ORIGO
Quando il mondo non canta e ti vesti da negromante
Quando il passato ti ingaggia per scovare la crepa
Queste infiltrazioni impari a credere tuo regno
Questa musica tua creazione
Quando ti affacci, la mano pendula, al formicolio di uno schermo
Il megafono fra le costole parla da molti ombelichi
Servo senza brame, abitacolo
Piatto offerto in pasto a un ospite negligente
E un vigneto di tasti sbiaditi pigi
Impronte su cui ognuno zompettò
Per meglio ingannare il fiuto dei posteri
Il Nemico alle spalle
Strategie dell’arte di arrangiarsi
Quando la notte risale la china della pupilla
Il sonno disturba il sonno
Il giorno disturba il giorno
Allora
La petulanza dell’ultimo pidocchio
Rarefatta si tacque
Di candido stupore tingendo
Il campo di battaglia e il credo
Mentre, soffocando le risa, pontificavi già:
“Mai pelle fu sotto queste bende, figli miei
Che più non ci si adoperi a leggere i geroglifici del globo
Che almeno il seme sia sottratto al cerchio della maledizione
Scemata:
Restituito alla vanità”
Coucou Sèlavy!
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