Si tratta di una antica leggenda, che lo scrittore Paulo Coelho ha ripreso, nel suo lungo romanzo L'Alchimista.
La Madonna, con il Bambino Gesù fra le braccia, aveva deciso di scendere in Terra per visitare un monastero. Orgogliosi, tutti i monaci si misero in lunga fila, presentandosi ciascuno davanti alla Vergine per renderle omaggio.
Uno declamò alcune poesie, un altro le mostrò le miniature che aveva preparato per la Bibbia e un terzo recitò i nomi di tutti i santi. E così via, un monaco dopo l’altro, tutti resero omaggio alla Madonna e al Bambino.
All’ultimo posto della fila ne rimase uno, il monaco più umile del convento, che non aveva mai studiato i sacri testi dell’epoca. I suoi genitori erano persone semplici, che lavoravano in un vecchio circo dei dintorni, e gli avevano insegnato soltanto a far volteggiare le palline in aria.
Quando giunse il suo turno, gli altri monaci desideravano concludere l’omaggio perché il povero acrobata non aveva nulla di importante da dire e avrebbe potuto sminuire l’immagine del convento. Ma anche lui, nel profondo del proprio cuore, sentiva il bisogno immenso di offrire qualcosa a Gesù e alla Vergine.
Pieno di vergogna, sentendosi oggetto degli sguardi di riprovazione dei confratelli, tirò fuori dalla tasca alcune arance e cominciò a farle volteggiare, perché era l’unica cosa che egli sapesse fare.
Fu solo in quell’istante che Gesù Bambino sorrise e cominciò a battere le manine, in braccio alla Madonna. E fu verso quel monaco che la Vergine tese le braccia, lasciandoli tenere per un po’ il Bambinello.
Dalla Postfazione de L’Alchimista di Paulo Coehlo
Dedicata a Rina Brundu
Dedicata a Rina Brundu
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