CANTO DEL VECCHIO GUASCONE
Oh, dove sarete mai, luride
Sere nate e pisciate al cielo
Ricordare che nulla mi ricorda più
Quelle ariose gare in levitazioni sonore
Battere, levare, le tende levare, salpare
Da postriboli profondi, più profondi del ghigno rituale
Che inondavano persino il lezzo spirituale
Certi magmi interinali in continuo moto
E nell’alito d’una vecchia troia
Trovavamo
La stanchezza incandescente del cosmo
Noi scatarravamo sui chiavistelli inquieti dei vostri incanti e disincanti
Vomitando viottoli per nuove avventure di già avariate
Cantando sempre e solo quel che non si sa più
Cantando sempre e solo di ciò che mai non fu
Sere nate e pisciate al cielo
Ricordare che nulla mi ricorda più
Quelle ariose gare in levitazioni sonore
Battere, levare, le tende levare, salpare
Da postriboli profondi, più profondi del ghigno rituale
Che inondavano persino il lezzo spirituale
Certi magmi interinali in continuo moto
E nell’alito d’una vecchia troia
Trovavamo
La stanchezza incandescente del cosmo
Noi scatarravamo sui chiavistelli inquieti dei vostri incanti e disincanti
Vomitando viottoli per nuove avventure di già avariate
Cantando sempre e solo quel che non si sa più
Cantando sempre e solo di ciò che mai non fu
Così vi canto allora, compagni, compagno io di me stesso
O compagni incastonati in cardias, mesmerizzati e trapassati per pilorici anfratti
Vi canto e vi dimentico, eppure
A tormentarmi è una volta ancora il ritornello atroce:
“Quando il culo mio perduto avrà la voce
Ci pianterò allegramente una gran croce”
O compagni incastonati in cardias, mesmerizzati e trapassati per pilorici anfratti
Vi canto e vi dimentico, eppure
A tormentarmi è una volta ancora il ritornello atroce:
“Quando il culo mio perduto avrà la voce
Ci pianterò allegramente una gran croce”
Coucou, Sèlavy!
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