CHE
COSA MAI AGOGNANO LE SOTTILI DITA DEL MONDO?
Sciogliersi in carte
Sfavillar su Marte
Occipitare a monte
Sciagurata fronte
A tutto tondo sfigura l’affondo
Ma che cosa mai agognano le sottili dita del mondo?
[(Materializzare
il mito del terzo, la spia del can can che dondola)
Solo a quel punto dolcemente scoperchiare]
Nelle parole che vanno e vengono senza lasciarti stare
Nelle adunate dei vivi
Nelle segrete complicità fra bivi
Nelle teche, nei reliquiari, nell’antica Cimmeria
Nell’eredità della materia
Nei pensieri già pensati
Negli orizzonti un tempo varcati
Nell’inganno che implori, reclami e schiaffeggi a fondo
Mi chiedi: che cosa mai agognano le sottili dita del mondo?
Solo a quel punto dolcemente scoperchiare]
Nelle parole che vanno e vengono senza lasciarti stare
Nelle adunate dei vivi
Nelle segrete complicità fra bivi
Nelle teche, nei reliquiari, nell’antica Cimmeria
Nell’eredità della materia
Nei pensieri già pensati
Negli orizzonti un tempo varcati
Nell’inganno che implori, reclami e schiaffeggi a fondo
Mi chiedi: che cosa mai agognano le sottili dita del mondo?
Nel biancore all’angolo di una stanza
Nella ritualità della sostanza
Nei retaggi dell’infanzia, nei ritorni apparenti
Nell’eternità ancestrale che senti e non senti
Nelle sterminate virtù dell’apprendimento
Nelle schiavitù autoedificate, nei pronostici, nel pentimento
Nell’intollerabile equilibrio infranto per necessità
Negli esorcismi, nelle fedeltà
Negli imperi della lunghezza focale
Nel tutto torna eziandio il prenatale
Nell’ossequio, nella gloria, nel fango dei candori
Nel flusso di intermittenti orrori
Nella rapacità di un vicolo cieco
Per quella carità che a stento impreco
Mi guardo sparire e ti rispondo:
Che cosa mai agognano le sottili dita del mondo?
Nella ritualità della sostanza
Nei retaggi dell’infanzia, nei ritorni apparenti
Nell’eternità ancestrale che senti e non senti
Nelle sterminate virtù dell’apprendimento
Nelle schiavitù autoedificate, nei pronostici, nel pentimento
Nell’intollerabile equilibrio infranto per necessità
Negli esorcismi, nelle fedeltà
Negli imperi della lunghezza focale
Nel tutto torna eziandio il prenatale
Nell’ossequio, nella gloria, nel fango dei candori
Nel flusso di intermittenti orrori
Nella rapacità di un vicolo cieco
Per quella carità che a stento impreco
Mi guardo sparire e ti rispondo:
Che cosa mai agognano le sottili dita del mondo?
Coucou, Sèlavy
Nessun commento:
Posta un commento