LA BEFFA (CANTO D'ANTICO LIBERTINAGGIO)
Non per piegar
Il tuo candor ti scelsi:
per svilire il mio, di vividi bagliori
E già una voce, un grido
L’orrore sovrastavano
Di quotidianità.
Il tuo candor ti scelsi:
per svilire il mio, di vividi bagliori
E già una voce, un grido
L’orrore sovrastavano
Di quotidianità.
Eppure nascondevi fra i tuoi tormenti il mio,
antidoto e patente di strenua santità
Così piaceva a te!
Ma stanco oggi mi trovi di colpirti, o sorella
Ché servivo la tua causa, addirittura con premura
Se ai miei piedi spalancavi questa terra –tu sapevi!
Il corpo mio nel tuo alla Vita consegnasti
antidoto e patente di strenua santità
Così piaceva a te!
Ma stanco oggi mi trovi di colpirti, o sorella
Ché servivo la tua causa, addirittura con premura
Se ai miei piedi spalancavi questa terra –tu sapevi!
Il corpo mio nel tuo alla Vita consegnasti
Mentre io meditavo
L’invulnerabilità
Guardalo, guardalo bene:
tornato oceano denso
Mi rigettava al mondo, mormorandomi all’orecchio
Che c’erano altri orrori e dolori a dispensarmi…
pensandoci, e le nostre leggi non bastarono già più.
Fra incensi sugli altari, giugulari elette a Lari
Ogni vittima sceglieva d’esserlo; quanto più di me scegliesti!
A te il mio vittimismo, ancora immacolato
Persino sul costato
Non abbiamo che bluffato.
“Un libertino beffato
Arrovesciate utopie dipingea
Obliando d’essere
Inchiodato al soffitto”
È stato allora che senza cadere son caduto
(Quelle notti di ebbrezza le ho avvolte in un sudario)
E ho contemplato, spietato
La sindone del volo sciagurato,
della non caduta, del corpo spappolato
Perciò, che pure ho già visto
Me ne vado come Cristo, neanche troppo tristo
Le impronte a rammentare ciò che poteva, e non è stato
Uno… due… tre… me so’ scetat’!
“Un vampiro vampirizzato.”
Ogni vittima sceglieva d’esserlo; quanto più di me scegliesti!
A te il mio vittimismo, ancora immacolato
Persino sul costato
Non abbiamo che bluffato.
“Un libertino beffato
Arrovesciate utopie dipingea
Obliando d’essere
Inchiodato al soffitto”
È stato allora che senza cadere son caduto
(Quelle notti di ebbrezza le ho avvolte in un sudario)
E ho contemplato, spietato
La sindone del volo sciagurato,
della non caduta, del corpo spappolato
Perciò, che pure ho già visto
Me ne vado come Cristo, neanche troppo tristo
Le impronte a rammentare ciò che poteva, e non è stato
Uno… due… tre… me so’ scetat’!
“Un vampiro vampirizzato.”
Coucou, Sèlavy!
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