POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

domenica, novembre 4

I BELLUNESI IN GINOCCHIO? NON SIA MAI! di Danila Oppio


I disastri causati dal maltempo in Italia sono stati tremendi, con morti e feriti, un po’ ovunque.
Vorrei però trattare di quando accaduto nel bellunese, perché mi tocca da vicino. Ettari di bosco divelti, un numero incalcolabile di abeti crollati: intere foreste. Strade impraticabili per smottamenti e caduta di alti alberi. Tetti scoperchiati, paesi privi di corrente elettrica e di acqua potabile.
Bene, anzi no, male, malissimo, ma i bellunesi non si sono disperati, non hanno incrociato le braccia attendendo aiuti da chissà chi e da chissà dove. Si sono rimboccati le maniche e messi a disposizione per dare una mano.
Gli uomini  forti ed esperti, si sono attivati con i loro attrezzi per ripulire strade e segare i tronchi d’albero messi di traverso sui percorsi. Le donne si sono organizzate per raccogliere materiali di prima necessità da consegnare nei paesi isolati, dove non c’è più niente.
Potrei andare avanti ancora, ma quel che mi spaventa di più è la diga di Comelico, totalmente invasa da fango e da un numero imprecisato di tronchi d’albero, che rischiano di far esondare l’acqua del bacino, e causare una tragedia simile a quella del Vajont.

Col cuore gonfio di amarezza, mi sento vicina a tutti color che hanno subito la forza della natura, perché là dove non ha potuto l’acqua, ci ha pensato il vento che soffiava a 180 Km/h.
Certo non si può impedire alle catastrofi naturali di fare il loro corso, ma forse una parte di colpa l’ha anche l’uomo, che non prevede,  operando in anticipo con intelligenza, quel che potrebbe accadere. Non sto ad elencare le maggiori cause che comportano simili disastri, ma sicuramente l’innalzarsi del riscaldamento globale ne è il maggiore responsabile. Ma le industrie pensano solo al proprio tornaconto, infischiandosene di quel che accadrà in futuro, e il futuro è già qui e a dimostrazione dell’imbecillità umana la Terra si ribella, ci scuote con i terremoti, ci inonda con le acque, ci brucia con gli incendi. Nonostante tutto ciò, continuiamo a turarci le orecchie e a bendarci gli occhi. Non noi, in fondo gente di poco conto, ma quelli che comandano nel mondo.
Che dicevano i nostri vecchi davanti alle avversità? Canta che ti passa, e allora io voglio qui ricordare alcuni modi di dire che mi raccontava la mia nonna veneta.
A Fonzaso si parlava un dialetto che ora è andato perduto, parole pronunciate fino agli anni ’50 e poi scordate, perché mischiate all’italiano o al dialetto feltrino, molto più simile al veneziano.
In questo paese c’è stata una forte influenza spagnola, infatti era rimasta la “th” , quasi come quella inglese di “the” dove la punta della lingua tocca il palato, che non è una effe ma nemmeno una esse.
Per meglio mettere in evidenza tale pronuncia, scrivo qui una frase che contiene alcune parole che si pronunciano alla spagnola:

“Thinque thest de theole marthe” molto poco usata nei tempi attuali poiché oggi è più facile sentirla dire in questo modo:
Sinque sest de seole marse.
Che in italiano significa: cinque ceste di cipolle marce.

Ma girava anche una storiella che istruiva la gente a non farsi i fatti degli altri, ponendo domande impertinenti o indiscrete:
“ Comare comarassa, vala in piassa?”
No parché go le man de pasta.
La mande la so fietta
No perché la se ga da maridar.
Chi tolla?
La tol un de le montagne
Che pesta le castagne
Con che falo el pan?
Col strons del can.
E el vin?
Col pis del gatolin.

A Milano direbbero: prendi intasca e porta a casa. Ovvero “ma fatti una buona volta i cacchi tuoi!”.

Mi viene in mente un’altra antica espressione fonzasina. Quando le chiedevo dove fosse andato qualcuno, e nonna non voleva dirmi dove, perché non erano affari miei, mi rispondeva: l’è partì  par l’esenpon. Mi sono sempre chiesta cosa volesse dire, o dove fosse questo posto (che era l'equivalente di andare a Patrasso) lei stessa non sapeva spiegarmelo. Leggendo un libro che parlava dei vigneti francesi, ho scoperto che c’è un luogo che si chiama Aix en Pons, che si trova in Provenza. (Pronuncia: Esenpon).  E’ evidente che alcuni nostri contadini si trasferirono in Francia per cogliere l’uva o curare i vigneti dei grandi possedimenti terrieri. Ecco la derivazione di Esenpon.
Quando i nostri migranti veneti partivano per l’estero, portavano con loro tutto il necessario, non certo in una piccola valigia di cartone, ma in un capace baule detto mala. Niente di strano che questa parola derivi dallo spagnolo, poiché mala corrisponde a valigia.



Nonna mi diceva anche che c’erano i vestiti per la Domenica, quelli che s’indossavano per andare alla Messa, e quelli della didopera. Detto così, mi pareva un’espressione dialettale, ma così non era. Il dì d’opera era il giorno feriale, altrimenti detto lavorativo.

Avendo tempo a disposizione, si potrebbe trovare l’etimologia di ogni modo di dire o vocabolo del dialetto di Fonzaso. Ne avevo scoperti molti, provenienti dal tedesco, dall’inglese e dal francese, dallo spagnolo, ma non avendoli subito trasferiti nel mio quaderno d’appunti, li ho dimenticati. Lascio a voi la divertente caccia al tesoro per rispolverare vecchi frasari ormai andati in disuso, e collegarli alle loro origini straniere. Non dimentichiamo che l’Italia è stata sotto il dominio degli austriaci con l’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, dei francesi con Napoleone, e degli spagnoli Aragona.

Questo per sorridere un poco, ma anche per affermare che invece i bellunesi non si fanno, in questi brutti frangenti, i cacchi loro, ma si danno da fare per dare aiuto a chi è stato danneggiato dal maltempo.
Un caro saluto a tutti i miei compaesani Fonzasini, ai Bellunesi, ai Veneti e a tutti coloro che hanno subito ingenti danni, sia materiali che morali.
Forza e coraggio!
Danila Oppio



2 commenti:

  1. Un caro saluto anche da parte mia. E, in ferrarese...
    " AV AVGUR TANT'AVGURI, PAR TUTT, AD CUOR! "
    Angela Fabbri

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  2. Grazie Angela, diffonderò i tuoi auguri a chi li merita!
    Danila

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