Angie, ho letto questa mattina il tuo bellissimo
articolo. Io credo che in effetti non sia SOLO colpa del riscaldamento globale,
ma che in parte possa aver contribuito ai repentini cambi meteo. Siamo tanti, e
produciamo calore, vuoi con il riscaldamento, vuoi con l'inquinamento causato
dalle grandi industrie, dai mezzi di trasporto aria-cielo e la Terra,
questo nostro ancora meraviglioso Pianeta, in qualche modo ne soffre, e noi con
lei. Non c'è luogo in Italia che non sia a rischio: esondazioni e frane, a causa del maltempo ma anche della poca previdenza e prudenza umana: non si dovrebbe costruire in prossimità dei mari, dei laghi e dei fiumi, e se lo si fa, occorre incanalare i tratti fluviali o mettere margini laddove il rischio di mareggiate o straripamenti è alto.
Dani
Riporto qui sotto il commento della scrittrice Angela Fabbri al mio articolo sui disastri del bellunese, nel caso non fosse stato letto e per collegarlo al testo dell'autrice.
Mia cara Dani,
ho commentato nel mio dialetto per
accompagnarti nel tuo che, come hai raccontato nel tuo articolo, pochi
ricordano ancora, ma tu sì.
E insieme per accompagnarti in
questi diluvi che hanno straziato il suolo, strappando via foreste intere, buttandole
nel fango della terra come accadde nell’antico periodo Carbonifero.
Allora l’essere umano era di là da
venire e la Terra si muoveva e scalpitava così come si addice a un vivente.
Noi, questo, ce lo siamo dimenticato, che il mondo che ci ha dato i natali è
esso stesso vivo e ci siamo persi rincorrendo noi stessi e il nostro benessere
personale.
Non credo tanto al riscaldamento
globale come effetto principalmente umano: nel corso dei millenni la Terra ha
subito glaciazioni e surriscaldamenti naturali e adesso
ne sta attraversando un altro
senza badare troppo che ci sono anche gli ESSERI UMANI a subirlo.
Ma, sicuramente, tutti questi
disastri che si accavallano uno sull’altro come le ondate del mare dovrebbero
farci fare gruppo per mettere la nostra superiore intelligenza al servizio
della vita.
Abbiamo davvero bisogno di guerre?
Basta un terremoto, un maremoto, un’alluvione di grande portata per togliere la
voglia di vedere e concepire disastri fatti in proprio.
Abbiamo davvero bisogno di tenere in
povertà fisica e culturale interi popoli? Invece che alzare il piede dalle loro
teste e insegnare loro quel che sappiamo?
Certo questo lo pensa una persona
comune come me che, pur sapendo la vita senza significato, non cerca di
ottenere compensi superiori a quelli degli altri per godersela di più finché dura e togliere agli altri la propria o la possibilità di vivere con dignità.
Tornando a noi due, Dani, e
all’aver usato il dialetto ferrarese…
E’ che da sempre, qui, in autunno,
aspettiamo la piena del PO, ci siamo a ridosso, per non dire sotto e tu saprai
che quando c’è il minimo segno di pericolo viene alzato il ponte della ferrovia
e resta solo il ponte stradale per arrivare… di là da PO.
L’ho vissuto tante volte quando
lavoravo e il treno mi riportava da Bologna a Ferrara. Scendevo e ero a casa.
Mentre i compagni di viaggio veneti scendevano e dovevano prendere i pullman
per arrivare alla loro casa… di là da PO.
E ancora prima, molto prima,
ricordo, avrò avuto 15 anni, la piena, l’onda di piena fu così pericolosa che
si arruolavano giovani per stare sull’argine del fiume a spegnere i ‘fontanacci’
che si aprivano all’improvviso fiottando acqua. Volevo andare anch’io, ma i
miei genitori, forti della mia minore età, mi tennero al sicuro in casa.
L’onda di piena… che poi quando in
TV dicono che passerà stanotte non è vero.
L’onda di piena ci mette almeno 3
giorni a passare, infilandosi, insinuandosi, impantanandosi, sgomitando fra le
terre fino al mare.
Angie
(Da Ferrara, notte fra 5 e 6
novembre 2018)
Nessun commento:
Posta un commento