L'Associazione culturale Caffè delle arti ha indetto il concorso di cui al titolo. Ho partecipato con il mio racconto SAMIR che è stato scelto per entrare a far parte dell'antologia omonima.
Il concorso era finalizzato a scopo benefico, per aiutare "I bambini di Antonio" Qui sotto il loro volantino.
FINALISTI MERITEVOLI DI PUBBLICAZIONE E
INSERITI NELL’ANTOLOGIA
A tutti gli autori selezionati: attestato di pubblicazione
personalizzato
Mariela Ramos Criscuoli di
Albenga (Savona) con LA GARA
Gloriamaria Pizzichemi di
Roma con BABAU, STORIA DI UNA
MARIONETTA
Andra Mauri di Roma con UNA CAPRESE AL CAFFÈ GRECO
Patrizia Fiori di
Piombino (Livorno) con L’ALBERO
MANO
A BORDO DI UN SOGNO
Margherita Pizzeghello di
Rosolina (Rovigo) con CINQUE
DITA SUL MIO VISO
Danila Oppio di Legnano
(Milano) con SAMIR
Grazia Marchesini di
Foligno con UN BAMBINO VENUTO DA
LONTANO
Marco Managò di Roma con IL PESCATORE DI SOGNI
Omaima Marfoq di
Galliera (Bologna) con STELLALUCE
E LA PIUMA MAGICA
Michela Cinque di
Carosino (Taranto) con IL RE, IL
MENDICANTE E IL MAGICO DONO
Cristina Trimarco di
Torino con SEMAFORO A COLORI
Teresa Martino di
Melicuccà (Reggio Calabria) MARCO E
IL BOSCO MAGICO
Eugenia Grimani di
Roma con LA VOCE DI MADRE NATURA
Maria Rosaria Belfi di
Signa (Firenze) con NONNA ADALGISA E LE FATE
SAMIR
Questa
non è proprio una favola, ma forse qualcosa di più!
Una
manciata d’anni fa, Federica si recò in Siria, perché si ricordava che il padre
di una sua amica d’infanzia, Amina, era nativo di Damasco, e quella Nazione le
rimase nel cuore. Atterrò ad Aleppo e proseguì in pullman verso Hama, Homs, Latakia,
Damasco e Palmyra. E qui le accadde qualcosa di molto particolare.
Il sito
archeologico di Palmyra, il cui nome significa luogo delle palme, un’oasi
immersa nel deserto siriano, era a dir poco spettacolare. Il lungo cardo
romano, fiancheggiato da alte colonne, l’anfiteatro eretto da Diocleziano, il
Tempio di Baal, e tante altre vestigia storiche, la affascinarono. Il caldo era
piuttosto intenso, ma quasi non se ne
avvide.
In quel
sito archeologico vi sostavano dei beduini con bianchi cammelli, bardati di
briglie, e sottosella multicolore, come solo certi tappeti orientali possono
esserlo. Non ci mise molto a decidere di cavalcare uno di loro, e salì in
sella, tenendosi stretta al cammelliere. Un giro tra i resti romani, al
tramonto, che non dimenticherà mai.
Una
volta scesa dal cammello, gli vennero incontro nugoli di ragazzini, che
vendevano oggetti artigianali. Con loro c’erano molti bambini piccoli,
bellissime creature dalla pelle ambrata, dagli occhi grandi e colmi di
meraviglia.
Uno di
questi, Samir, la prese per mano e le disse:
“Umm!”.
Federica al primo momento non comprese, perché
conosceva la lingua araba solo in forma rudimentale. Samir le strinse ancora
più forte la mano, e ripeté:
“Umm!”.
Allora le tornò alla mente quel vocabolo:
Samir la stava chiamando “mamma”.
Gli
rispose:
“Non sono
la tua mamma, corri dalla tua”:
Il
bambino dimostrava quattro o cinque anni. Aveva quello stupendo incarnato dei
popoli mediorientali, e due occhioni verde smeraldo che la fissarono con
intensità. I suoi capelli erano castano chiaro, che al sole assumevano riflessi
quasi biondi. Si avvicinò un ragazzo che parlava un po’ d’inglese. Federica
chiese a lui, chi fosse quel bambino, e le rispose che era il suo fratellino.
“Quanti anni ha?”, chiese la turista.
“Sette,
rispose il fratello maggiore”.
“ Mi
spieghi perché mi chiama mamma?”.
“Lui vuole venire con te, a casa tua!”
“Ma non
abito in Siria, la mia casa è molto lontana, oltre il mar Mediterraneo”. “Se tu
lo vuoi, puoi portarlo con te”.
Rispose il ragazzo. “E’ impossibile, ci
vogliono documenti che non possediamo, e poi sua madre che dirà?”.
” Lei ne
sarà felice”.
“Come può essere felice una madre, che si
priva di un figlio?”:
“Prendilo,
tu gli piaci, chiamerà mamma te”!
Federica
lo avrebbe portato con sé molto volentieri, il bimbo era carino, gentile, e
pareva essersi attaccato a lei con tenacia. Non le lasciava la mano neppure per
un istante. Faticò parecchio a spiegare che un bambino non era un oggetto che
si poteva portare in altro luogo, senza documenti o permessi particolari. Che
un bambino deve stare con la sua mamma.
Il
piccolo Samir la guardò con un’espressione delusa, due lacrime spuntarono
all’angolo di quegli splendidi occhi e anche Federica si allontanò con il cuore
addolorato. Non si poteva però fare altrimenti, quella era l’unica soluzione
ragionevole.
Nei
giorni che Federica trascorse in Siria, gli ultimi a Damasco, succedevano cose
un po’ strane. Qualche sporadico sparo, che fu spiegato dalla guida locale, come
una rappresaglia di piccoli gruppi di ribelli al regime di Assad.
Federica
rientrò in Italia, ma le rimase nel cuore quel piccolo Samir.
Le
informazioni sulla situazione siriana divennero sempre più tristi e lei,
ascoltando le notizie del TG o leggendole sulla stampa, si chiedeva se quei
bellissimi bimbi che aveva accarezzato in Siria, e Samir in particolare, non
avessero subito torti di alcun genere. Se fossero riusciti a salvarsi.
Comprese
così che un motivo c’era, e di una certa rilevanza, se quella madre beduina,
quei fratelli di Samir, si ostinarono nella richiesta di portare il piccolo in Italia. Forse
avevano intuito qualcosa e volevano salvare almeno lui.
Federica
decise di visitare il luogo italiano dove erano sbarcati gli immigrati siriani.
Chiese
se vi fosse un certo Samir, di circa 15 anni. Ve ne erano più d’uno. Samir è un
nome molto diffuso nei Paesi arabi. Chiese di incontrarli. Quasi tutti avevano
gli occhi neri…ma uno, piccolo di statura, possedeva due smeraldi che la
guardavano con un’espressione frammista di curiosità e di perplessità. Ma poi
le corse incontro, le prese la mano e disse: “Umm!”.
Federica
aveva finalmente ritrovato il “suo” Samir.
Danila Oppio
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