CONVERSIONE
“Venendo all’intimità, in confidenza: un
macello, un affannato carnaio, nient’altro”“E quella carne, e tale affanno, cosa le rammentano?”
“La tristezza dello sguardo di un animal ch’è stanco… o, senza troppa musica, la stanchezza di corpi abbandonati alla loro danza”
“Lei temporeggia e getta l’ancòra”
“La malinconia…”
“Già!”
“… del già stato, già concluso altrove, di quand’ero e non ero, e le promesse della vita, le stelle al freddo fuoco fatuo di quanto percepito un tempo, chissà quale, il residuo visivo cronico vampirescamente appeso come un ombrello druidico all’angolo della via, ad aprire varchi su paesaggi che ogni tanto s’affacciano, ci rincorrono e svaniscono prima che si possa raggiungerli”
“Non le pare dunque che dalla carne per qualche via siamo arrivati all’osso? “
“Le ossa, in filigrana… come non ravvisarvi luoghi ameni (“ma quando mai costui vi fu?”) e rintocchi, palpiti di universo, tutta la lucente celebrazione della fine e nuova fine ancora?”
“Vede che ci siamo, ci siamo! Oh, amore mio, passa anche tu dall’elementare perversione nigredica alla lussuria della doppia trasparenza delle lacrime… da coccodrillo! A presto: addio!”
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