 12 mesi dell'anno, appartenuto al Duca di Berry.
Danila Oppio
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