POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

domenica, novembre 29

I BIGLIETTI DI ANGELA FABBRI

 




I disegni di Angela, realizzati molti anni addietro, quando aveva circa 18 anni, sono molto espressivi. Ho dato un minimo di colore giusto per staccarli dallo sfondo, ma lei li farà stampare coi colori che desidera. Non c'è un viso che si somigli, e questo mi fa comprendere come l'autrice riesca a creare volti dalle varie espressioni e differenti fisionomie.

 Complimenti Angela!


giovedì, novembre 26

IL CORPO RIVOLTATO DALL'ESTERNO ALL'INTERNO, DALL'INTERNO A... di COUCOU, SÈLAVY!

IL CORPO RIVOLTATO DALL’ESTERNO ALL’INTERNO, DALL’INTERNO A … 

(Omaggio a un amico)

Un palloncino nel cesso piantammo, monito agli agguati linguacciuti della vita

E nella nostra infinita arroganza al bianco di sponde e rintocchi giocammo baluginanti sparizioni nei crateri celesti

Flebili voci al telefono e alchimie di quel nulla risultante da deliri cronici in sovrapposizione: se non altro per tramortire le stesse idee, se non altro perché quell’ampio vuoto si rivelasse a ognuno, in una squallida camera condominiale, coi suoi riverberi comicamente cosmici. Uno spas(i)mo di tragedia incompiuta

Di dissolvenze musicali, irreversibili à rebours.

Noi che non avevamo proprio niente da dirci o da darci, ma solo trame scinte da ordire e mandare a monte in congiunta solitaria, quale gelo ci possedeva , ho dimenticato il suo volto

Fantasma a me, fantasma a te

Del non manifestarsi 

Porte sbattute, mai aperte e mai chiuse

Passeggiando come ologrammi fra l’ombre e gli orrori, assieme a melodie struggenti ci godemmo lo strutto dell’essere sempre in ritardo su di noi

Gatti in volo dal balcone dell’infanzia, noi che non siamo riusciti ad alzare davvero la voce né a versar lacrime una sola volta, equivocando languori e rancori nel peggior liquore infine

A quale luce – neanche oggi le candele riposano abbastanza - ci incollammo come insetti

“Dato, dato, giocato

Avuto, perduto, furnuto “

Eppure per anni ancora tornò nel mio canto, vaga e stonata, la spirale del tuo disincanto, e nelle stanze del tuo carillon suonarono da lontano le mie sconfitte.

Coucou, Sèlavy!


COME FAR DIVENTARE STRABICI I BAMBINI...VIDEO DIVERTENTISSIMO

PER GUARDARLO MEGLIO INGRANDITE L'IMMAGINE CLICCANDO SUL QUADRATINO SULLA DESTRA IN BASSO




E NON HO ANCORA SMESSO...di Danila Oppio

Avevo annunciato che avendo finito il materiale utile per altri lavoretti, ho smesso di farne altri, ma poi come per magia salta fuori ancora qualche idea e così ho realizzato lo stivaletto di Bambina Natalina usando un vasetto di vetro e mezza pallina di polistirolo espanso.Una calzetta di filanca per bambine e qualche piccola decorazione. Ecco il risultato.



Potrà servire per riempirlo di caramelle, cioccolatini, torroncini, oppure per metterci dei fiori veri, di stoffa, secchi o una piccola composizione di piante grasse.  Insomma, è un contenitore eclettico. Ma non è un gioco per bambini. Nessuna decorazione natalizia è indicata per giocarci ma solo per donare un tocco natalizio in casa. 

Poi avevo un filato di cordoncino beige con fili dorati che ho lavorato ad uncinetto creando un sacchetto da riempire con qualche dolcetto. O con piccole saponette, o quel che la fantasia suggerisce.



Vista di profilo e dall'alto. Mi spiace che non si nota molto bene in foto il filo dorato che fa brillare il lavoro. E ho ancora messo da parte qualche altra idea che presto penso di preparare.
Buon Avvento
Danila


ORIGO di COUCOU, SÈLAVY!

ORIGO

Quando il mondo non canta e ti vesti da negromante

Quando il passato ti ingaggia per scovare la crepa

Queste infiltrazioni impari a credere tuo regno

Questa musica tua creazione

Quando ti affacci, la mano pendula, al formicolio di uno schermo

Il megafono fra le costole parla da molti ombelichi

Servo senza brame, abitacolo

Piatto offerto in pasto a un ospite negligente

E un vigneto di tasti sbiaditi pigi

Impronte su cui ognuno zompettò

Per meglio ingannare il fiuto dei posteri

Il Nemico alle spalle

Strategie dell’arte di arrangiarsi

Quando la notte risale la china della pupilla

Il sonno disturba il sonno

Il giorno disturba il giorno

Allora

La petulanza dell’ultimo pidocchio

Rarefatta si tacque

Di candido stupore tingendo

Il campo di battaglia e il credo

Mentre, soffocando le risa, pontificavi già:

“Mai pelle fu sotto queste bende, figli miei

Che più non ci si adoperi a leggere i geroglifici del globo

Che almeno il seme sia sottratto al cerchio della maledizione

Scemata:

Restituito alla vanità”


Coucou Sèlavy!


GIOCANDO CON I CLASSICI di ANNA MONTELLA


 

LA PIOGGIA È UNO STATO D'ANIMO - silloge poetica di ANNA MONTELLA


 

Oggi ho ricevuto l’ultimo libro di Anna Montella.: LA PIOGGIA È UNO STATO D’ANIMO.

Molte delle poesie inserite già le conoscevo e le avevo apprezzate moltissimo. L’autrice le aveva pubblicate sul suo profilo FB. L’idea di raccoglierle in una silloge mi è molto piaciuta, e dovevo averla assolutamente tra i vari libri scritti da Anna.

Il motivo per cui ho fotografato il libro davanti alla casa di bambole che ho costruito pazientemente, è nato leggendo e rileggendo due sue composizioni: OUTFIT e IL NITORE DELL’INFANZIA. 

Hanno riportato alla mia mente proprio la casetta che fin da piccola avevo sempre desiderato e mai avuto. Più di vent’anni fa ho potuto realizzare questo mio antico sogno, ormai donna matura, ma con un rigurgito d’infanzia che ritornava insistente.

In edicola erano in vendita a scadenza settimanale i fascicoli di libri sulle bambole, con allegati parti della casa, non solo l’esterno, ma perfino i mobili, gli oggetti da arredamento e le bamboline.  C’è voluto molto tempo per finire la raccolta e anche molti soldini e poi altro tempo per montare la casa. Alla fine mi accorsi che il tetto era sbilenco e non  riuscivo in alcun modo a sistemarlo. Ho chiesto al mio amico mobiliere se riusciva a raddrizzarlo mettendolo sotto una pressa e ha eseguito il lavoro in modo perfetto e… gratuitamente. Roberto se n’è andato qualche giorno fa, nel giro di una settimana il Covid l’ha colpito e affondato. Colgo l’occasione per ricordarlo, grazie al libro di Anna.

Ma ora torniamo alla raccolta poetica, da sempre le poesie di Montella mi hanno appassionato per il loro contenuto e per lo stile magistrale con cui scrive. Per questo motivo, tra le tante composizioni ho scelto le due che ho citato e le riporto molto volentieri qui sotto! Insieme ai miei calorosi complimenti all’autrice.

Danila Oppio



OUTFIT

E stiamo qui sospesi
tra casette di marzapane
e scarpe di cristallo
eternamente in bilico
tra l'essere e il non essere
imprigionati nel cliché
del drago da sconfiggere
del principe eroe
in outfit mantello e calzamaglia
e la fanciulla dal volto cereo
e le labbra rosse come una ferita
da risvegliare. 
Nel bosco dell'inconscio
ormai stanco del ruolo
in cui è stato confinato
il lupo piange e ulula alla luna
vorrebbe essere liberato.
 

Anna Montella



domenica, novembre 22

GRIGIO IL TEMPO di MARIELLA OPPIO


 
GRIGIO IL TEMPO

Grigio il tempo. 

Tremule foglie

multicolori

fanno corona

all'arco d'entrata.

Il pettirosso

becca e poi va.

Un frullio d'ali

nella nebbia.

Pare tutto un sogno

entro una coltre fredda.

L'umida aria campestre

è un brivido nella natura.

Il silenzio regna, 

ma sopra il grigiore

il sole attende

e sarà gioia e pace.

Mariella oppio 

19 novembre 2020



giovedì, novembre 19

RENÉ MARIA RILKE - ELEGIE DUINESI - Prima Elegia

RENÉ MARIA RILKE 


Biografia • I problemi dell'anima

René Maria Rilke nasce a Praga il giorno 4 dicembre 1875. Appartenente alla classe borghese cattolica di Praga, Rilke trascorre un'infanzia e un'adolescenza piuttosto infelici. I genitori si separano nel 1884 quando lui ha solo nove anni; tra gli undici e i sedici anni è obbligato dal padre a frequentare l'accademia militare, che aspira per lui una prestigiosa carriera militare. Piccolo funzionario asburgico, il padre aveva fallito nella carriera militare: a causa di questa sorta di compensazione voluta dal genitore René vivrà momenti molto duri.

Abbandonata la scuola si iscrive all'università della sua città; continua poi gli studi in Germania, prima a Monaco di Baviera poi a Berlino. Sarà comunque Praga a fornire l'ispirazione per le sue prime poesie.

Nel 1897 conosce Lou Andreas-Salomè, donna amata da Nietzsche, che sarà anche amica fedele e stimata di Freud: sarà lei a chiamarlo Rainer sostituendolo al nome originario René, creando così un'assonanza con l'aggettivo tedesco rein (puro).

Rilke si unisce in matrimonio nel 1901 con la scultrice Clara Westhoff, allieva di Auguste Rodin: poco dopo la nascita della figlia Ruth si separano.

Compie un viaggio in Russia e rimane colpito dall'immensità di quella terra; conosce l'ormai anziano Tolstoj e il padre di Boris Pasternak: dall'esperienza russa, nel 1904 pubblica le "Storie del buon Dio". Quest'ultima opera è si caratterizzata da un garbato umorismo, ma in fondo sottolineano anche il suo interesse verso il tema teologico.

Compie poi un viaggio a Parigi dove collabora con Rodin; viene colpito dalle avanguardie artistiche e dal fermento culturale della città. Pubblica nel 1910 i "Quaderni di Malte Laurids Brigge" (1910), scritti in una prosa nuova e originale. Del 1923 sono le "Elegie duinesi" e i "Sonetti a Orfeo" (scritti a Muzot, in Svizzera, in meno di tre settimane). Queste ultimi due lavori nel loro insieme costituiscono l'opera di poesia più complessa e problematica del XX secolo.

Avverte i primi sintomi della leucemia nel 1923: Rainer Maria Rilke muore il giorno 29 dicembre 1926 a Valmont (Montreux). Oggi è considerato uno dei più importanti poeti di lingua tedesca del XX secolo.

DIE ERSTE ELEGIE

WER, wenn ich schriee, hörte mich denn aus der Engel
Ordnungen? und gesetzt selbst, es nähme
einer mich plötzlich ans Herz: ich verginge von seinem
stärkeren Dasein. Denn das Schöne ist nichts
als des Schrecklichen Anfang, den wir noch grade ertragen,
und wir bewundern es so, weil es gelassen verschmäht,
uns zu zerstören. Ein jeder Engel ist schrecklich.
Und so verhalt ich mich denn und verschlucke den Lockruf
dunkelen Schluchzens. Ach, wen vermögen
wir denn zu brauchen? Engel nicht, Menschen nicht,
und die findigen Tiere merken es schon,
daß wir nicht sehr verläßlich zu Haus sind
in der gedeuteten Welt. Es bleibt uns vielleicht
irgend ein Baum an dem Abhang, daß wir ihn täglich
wiedersähen; es bleibt uns die Straße von gestern
und das verzogene Treusein einer Gewohnheit,
der es bei uns gefiel, und so blieb sie und ging nicht.
O und die Nacht, die Nacht, wenn der Wind voller Weltraum
uns am Angesicht zehrt –, wem bliebe sie nicht, die ersehnte,
sanft enttäuschende, welche dem einzelnen Herzen
mühsam bevorsteht. Ist sie den Liebenden leichter?
Ach, sie verdecken sich nur mit einander ihr Los.
Weißt du’s noch nicht? Wirf aus den Armen die Leere
zu den Räumen hinzu, die wir atmen; vielleicht daß die Vögel
die erweiterte Luft fühlen mit innigerm Flug.

Ja, die Frühlinge brauchten dich wohl. Es muteten manche
Sterne dir zu, daß du sie spürtest. Es hob
sich eine Woge heran im Vergangenen, oder
da du vorüberkamst am geöffneten Fenster,
gab eine Geige sich hin. Das alles war Auftrag.
Aber bewältigtest du’s? Warst du nicht immer
noch von Erwartung zerstreut, als kündigte alles
eine Geliebte dir an? (Wo willst du sie bergen,
da doch die großen fremden Gedanken bei dir
aus und ein gehn und öfters bleiben bei Nacht.)
Sehnt es dich aber, so singe die Liebenden; lange
noch nicht unsterblich genug ist ihr berühmtes Gefühl.
Jene, du neidest sie fast, Verlassenen, die du
so viel liebender fandst als die Gestillten. Beginn
immer von neuem die nie zu erreichende Preisung;
denk: es erhält sich der Held, selbst der Untergang war ihm
nur ein Vorwand, zu sein: seine letzte Geburt.
Aber die Liebenden nimmt die erschöpfte Natur
in sich zurück, als wären nicht zweimal die Kräfte,
dieses zu leisten. Hast du der Gaspara Stampa
denn genügend gedacht, daß irgend ein Mädchen,
dem der Geliebte entging, am gesteigerten Beispiel
dieser Liebenden fühlt: daß ich würde wie sie?
Sollen nicht endlich uns diese ältesten Schmerzen
fruchtbarer werden? Ist es nicht Zeit, daß wir liebend
uns vom Geliebten befrein und es bebend bestehn:
wie der Pfeil die Sehne besteht, um gesammelt im Absprung
mehr zu sein als er selbst. Denn Bleiben ist nirgends.

Stimmen, Stimmen. Höre, mein Herz, wie sonst nur
Heilige hörten: daß die der riesige Ruf
aufhob vom Boden; sie aber knieten,
Unmögliche, weiter und achtetens nicht:
So waren sie hörend. Nicht, daß du Gottes ertrügest
die Stimme, bei weitem. Aber das Wehende höre,
die ununterbrochene Nachricht, die aus Stille sich bildet.
Es rauscht jetzt von jenen jungen Toten zu dir.
Wo immer du eintratest, redete nicht in Kirchen
zu Rom und Neapel ruhig ihr Schicksal dich an?
Oder es trug eine Inschrift sich erhaben dir auf,
wie neulich die Tafel in Santa Maria Formosa.
Was sie mir wollen? leise soll ich des Unrechts
Anschein abtun, der ihrer Geister
reine Bewegung manchmal ein wenig behindert.

Freilich ist es seltsam, die Erde nicht mehr zu bewohnen,
kaum erlernte Gebräuche nicht mehr zu üben,
Rosen, und andern eigens versprechenden Dingen
nicht die Bedeutung menschlicher Zukunft zu geben;
das, was man war in unendlich ängstlichen Händen,
nicht mehr zu sein, und selbst den eigenen Namen
wegzulassen wie ein zerbrochenes Spielzeug.
Seltsam, die Wünsche nicht weiterzuwünschen. Seltsam,
alles, was sich bezog, so lose im Raume
flattern zu sehen. Und das Totsein ist mühsam
und voller Nachholn, daß man allmählich ein wenig
Ewigkeit spürt. – Aber Lebendige machen
alle den Fehler, daß sie zu stark unterscheiden.
Engel (sagt man) wüßten oft nicht, ob sie unter
Lebenden gehn oder Toten. Die ewige Strömung
reißt durch beide Bereiche alle Alter
immer mit sich und übertönt sie in beiden.

Schließlich brauchen sie uns nicht mehr, die Früheentrückten,
man entwöhnt sich des Irdischen sanft, wie man den Brüsten
milde der Mutter entwächst. Aber wir, die so große
Geheimnisse brauchen, denen aus Trauer so oft
seliger Fortschritt entspringt –: könnten wir sein ohne sie?
Ist die Sage umsonst, daß einst in der Klage um Linos
wagende erste Musik dürre Erstarrung durchdrang;
daß erst im erschrockenen Raum, dem ein beinah göttlicher Jüngling
plötzlich für immer enttrat, die Leere in jene
Schwingung geriet, die uns jetzt hinreißt und tröstet und hilft.

Elegie Duinesi. I

Chi, se pur gridassi, mi udrebbe dalle gerarchie
degli angeli? E se uno mi stringesse d’improvviso
al cuore, soccomberei per la sua più forte presenza.
Ché nulla è il bello, se non l’emergenza
del tremendo: che possiamo appena reggerlo ancora,
e lo ammiriamo tanto, perché rilasciato
non degna distruggerci. Ognuno degli angeli è tremendo.
E mi trattengo così, e inghiotto l’appello d’oscuri
singulti. Ah! Chi possiamo allora chiamare in aiuto?
Gli angeli no, gli uomini no, e i sagaci
animali già lo notano che non siamo troppo
affidabili a casa nel mondo già interpretato.
Ci resta forse un albero sul pendio, che ogni giorno
possiamo rivedere; ci resta la strada di ieri
e l’adusato fidarsi di una abitudine, cui piacque
stare in noi, così rimase, e non se ne andò.
Oh, e la notte, la notte, quando il vento colmo
di cosmici spazi ci corrompe il volto – a chi mai
potrebbe mancare l’agognata, che sì dolcemente delude,
lei che di fronte al cuore solingo con fatica
si dispone? È più lieve agli amanti? Ah!
si nascondono soltanto l’un l’altro il destino.
Non lo sai ancora? Getta dalle tue braccia il vuoto
verso gli spazi che respiriamo; forse là gli uccelli
sentono l’aria dilatata con volo più intimo.

Sì, le primavere ebbero bene bisogno di te. Osò
qualche stella, che tu la sentissi sfiorare. S’alzò
un’onda nel passato, o là mentre passasti,
a una finestra aperta, venne a offrirsi un violino.
Tutto questo era un compito. Ma tu,
lo potresti reggere ? Non eri là ancora
disperso dall’attesa, come se tutto ti annunciasse
un’amata? (dove vorresti custodirla,
da te i grandi pensieri estranei tuttavia
vanno e vengono e indugiano spesso la notte.)
Se ti senti, canta allora gli amanti; ancora lungi
dall’essere immortale il loro sentimento famoso.
Quelle, tu quasi le invidi, abbandonate, che tu
tanto più amorose trovasti delle appagate. Dai inizio
sempre di nuovo all’inarrivabile lode;
pensa: l’eroe rimane; anche il trapassare fu per lui
solo un pretesto, per essere: la sua ultima nascita.
Ma gli amanti l’esausta natura in sé li riprende
come non ci fosse più una seconda forza
per questo operare. Hai poi pensato abbastanza
a Gaspara Stampa, così che una qualche fanciulla,
cui sfuggì l’amato, ne senta l’influsso
esaltato esempio: e se io come lei diventassi?
Non devono forse infine questi antichissimi dolori
diventare più fecondi per noi? Non è tempo che con amore
ci liberiamo noi dall’amato e tremanti resistiamo:
come la freccia resiste la corda, raccolta nello scatto,
per essere da più di se stessa. Ché il rimanere non ha un luogo.

Voci, voci. Ascolta mio cuore, come altrimenti solo
i santi seppero udire: che loro l’immane richiamo
sollevò dal suolo; ma loro in ginocchio,
oltre il possibile, e ancora, e senza badarci:
così stavano in ascolto. Non che tu possa lontanamente
sopportare la voce di Dio. Ma quel che spira ascolta,
l’ininterrotta notizia che da silenzio si forma.
Freme ora, per te, di quei giovani morti.
Ogni volta che entrasti, nelle chiese a Roma
o Napoli, non ti parlava pacato del loro destino?
O ti si presentò sublime una scritta, come la lapide,
di recente, a Santa Maria Formosa.
Cosa vogliono da me? Piano devo rimuovere
l’apparenza dell’ingiustizia, che del loro spirito
il movimento puro talvolta un poco impedisce.

Certo, è curioso non abitare più la terra,
non esercitare più usi solo ora appresi,
alle rose, e ad altre cose piene di promesse
non dare senso di umano futuro;
quanto eravamo in mani infinitamente ansiose
non essere più, e persino dal proprio nome
prescindere come giocattolo infranto.
Curioso non desiderare più i desideri. Curioso
tutto quel che si atteneva, vedere sì dissolto
fluttuare nello spazio. E stanca essere morti
e di continuo ripetere, per sfiorare man mano
un poco d’eternità. – Ma i viventi commettono
tutti l’errore di tracciare confini troppo netti.
Gli angeli (si dice) spesso non saprebbero se
procedono fra vivi o fra morti. L’eterna corrente
lacera attraverso entrambi i regni ogni età,
sempre porta via, e sovrasta con il suono entrambi.

Infine non hanno più bisogno di noi i morti precoci,
ci si svezza da quanto terreno con facilità, come dal seno
materno si cresce miti. Ma noi, che di così grandi segreti
abbiamo bisogno, noi cui dal lutto, sì sovente un beato progresso
si sprigiona -: potremmo essere noi senza di loro?
Vana la saga, che un tempo nel compianto per Lino
una prima audace musica pervadesse l’impietrito deserto;
che solo nello spazio sgomento, cui sfuggì quasi divino un fanciullo
improvviso e per sempre, il vuoto riuscisse
a entrare in tale vibrazione, che ora ci trascina, consola e aiuta.

GLI SPLENDIDI LAVORI di SANTINA FOTI

 Per quanto mi impegni nei lavoretti manuali, quando ho visto

 quelli di Santina

 sono rimasta a bocca aperta. Merita uno spazio tutto suo, su questo Blog, anche se ho dovuto eseguire, a malincuore per ragioni di spazio, una selezione tra le molteplici sue creazioni 

di queste sue mani di Fatina.
















COMPLIMENTI!

OMBRE sui nostri giorni di ANNA MONTELLA

Viviamo giorni cupi che mai avremmo pensato di vivere. 

Pensavamo di esserceli lasciati alle spalle ma così non è. Le ombre continuano ad addensarsi sui nostri giorni.

Anna Montella 



mercoledì, novembre 18

IL PANE DURO - di WILDER HERNANDEZ, PSICOLOGO


IL PANE DURO

 Wilder Hernadez, psicologo

A volte ci avanza un pezzo di pane, dopo aver fatto colazione ed il giorno dopo diciamo: “Questo pane è duro” e spesso è proprio così. Ma, pensandoci bene e pensando ad una riflessione che ho letto di un grande psicologo, Wilder Hernadez, oggi vorrei condividere una riflessione con te:

 “Il pane non è duro: duro, è non avere pane”.

Sembra una cosa assurda, ma siamo specialisti nel lamentarci e la maggior parte delle volte senza ragione, senza pensarci, per superficialità, per egoismo…

Il pane non è duro, duro è non avere pane.

Che significa questo?

Che il lavoro che fai non è duro: duro è non avere un lavoro.

Che avere la macchina rotta, non è duro. Duro, è non avere una macchina. Ed avere la macchina rotta e dover andare a prendere l’autobus a piedi, è duro?

No: non è duro. Duro è non aver gambe: duro è non poter camminare. Mangiare riso e sardine non è duro.

Duro è non aver nulla da mangiare

Perdere una discussione in famiglia non è duro.

Duro (e credimi, questo sì che è duro!) è perdere una persona della tua famiglia.

Dire “Ti amo” guardando negli occhi un’altra persona, non è duro. Duro è doverlo dire davanti ad una lapide o una bara, quando ormai sono inutili le parole.

Lamentarsi non è duro: duro è non saper essere riconoscenti.

Oggi è un buon giorno per ringraziare Dio per la vita, per tutto ciò che abbiamo e per non lasciare che la nostra felicità dipenda da qualcosa o qualcuno.

La nostra felicità dipende solo da noi e da quante volte alziamo gli occhi al cielo per ringraziare il Signore.

La vita non è perfetta, però è meravigliosa, quando la viviamo in Cristo. Caro Dio, non importa ciò che sto passando in questo momento della mia vita, ti ringrazio del privilegio di essere vivo oggi.

Duro non è condividere questa riflessione con un buon amico;

duro è non aver un amico con cui condividerla…


Villaggio degli gnomi risistemato di Danila Oppio




 Il precedente villaggio non mi aveva soddisfatto. Ora mi sembra migliorato, con la neve e una diversa disposizione. Ho poi aggiunto le lucette e quindi ve lo presento in versione diurna e notturna. 

Danila

AGENDA HELICON 2021 di ROBERTO DI PIETRO




Tutto appartiene agli altri

         tranne il tempo, che è un bene solo tuo…

                          …ogni ora che passa esce dal tuo forziere

                                          e va a far parte del dominio della morte…

                                                                (Lucio Anneo Seneca)


…com’è difficile trovare l’alba 

dentro l’imbrunire… 

(Franco Battiato) 

Ah, perché la Disgrazia

non fu mai sazia di parole!

(W. Shakespeare/R. V. Di Pietro – Riccardo III)


AVE,  CORONAVIRUS, CAPTIVI  TE  SALUTANT

(dopo la rilettura 

di un’ Epistula ad Lucilium)


Tu t’accorgessi almeno, sbeffando, che si muore

un poco ad ogni sosta davanti a un orologio

presente in ogni stanza: spettrale! ovunque accanto! 

col sole…con la luna…

di sera…di mattina!


E illuderci, ogni volta, che  Morte sia una farsa

remota?... da venire?...Laddove  Lei, all’istante,

in barba ad ogni morbo plebeo o coronato,

dal dì che il Tempo nacque

sta già alle nostre spalle.

(aprile 2020)


********* 

This earth I saw within the universe;

with a shudder, I sensed it in the sky!

And myself I beheld small and astray,

roaming among the stars upon a star.

(G. Pascoli/Roberto V. Di Pietro)


???  C O V I D  19  !!!

 

(a relentless nightmare)


Your body stiff and cold and motionless…

and you?…Oh you!…Poor soul…dangling aloft --

a dismal helpless ghost 

just looking on.


Hey, there…old breathless you! You’ve lost your sense 

 of smell?... and taste?... Forget it,  close your eyes:

the less you watch, 

the better the surprise.

(November 2020)


…in confinio duorum populorum, 

simul ante retroque prospiciens…

(Francesco Petrarca – Rerum memorandarum)


Molti han giustizia in cuore, e tardi scocca

per non venir sanza consiglio a l’arco;

ma il popol tuo l’ha in sommo de la bocca.

 Molti rifiutan lo comune incarco;

 ma ‘l popol tuo sollicito risponde

sanza chiamare, e grida: “I’ mi sobbarco!”

(Dante Alighieri -- Purgatorio, VI)

 

“Oh misera, misera patria mia! 

Quanta pietà mi stringe per te

qual volta leggo, qual volta scrivo

cosa che a reggimento civile abbia rispetto.”

(Dante Alighieri – Convivio, IV, xxvii)


Rubando fiori al chiaro di luna,

a destra e a manca me ne scuso,

ma non mi dichiaro colpevole.

(Nicanor Parra – Frasi memorabili)


“Chiamalo un controsenso, se ti pare,” disse,

“ma certe volte ho sentito dei controsensi in confronto ai quali

questo  sembra essere pieno di senso

come un dizionario.”

(Lewis Carroll – Attraverso lo specchio)




Sia un cataclisma, sia una pandemia…

sodali e solidali solamente

fra loro i lestofanti? Ovunque, sempre,

ladroni inveterati?... E quanti in fila

a dirsi immiseriti! Ah, spudorati,

a mendicare qualche regalia!


E a che volerti affliggere?... Se un OGGI 

(ignominioso e buio…più che mai?...)

 è puntualmente ancora quel FUTURO 

che  IERI t’auguravi – oh, n’eri certo! --

sarebbe stato meno…meno…o almenooo…

a un dio piacendo, almeno un  po’…

diverso. 

(agosto 2020)


 Je ne reconnais plus

ni les murs ni les rues

qui ont vu ma jeunesse…

(“La bohème” – Charles Aznavour)

Mi ‘v parlo ‘d coj ani

che ij giovo’d vint’ani

a ricorderan nen…

(“Porta Pila” – Gipo Farassino)


Torino, città di nettari sepolti…

(Renzo Guerci)


SENZA TRADIRTI


Non sei più tu. No, non ti riconosco:

ti sei tinta di rosa! e verde! e cremisi! 

le chiome che fluivano discrete

sulle tue spalle erette di Signora 

vestita con regale austerità.

Segui la moda?... E ahimè, ti sei imbruttita

ogni lembo di pelle con tatuaggi!

e anelli! e spilli!… e sfregi così turpi 

che, forse, solo gli Unni sanguinari

(o i Maya più ispirati?...) li direbbero    

fulgidi guizzi di ‘creatività’.


Non sei più mia, ma non ti disconosco.

Chino su un vecchio diario, ad occhi chiusi,

intatta ti ripenso… -- e fatalmente

risorta, ti possiedo: a te mi stringo, 

Madre benigna, come quando in fuga

dal Nilo egizio che mi vide infante

giunsi  alle rive di quel Grande Fiume

che il grembo ti feconda numinoso:

misterico altrettanto, e a me propizio

nel suo pulsare che confonde il Tempo,

stempera gli anni, ne addolcisce il solco.


Memoria estrema dei miei primi affetti,

passioni e affanni e gioie inesprimibili,

tale mi resti: pur se ormai m’appari

spogliata d’ogni grazia primitiva,

senza decoro, urbana gentilezza,

senza più traccia dei tuoi umori antichi,

nient’altro che un’odierna donnicciola 

scurrile, greve, oscena in corpo e spirito,   

per nulla al mondo io ti rinnegherei:

fra le tue braccia -- oh, quelle… d’altri… tempi…--

so che mi spegnerò 

senza tradirti.

(marzo 2020)

Turpe senilis amor

(Ovidio)  

Tutto è tentazione per chi la teme

(Jean de la Bruyère)

Cedere alla tentazione 

è l’unico modo per resisterle 

(Oscar Wilde )


Er più mejo attrezzo

che fece Gesucristo ar padr’Adamo…

(Giuseppe Gioacchino Belli)


V’è nella sensualità una sorta di allegrezza cosmica

(Jean Giono



Sussulto dei sensi sopiti: e nel letto

t’assale quell’ultima audace antipatica

mosca ottobrina

che a un tratto s’affaccia nel cuor dell’autunno:

sbucata dal nulla, ronzando ronzando

ti viene a svegliare: molesta e cocciuta

  si posa sul naso!…sul mento!…sul collo!…

Ti vellica e ovunque ne soffri il prurito.

 Imprechi spostando le coltri,  sperando

che molli, che vada per sempre, sparisca!


Ma più la respingi, vieppiù ti tormenta:

se un po’ la minacci,  per finta scompare;

poi torna e, spavalda, si piazza di fronte:

si libra e, di colpo, t’approda sul petto:

spalanca un ocello eee… sembra osservarti?... 

No, pare (dio santo!) ti stia a giudicare:

più in qua s’avvicina, sorniona, e ti fissa!

Chissà ti derida?...O che si rattristi 

di tanto immorale tuo assurdo rifiuto

d’un piccolo 

        estremo 

ricordo 

                          d’estate.

(ottobre 2020)

 

 Sogni e favole io fingo; e pure in carte

mentre favole e sogni orno e disegno,

io lor, folle ch’io son, prendo tal parte

che del mal che inventai piango e mi sdegno.

(Pietro Trapassi – Metastasio)

…le vecchie parole sentite

 da presso con palpiti nuovi…

(Giovanni Pascoli — La Poesia)


…ma per restare là dov’è ottimo

restar, sul puro limpido culmine,

 o uomini; in alto,

pur umile: è il monte ch’è alto.

(Giovanni Pascoli – La Piccozza) 


Grande-piccolo, bianco-nero, freddo-caldo

al loro massimo grado di opposizione

non sono che contrasti di polarità.

(Johannes Ittin – Farbkreis, Arte del colore)






Musica ambisci?... E istoriato Pensiero.

Ma, pur con voce sommessa, sai dirti

qual sia il colore dell’Arte in cui credi?


Ombra non sei, né iattanza di luce: 

stai in quell’opaca radiosa immanenza

 che 

parimenti

 nel nero e nel bianco

 in sé comprime le tinte e squaderna

la tavolozza 

                     dell’arcobaleno.

(novembre 2020)