ALLA
SCUOLA DEL POVERO DIAVOLO
1
Avere oppure no gobbe di acqua salata da
nutrire con accortezza, desiderare segni, come barbari, sul corpo. Che l’alibi
di un marchio a fuoco condensi la violenza dell’uomo organizzato: macché!
Quella si barcamena su secche vicine alla riva, lontane dagli assoluti. In ogni
caso li procrastina, ieri come domani.
Abitare, delle stelle, le stalle, nelle stalle trovare stelle marine, lucciole
per lanterne per lucciole per lanterne. Che ognuno strisci senza sospiri di
sollievo, senza accomodarsi in celle frigorifere della buonora: macché! Troppo
stanco finisce presto per riposare al freddo eterno di nuove fiamme, ieri come
domani.
“Caddi misurando a passi veloci l’infanzia che se ne andava in ombra. Il mio
viso era così bello che qualcosa doveva deturparlo, quell’ombra stessa
prenderselo; non mi venne perdonata la corsa al vuoto, vollero essere loro a
spingermi, per intontirsi di giusto e colpa in girandole, per non dover vedere
attraverso di me, nemmeno nel ricordo, il fantasma della propria piccolezza
ereditata, accolta, tramandata”
E allora, povero diavolo, passa pure la vita a leccarti ferite inguaribili –lo
sai. E questa lingua corrosa ostenterai con orgoglio. Hai ancora tempo, non
allarmarti. Quando suonano le trombe, rammentalo, è solo un altro appello: le
liste d’attesa sono lunghe!
2
Indicavamo, ricordate, la stella più lontana,
forse solo la più piccola. E del nostro sguardo cosa resta se non il j’accuse
di rito col dito puntato a ben altro oramai, i mea culpa rotondi e risonanti di
petto? Noi contemplavamo i disegni col naso all’insù! E ci ritroviamo un naso
bitorzoluto, nient’altro, noi che non vediamo più nulla oltre la punta di
quell’estremità: ebbene, esso sarà il nostro ignoto. Naso, ecco tutto quel che
ci occorre. Col naso abbiamo imparato a sospirare per vomitare vuoti d’aria;
stringendo, per accomodarci in certi cantucci. Dal naso alla smorfia, il
grottesco che restituisce la turpe bellezza, la volgarità e l’innocenza –c’è
fin quando ci si crede, c’è solo quando non ci si crede - il comico del martire,
del filantropo, delle volontà del cielo. Una scuola a buon mercato, tutto è già
pagato, sebbene non lo sappiate. Venite, o rustici! Insegno a cadere in leggero
declivio, ho uno scivolo per voi. Ma tu, tu dovrai cadere… con le tue gambe,
per le tue gobbe –vanno nutrite con accortezza, e lo zolfo è così antiquato!
Fingeremo che così sia
Coucou, Sèlavy!
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