Ricevo sempre con molto piacere l'interessante LIBROMONDO curato dalla Professoressa Renata Rusca Zargar.
Questa volta desidero condividere un suo articolo che fa molto pensare. Infatti dovremmo riflettere sul poco sentimento umanitario che abbiamo nei confronti dei profughi africani.
Non ho mai inserito sulla newsletter di Libromondo gli articoli che scrivo. Questa
volta lo faccio per divulgare di più le mie considerazioni, nonostante
l’articolo sia stato pubblicato in più giornali e siti. Spero, infatti, che
questo possa essere un campanello d’allarme, perché ci fermiamo, prima di imboccare
strade senza ritorno. Il soggetto, comunque, è in linea con la missione di Libromondo: Pace, Ambiente, Intercultura,
Cooperazione Internazionale.
Ndr: Avrei potuto scegliere una delle innumerevoli immagini dei barconi carichi di profughi africani, alcuni ribaltati e i passeggeri a mare, ma avrebbero potuto infastidire le persone sensibili, per cui ho preferito questa immagine che mi pare simbolica: due braccia protese verso quel lembo di terra che rappresenta la salvezza. Ma, leggendo l'articolo di Renata, che sottoscrivo pienamente, mi chiedo quale salvezza potranno mai ottenere, in un clima tanto ostile!
L’INGRATITUDINE DEI PROFUGHI
Per
anni, ho seguito le attività dell’Aned (Associazione Nazionale
ex Deportati nei campi di sterminio nazisti). Sono andata a Mauthausen,
Auschwitz, Terezin, Ebensee, per me stessa e per
accompagnare gli alunni.
Ho ascoltato, per anni, con interesse, conferenze in cui ci si
chiedeva: “Ma, davanti a tanto orrore, la gente sapeva? E se sapeva, non ha
fatto nulla? Come è stato possibile? Gli intellettuali cosa dicevano?”
Adesso,
la risposta ce l’ho. Perché tutto quello studio, quel ricordare, quel piangere
davanti agli strumenti di tortura, alla denigrazione degli esseri umani, al
disprezzo per le vite altrui, affinché la storia non si ripeta, è stato
inutile.
La storia si ripete e oggi posso rispondere alle domande di tutte
quelle conferenze.
La
gente sa ed è contenta che ci siano rinchiusi nei campi di concentramento, in
Libia, che siano stuprati e torturati, o che muoiano di fame, se non di guerra,
nei loro paesi.
Alla gente non importa nulla, basta che non vengano a rompere
le scatole qua.
A nessuno viene in mente di dire che, se, certamente, non può
trasferirsi tutta qui l’Africa (un miliardo e mezzo di popolazione), smettiamo
di affamarli, di usare le loro terre per le monocolture che arricchiscono le
multinazionali ma non danno abbastanza salario per sopravvivere. Smettiamo di
far lavorare i loro piccoli bambini nelle miniere di diamanti, di coltan
o nel cacao, diamo loro la possibilità, non dico di andare a scuola o di
giocare, ma almeno di avere un giusto salario.
A
nessuno viene in mente di chiedere, alle potenze occidentali, di smettere di
sostenere i loro dittatori corrotti, i loro militari affamatori, per averne un
guadagno.
A nessuno viene in mente di dire: “Lasciamo davvero che lavorino a
casa loro, che sfruttino le loro ricchezze (l’Africa è il continente più ricco
del pianeta) così non avremo più il problema dei barconi. Perché non diciamo
così? Forse, perché non siamo a conoscenza di essere stati, noi europei, e di
essere ancora affamatori dell’Africa?
No, semplicemente, perché noi
diventeremmo poveri.
L’Europa si è arricchita e ha progredito, prima, sul
sangue delle colonie e, dopo, ha continuato a evolversi con il neo
colonialismo, il neoliberismo e altre formule, basate sull’assioma che gli
altri, specie se neri, non sono esseri umani.
Qui, più del 60% degli Italiani
ha approvato il sequestro dei migranti sulla Diciotti, l’ulteriore prigionia
di gente torturata e violentata per anni. Corpi e anime umane costrette a
rimanere, in un paese democratico europeo, ancora giorni e giorni in un
ambiente ristretto, con due bagni chimici riadattati con scarico diretto in mare e privi di lavandini,
per 150 persone, di cui 13 donne, con una pompa sul ponte come unica
possibilità di acqua corrente per la pulizia personale.
Quando, finalmente, li
hanno fatti sbarcare, nel paese dove sarebbero rimasti pochi giorni, Rocca di
Papa, li hanno accolti con manifestazioni di protesta perché non li volevano.
In
seguito, ci siamo tutti scandalizzati che tali profughi se ne vogliano andare
dall’Italia. Che ingrati!
Essendo quei profughi quasi tutti somali ed eritrei,
forse, avranno sentito parlare, nel loro paese, come noi sentiamo parlare di
quello che hanno fatto i fascisti e i tedeschi del genocidio avvenuto negli
anni trenta del secolo scorso nel Corno d’Africa.
Gli
Italiani “brava gente” hanno effettuato fucilazioni sommarie e bombardamenti
massicci di gas sulle popolazioni, provocando parecchie centinaia di migliaia
di morti in pochi anni. Per allietare una vita tanto dura, si prendevano, tra
l’altro, spose temporanee, magari di dodici anni, e amavano farsi fotografare
in pose guerresche e virili reggendo per i capelli le teste mozzate dei loro
nemici. Certamente, è passato del tempo.
Ma,
forse, saranno state riportate a quei profughi frasi odierne del tipo: “É
finita la pacchia, basta crociere e taxi del mare”. Avranno saputo che le ONG,
che salvano vite ovunque nel mondo, sono diventate i nemici dell’umanità, che i
pescatori che raccolgono migranti che stanno affondando, oggi, sono accusati di
essere trafficanti, che i morti in mare sono aumentati vertiginosamente negli
ultimi mesi, che spesso i migranti vengono riportati nei campi di sterminio in
Libia.
Oppure,
avranno sentito dire che, ultimamente, in Italia, è in uso sparare a chi ha la
pelle nera o che, ogni giorno, un nero, magari minore, viene
picchiato.
Razzismo? Atmosfera di odio? Omicidi nell’indifferenza? No,
assolutamente.
Non è cambiato nulla: come un tempo, gli Italiani, sono brava
gente!
E
ci tengono a dimostrarlo.
Prof. ssa Renata Rusca
Zargar
12
settembre 2018
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