Allora, Danila
amore mio, ti dirò che, visto che mantengo sempre le mie promesse, in settimana
avrai quello che manca
alla "LEGGENDA".
Naturalmente a meno
che io non muoia stanotte, prima del prelievo, o domani dopo il prelievo, o
magari durante (questa la vedo difficile, non sono così
impressionabile). E' più facile che muoia per fame di mancanza di cibo.
In questo
deprecabile caso che ho descritto in 3 tempi, di cui io finalmente non saprò
nulla, pensa alla fortuna, allo scoop: Pubblicherai postuma
"LA LEGGENDA" e anch'io diventerò una leggenda e tu con me.
Non ho mai capito
perché, ma gli autori morti all'improvviso hanno un grande fascino sul
pubblico.
Forse perché
improvvisamente si accorge che sono
esistiti e che hanno scritto tanto e tanto, qualcosa per ciascuno di loro? E come si sono permessi, questi autori morti
improvvisamente, di essere stati in vita così silenziosi? E giù a comprare i loro libri, a spionarne la vita, la storia, gli
amori e...
Peccato che prima
che tu venga informata del mio 'passaggio', trascorrerà molto e moooolto tempo,
visto che non hai nessun contatto con i miei parenti e con i miei amici.
Be', se il caso si
darà, ti arrangerai, Danila.
E così, anche
questo pezzo sulla mia eventuale morte è fatto. Mi sembra anche buono.
Non pensarci.
Angie
Ok, tesoro mio,
questo pezzo l'ho salvato e lo metteremo,
visto che è un gioiellino, come introduzione alla Leggenda Dolce Marjana. Che
ne dici...l'ho salvato e infilato nella cartella al dolce dedicata, attendo
quanto mi hai promesso, e poi partiamo per la tangente...tu intanto vedi di non
farti rapire da Madama vestita di nero, perché mi sei troppo cara, per perderti
prematuramente! Caspita...per una serata di digiuno...che fa bene alla salute,
ti sei immaginata questa imminente tragedia! Sto ridendo, sei uno schianto!
Buona notte, a letto presto, mi raccomando, ci
sentiamo domani dopo il prelievo e una buon cappuccino con brioche! O quel che
ti piace! Dani
ll digiuno fa bene
a chi mangia troppo, come te per esempio. Non fa bene a chi mangia poco e
spesso e così deve saltare
un pasto (quello delle 3-4 del mattino) e non fa bene ai diabetici (e io lo
sono).
A letto presto ci
sono andata stanotte (1 e 30) col bel risultato di restare sveglia per un'ora
intera. Dopodiché mi sono alzata, ho mangiato un
biscotto e un po' di pane e robiola e ho dormito fino alle 7.
In quanto alla
Morte, io me la immagino vestita di bianco, se viene da me vestita di nero mi
verrebbe da ridere probabilmente, mi sembrerebbe che
recita. "Lei non ne ha bisogno, Signora, fa già paura sapere chi è e per
chi è qui. Dica, è venuta proprio per me?"
No, secondo me la
Morte si veste di bianco, perché arrivati a quel punto (in punto di morte),
secondo me si ritorna tutti bambini indifesi e ci si affida, invece che
alla Mamma, alla sorte. Come sarà? dolce e gentile, spero, come si conviene a chi ci toglie via dalla vita e in qualche
modo, quindi, ci appartiene.
Abbiamo portato
sempre con noi entrambe e hanno combattuto molto. Seguendo il Tempo, i
nostri Compleanni, il Calendario, ci sembra che quel che
siamo comincia con V e finisce con M, ma può essere che è vero il Contrario.
Ciao, Danila
Angie
L'ironica, istrionica Angela Fabbri, ha preceduto l'invio della sua Leggenda, che troverete qui sotto e che ha avuto la Menzione d'Onore dal Premio Pegasus, con la simpatica presentazione che contiene una grande verità: molti validi autori, oggi, non riescono ad ottenere, in vita, i meriti che spetterebbero loro. Certamente non ho atteso che Angie se ne volasse via, da questa vita, per pubblicare postuma la sua splendida Leggenda, considerato che il merito l'ha ricevuto ora e non ...poi. Eccola! Danila Oppio
Davanti a me c’era una distesa marrone di terra, i pochi
alberi erano naturalmente magri e tutti spogliati dall’inverno.
Anche il cielo aveva perso l’azzurro eppure non c’era una
nuvola ma una luce bianca e allucinata faceva male agli occhi e s’intorbidava
con frange d’umidità dello stesso colore della terra.
Attraversai quel marrone che mi s’infilava nel cuore.
<< E avvenne allora che un giovane principe, unico
erede di un piccolo povero trono dei
dintorni…>>
Queste parole mi furono portate dal vento che correva nella
pianura desolata e mi sospingeva la schiena.
Ero entrata nella
LEGGENDA DI
DOLCE MARJANA
E avvenne allora che un giovane principe, unico erede di un
piccolo povero trono, decise di visitare i luoghi e le persone che un giorno
sarebbero dipesi da lui.
Recò con sé, come conforto nel viaggio, solo l’armonia della
sua casa, del suo papà e della sua mamma.
E andò a piedi, in incognito, coperto da una mezza mantella,
in quel proseguire d’inverno bagnato dalla pioggia, per quella terra di colore
marrone come di marrone era spennellato il cielo e tutto intorno a lui.
“ Ma, più che campi malcoltivati, questi sono campi
abbandonati! “ disse con sconforto.
“ Quanti lavori ci sono da fare adesso che è inizio
primavera! Questo è il tempo giusto “
‘ Era il tempo giusto ‘ disse una voce che cantilenava dolcemente.
“ Chi sei tu? “ e il principe in incognito si rivoltò
assieme alla sua mezza mantella che si arricciolò attorno a lui.
‘ Solo una voce di qui. E ho guardato anch’io come te tanto
tempo fa. Ma questa gente, che è la mia, ha smesso di guardare. E quindi di
vedere. Dicono e ripetono che il mondo si è dimenticato di loro. Così gli
animali sono morti per mancanza di cure e alla fine di malattia. La terra non
ha più dato frutti. E si è inaridita ‘
“ Ma se è bagnata di pioggia! “ disse il principe Nigel (da
ora in poi lo chiameremo così), allargando le braccia.
‘ La gente vede solo quello che vuole vedere ‘
E Nigel si accorse che accadeva anche a lui. Era solo, nella
campagna bagnata di marrone. Nel cielo dello stesso colore. Che cominciava a
entrargli dentro ai vestiti e anche più dentro.
Alzò gli occhi sulla voce.
Era seduta su un sasso. Con lo sguardo fisso davanti a sé.
” Sei tu che hai parlato? “ e le si avvicinò.
‘ Ho detto qualche parola, sì ‘ alzò la testa e Nigel vide
un volto pallido, affilato e non riuscì a coglierne il colore degli occhi. In
quanto ai capelli, la ragazzina magra li aveva lisci e legati dietro a coda di
cavallo. Ma tutto era del colore della campagna, marrone, non c’erano altri
colori.
“ Non puoi portarmi tu da qualcuno di questa gente, così che
possa capire anch’io quello che vede? “ disse dolcemente Nigel, anche se ormai
lo sapeva da sé, “ O quello che non riesce a vedere. E poi cerco un rifugio per
questa notte “
La stessa voce, dolce di un’antica armonia, gli rispose ‘
C’è casa mia ‘ e si alzò su dal sasso a cui sembrava saldata e lo guardò e lo
squadrò tutto intero, analizzando anche i peli della barba che stavano
ricrescendo dalla mattina. ‘ E poi… Oggi è Pasqua ‘ e si mosse con una velocità
insospettata, trainandoselo al seguito.
“ Ma, non avete davvero niente, qui? “ le domandò Nigel,
quando riuscì ad affiancarla durante il tragitto.
‘ Non abbiamo niente ‘ e si fermò, tremando un poco sulle
gambe e di nuovo lo guardò, tutto quanto, dalla cima dei capelli alla punta dei
piedi. Lei, fragile e così dis-messa.
“ E questa tua voce dolce, il suo accento… Le tue parole
sono quasi musica per me “ insisté Nigel.
‘ Forse sei uno straniero? ‘
“ No. Io sono nato qui. Ma forse il tono della tua voce, il
suono, la dolce armonia appartengono a un dialetto che non conosco “ rispose
Nigel, che si guardava intorno e tutto era solo una distesa pianura desolata
senza alberi e senza una casa.
‘ La mia è piccola. Quasi non si vede perché è dello stesso
colore della terra. Ma, ecco, c’è un po’ di fumo che esce dal buco del tetto.
Perché c’è il pranzo. Oggi è Pasqua ‘
Nigel la guardò e all’improvviso sentì che aveva fame,
freddo e bisogno di compagnia e che non era più in grado di fare domande, ma
solo di ascoltare e guardare. Insieme sentì che anche lei provava le stesse
cose e, semplicemente, glielo domandò e glielo domandò chiedendole il suo nome
per poi dirle il suo.
‘ Io… sono Marjana ‘
E Nigel cercò di vederle gli occhi, il loro colore, ma, per
quanto si spostasse, a destra e a sinistra o dal basso, non riuscì a trovarli.
A quel suo dispiacere lei rispose ‘ Vuoi che ti guardi? Ecco
‘ e gli fissò gli occhi negli occhi con severità e rimprovero come se Nigel
avesse voluto toglierle a forza un segreto. E in quell’attimo la dignità
rientrò in lei, si rimpossessò della sua figura, della sua postura: adesso
Marjana lo guardava fiera negli occhi, quasi spavalda negli occhi. Ma buttò
subito via tutto quanto dalle spalle, ritornò curva, si rigirò e lo condusse a
destinazione.
Dentro casa tutto era grigio, il colore del fumo e le sue
ombre dominavano ogni cosa, dai muri alle sedie al tavolo da pranzo al divano
che compariva solo perché vi era steso sopra un telo colorato.
La mamma di Marjana era triste fino in fondo agli occhi che
offriva allo sguardo forse solo per essere certa di esprimere compiutamente la
sua propria tristezza.
Il figlio più grande, poco più di un ragazzo, era una figura
lunga lunga che si confondeva con le ombre sui muri, avvinto da una piccola
PlayStation con cui giocava ininterrottamente.
Che Marjana, nonostante l’energia che a tratti mostrava,
fosse preda di un’infinita tristezza, a Nigel era già evidente da un pezzo.
Solo la figlia piccola metteva un po’ di vivacità in quella
casa, chiacchierando continuamente e
manipolando una gattina rossa, molto carina, che lo guardò
con occhi vivi e pensosi.
Ecco, questa era tutta la famiglia e la casa di Marjana e
Nigel, che aveva visto posti più belli e più brutti, trovò che la parola
desolazione esprimeva tutto il suo sentimento.
I cibi che gli vennero offerti erano semplici ma caldi e il
sorso di un vino tenuto da parte per tanto tempo e aperto solo per lui, lo
confortarono un po’.
Poi Marjana portò in tavola il dolce ' Questo lo faccio io ‘
disse semplicemente.
A Nigel si strinse il cuore al solo vederlo. Era una piccola
distesa marrone di pandolce cotto nel forno. Ritrovava così dentro casa lo
stesso colore del mondo esterno.
Lo osservò a lungo, nella penombra della stanza, mentre ne
tagliavano una fetta dopo l’altra, e prima di assaggiare la sua.
Eppure… eppure qualcosa c’era, sì, c’era un sorriso dentro
il dolce, un sorriso chiuso dalla superficie scura che lo ricopriva di
corteccia d’albero invece di semplice crosta di pane, un sorriso che prometteva
una dolcezza timida e scontrosa ma una sicura dolcezza.
Lo sciolse un po’ nel calore della bocca, lo sparse e
l’ascoltò sempre zitto, lo sentì, lo pensò e poi si accese la lampadina: il suo
fascino era di non avere nessun fascino, come Marjana. Quel dolce era lei. E,
come lei, aveva solo bisogno di essere guardato, ascoltato, sentito, ricordato.
Adesso aveva superato il suo aspetto dis-messo e guardava Nigel, che vide
improvvisamente il dolce, e Marjana, in tutt’altra luce.
“ E’ buono! “ disse “ Anzi, è molto buono! Si sente il
miele, la farina gialla, le noci sposate ai pinoli, quello che gli manca è una
buona presentazione che lo tolga dalla sua povertà! “ e sentì l’approvazione di
Marjana al suo fianco. Poi, molto lentamente, girò la testa a sinistra e la
guardò.
Marjana mostrava adesso un profilo orgoglioso come Nigel lo
era di lei.
Il giorno dopo, durante il viaggio di ritorno a casa, a
cavallo di un cavallo prestato dalla gente del paese, continuava a pensare a
quel dolce e al gusto di quel dolce e all’aspetto di quel dolce, e a Marjana. E
cavalcò più forte e più in fretta.
Una volta arrivato trovò le ultime gemme rimaste sul fondo
di un paniere, le gemme che sentiva adatte a arricchire il piccolo dolce
povero. Furono recapitate a Marjana che ne fece buon uso.
E un giorno Nigel tornò.
E trovò di sorpresa Marjana che impastava davanti a un forno
gigante, circondata da innumerevoli copie del suo originario dolce.
“ Vedo che ti sei procurata altre gemme. Quelle che io ti ho
mandato erano le ultime rimaste in casa “ e le sorrise con umiltà.
‘ Oh, Nigel, tu sei… sei…’ disse, guardandolo, forse più lui
del dolce che le impastava le mani, e domandò ‘ Come lo chiameremo? ‘
E allora il principe ancora in incognito rispose “ Lo
chiameremo come sei tu, dolce Marjana “
La voce di questo dolce si sparse per le contrade con
l’aiuto del vento che, dopo averne aspirato
l’aroma, se ne occupò personalmente.
E Marjana dovette sfornare molti e molti di questi dolci che
portano il suo nome, tanti che dovette cercare degli aiuti e i giovani
apprendisti che trovò furono all’altezza del compito.
Così il popolo tanto dimenticato dal mondo da aver
dimenticato di essere un popolo, senza terra da coltivare e senza animali da
allevare, ritrovò la dignità del lavoro.
“ La gente di qui… e di là “ disse Nigel, sorridendo con
orgoglio a Marjana “ Adesso vede tutto in un altro modo “
E le gemme donate da Nigel erano poi solo… frutta candita.
Angela Fabbri
(Ferrara CNN marzo
2013)
" Nel 2013 la favola ha partecipato, fra altre 1200, al 46° Premio Hans Christian Andersen Baia delle Favole ".