Vuoi
un autografo? Non ci penso nemmeno!
Non mi è mai piaciuto chiedere autografi a personaggi noti. Non ne
vedo il motivo. Uno svolazzo su un foglio, che poi magari si perde? E che me ne
faccio? Al massimo, mi sarebbe gradita una dedica firmata, su un libro scritto
da un buon autore. Non altro.
Per questa ragione, non ho mai rincorso attori o attrici, né tanto
meno cantanti, per avere uno
scarabocchio su un pezzo di carta.
Ci sono poi le groupie,
fan molto giovani
(anche minorenni), le quali, oltre ad amare particolarmente la musica di un
certo rocker o addirittura di diversi artisti, li seguono nei loro tour,
irresistibilmente attratte dal loro carisma, diventandone infatuate
sostenitrici e intime amiche. Peggio che mai!
No, io sceglievo l’esatto contrario.
Nella mia vita ho incontrato
personaggi famosi, per caso, non certo perché li abbia voluti avvicinare. E
ricordo volentieri certi “incontri ravvicinati del terzo tipo” che qui di
seguito racconto quali spassosi aneddoti.
Milano, anno 1962. Mi trovavo in
via Edolo, una parallela della via Gluck, resa famosa dalla canzone di
Celentano “Il ragazzo della via Gluck”.
L’anno prima, Celentano salì alla ribalta con “24 mila baci”. Andai, un
giorno, a trovare Alba, una mia amica, e uscimmo a prendere un gelato alla latteria
vicina. Mentre gustavamo il nostro gelato, incrociammo Celentano che ci chiese
ridendo: “posso dare una leccatina al vostro gelato?”
“Non ci penso nemmeno!” Gli
risposi. Qualche tempo dopo andai ad un suo concerto, organizzato dalla rivista
per ragazzi “Ciao” al Palalido, che fu demolito
nel settembre del 2012.
Stesso anno, inverno. Passeggiavo
in via Monte Napoleone con l’amica Nella. Nevicava a larghe falde e i tettucci
delle auto parcheggiate, carichi di neve, invogliavano a prenderne un po’, farne palle
da lanciare sui passanti. In quel momento transitava, sul marciapiede opposto
al nostro, Corrado Pani, che era in attesa del figlio concepito con Mina. Il
fatto, a suo tempo, aveva suscitato un grande scandalo, poiché era ancora
sposato con la Monteduro. Oggi chi si impressiona più su fatti di questo
genere? Massimiliano nacque nell’aprile del 1963. Cosa c’era di meglio e più divertente
da fare, che bersagliarlo a palle di neve? Si è incazzato non poco, e noi
ridevamo a crepapelle! Altro che chiedergli un autografo!
Anno 1968. Sono in giardino a
sferruzzare. Passò Walter Chiari, che si stava recando da un impresario
teatrale, presso lo studio accanto. Si avvicina e mi chiede: “Cosa stai facendo
di bello?”. “Un golfino per me!”. “Ne
fai uno anche a me?” – “ Come no?” - gli risposi – “ Non so neppure se riesco a
finire questo!”. Si mise a ridere, ed io
continuai nel mio lavoro.
Raccontai ad Angie qualche
dettaglio dei miei contatti con l’ambiente teatrale. Di come avessi conosciuto personalmente alcune
compagnie teatrali che a quell’epoca erano in voga e “facevano cassetta”, come
per esempio Paola Quattrini, Pino Caruso, Walter Chiari e Alida Chelli, Mimmo
Modugno, Vittorio Mezzogiorno (il padre dell’attrice Giovanna Mezzogiorno,
deceduto prematuramente), Paolo Mosca, Tieri e Lojodice e molti altri, giovani
e meno giovani. Non ho inteso atteggiarmi da snob ma, molto più semplicemente,
durante la mia gioventù, quelli erano gli attori con le loro compagnie, a
calcare le scene al Teatro Manzoni e al Teatro Sant’Erasmo di Milano. E quindi
sono le persone che ho incontrato. Come li abbia conosciuti, questo è un
particolare che non amo rendere pubblico. Ma non ho mai chiesto loro un
autografo. Non mi interessava. Per me
era gente che svolgeva la propria attività, così come un avvocato si occupava
di faccende legali, un ragioniere di cose amministrative, un architetto di
edilizia, e un operaio di far funzionare i macchinari della fabbrica dove prestava
il suo lavoro. E forse si chiede un autografo agli avvocati, agli ingegneri,
agli impiegati o agli operai, oppure ai commercianti? Non si è mai visto.
Danila Oppio
Danila Oppio
Ecco la risposta dell’amica? Angie
E tu, piccola deficiente, hai avuto la fortuna di vivere le prove in
teatro, di esserci dunque completamente, a teatro, e non hai portato a casa
nulla di questo?
Ma con che coraggio me lo vieni a dire, che io scrivo per il teatro da
sempre, io stessa sono teatro, come ben sanno tutti quelli che mi conoscono e
adesso sai tu. (ndr: lo sapevo già, di
questa tua passione, Angie!)
Non ci è entrato niente dentro di te, del teatro? Allora sei solo una
pallida creatura, piena di occasioni e di conoscenze, da cui non ha tratto
niente dentro di sé.
Ma che ricorda bene nomi importanti, te li scodella davanti come sempre,
non si sa perché.
Hai lasciato passare le stagioni (non solo quelle teatrali). Ma
cosa c'è in te? Dimmi, cosa sei tu?
Angie
Direi
che chi non conosce i retroscena della mia frequentazione negli ambienti di
teatro, non può sapere né tanto meno giudicare. Ho preso da molto tempo le
distanze da tutto ciò, i cui ricordi mi attraversano come uno tsunami di
amarezza.
Ciao Angie,
La piccola deficiente, quando era una ragazzina, era solo una spettatrice,
come tanti altri.
Amo il
teatro e non solo quello dove si va ad assistere a uno spettacolo, ma anche
quegli spettacoli registrati che, quando ero bambina e ragazza, seguivo alla
TV. Parlo di Carlo Goldoni, di Molière, di Ibsen, di De Filippo, Pirandello,
Fo, Eugene O’Neill, George Bernard Shaw soprattutto. Ne ero affascinata.
Poi, come
ti ho raccontato, l'ho vissuto più da vicino, ma cosa avrei dovuto apprendere, ammirata,
se non la bravura degli attori. Che apprendere da loro, proprio io che mi
intimidivo se dovevo dire qualcosa in pubblico? O, meglio, dagli autori? Ho
imparato questo dal teatro: che non ero tagliata per farlo. Ma ho appreso anche i capricci degli
interpreti, quel sentirsi divi a tutti i costi, quel tirarsela tanto. E ancora:
quella tremenda abitudine di prendere cose strane: droghe leggere o
psicofarmaci, per restare svegli e vincere il panico del palcoscenico. Quel
bere smodato. Anche questo rovescio della medaglia, l’ho conosciuto.
Quella
convinzione da super-ego, che donne o uomini sarebbero stati disposti a tutto,
pur di trascorrere una notte nel loro letto. Oh si, ne ho avute di proposte di
questo tipo, e non faccio nomi, perché non ne vale la pena, e spesso anche da
persone insospettabili. Ho sempre riso loro in faccia perché a quel tempo mi
piaceva snobbarli, e lo ripeterei anche ora, pur sapendo che la mia età li
terrebbe alla larga, e questo è un grande vantaggio.
Mi ha
piacevolmente stupito. La sua è una recitazione fantastica, inserita in lunghi monologhi affatto noiosi. E in teatro,
ad applaudirlo, c'era anche Dario Fo. Molto invecchiato, il Premio Nobel per la letteratura, vestito di
nero come un gufo, dalla camminata a piccoli passi, come di un vecchio in
pantofole.
Ed è, in
verità, un vecchio in pantofole.
Ma il suo
cervello porta ancora i pattini da ghiaccio, ghiaccio sul quale volteggia con
acrobatiche piroette.
Ecco cos’ha
da risponderti, Angie, questa piccola deficiente. Non so scrivere di teatro,
tanto meno testi teatrali. Come una buongustaia, mi affido al cuoco, mi siedo
al tavolo e mi gusto lo spettacolo.
E ieri
sera mi sono proprio divertita.
Lo spettacolo è stato trascinante, impregnato di sottile ironia. Una
presa in giro di tutti gli uomini politici che hanno governato nell'ultimo
cinquantennio la nostra povera Italia. Da Andreotti, ai vari Presidenti, sia
della Repubblica che del Consiglio:
Craxi, Berlusconi, e soprattutto Renzi. Taglienti libelli cuciti su di
loro. Non importa a quale partito
appartenessero o appartengono tutt’ora, tanto hanno cambiato bandiera tutti
quanti, seguendo lo spirare del vento più propizio. Una presa per i fondelli,
anche per quei giornalisti, definiti da Travaglio veri e propri leccaculo, che
non riportano notizie reali, ma innalzano agli altari personaggi che invece
dovrebbero essere sepolti nel loro stesso fango. Ecco da dove proviene il
titolo “Slurp”.
Tra-vaglio mi ha tra-volto. Teatro gremito, e
applausi da spellarsi le mani.
Questo è teatro. Teatro dove non
si raccontano fole per intontire e intortare la gente. E’ un teatro che fa
riflettere, che apre gli occhi e ti presenta la realtà a tutto tondo.
A Marco Travaglio avrei molto
volentieri chiesto un autografo con dedica, da inserire nel suo libro, che ho
acquistato ieri sera all’uscita dal Teatro Galleria di Legnano. Ma faceva
freddo, era mezzanotte passata, quasi 3 gradi sotto lo zero, e tanta voglia di
rientrare a casa e infilarmi nel letto, sotto una calda e consolante trapunta.
Danila Oppio
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