LEGGENDO HESSE
Silvia era lì, in compagnia di quel libro di poesie scritto da Hermann Hesse.
Lo rigirava tra le mani, cercando un segno, un’impronta. Lo annusava per sentirne l’odore. Di che cosa? Di chi? Un odore che non avrebbe mai potuto raffrontare con uno reale. Osservava la copertina rossa, leggermente marmorizzata, e la donna vestita di trine e tulle di un dipinto ottocentesco: il ritratto di Violette Heyman, eseguito da Odillon Redon. Il titolo è di colore bianco: Hesse Poesie d’amore.
Apre il libro a caso. Stampato su pagina color paglia, legge il primo verso, che le cade sott’occhio, della poesia Berceuse:
Cantami la tua dolce nenia!
Ho tanto desiderato udirne il verso,
vieni da me, dolce melodia,
solo tu puoi ancora affascinare
il mio cuore inquieto nelle lunghe notti.
Ha scovato – Silvia - il messaggio che cercava. Per puro caso. La giovinezza non apparteneva più a loro, si era involata molti anni prima, ma il cuore e lo spirito ne possedevano ancora qualche sprazzo.
Era lì, sotto il suo sguardo, in quel verso che pareva scritto proprio per loro, che non si erano incontrati mai.
Solo le lettere che il postino infilava nella cassetta vicino al cancello, solo i plichi di libri inviati a lei come dono, erano l’unico contatto che intercorreva tra loro da innumerevoli anni. Eppure…eppure quei fogli sapevano di lui. Inodori per chiunque altro, profumati solo per Silvia. Leopardi non avrebbe saputo fare di meglio.
Silvia aveva la sensazione che le dita di Giacomo, mentre sfogliava le pagine di quel libro, avessero potuto lasciare un’impercettibile impronta sulla carta, una carezza che viaggiava nell’etere e che si posava sulla copertina e nelle pagine che lei voltava lentamente, quasi temesse che qualcosa di prezioso potesse svanire e non restasse di lui che un labile ricordo.
E s‘illudeva che perfino il respiro dell’amico lontano, avesse impregnato del suo alito la carta stampata.
I libri non contengono melodie ma se, per ipotesi, ogni verso poetico lo traducessimo come fosse suono, ecco che si trasforma in musica, una nenia che addolcisce il cuore.
Bisogna esser poeti, per immaginare tutto questo, e Silvia e Giacomo lo erano, eccome!
Silvia apre il libro ancora a caso ed è
Dialogo serale:
Che guardi sognando nel paesaggio velato?
Nella tua bella mano ho messo il mio cuore.
È tanto pieno di una felicità taciuta,
Così fervido –non ti sei accorta?
Me lo ridai con un sorriso sconosciuto
Un lieve dolore…tace. È raffreddato.
Non può raffreddarsi un rapporto d’amicizia lungo di anni, che ha assunto la forma di pietra miliare. Se freddo c’è, è dovuto all’assenza, non al distacco, perché se così fosse, avrebbe avuto una vicinanza mai esistita in precedenza. Nessun allontanamento sarebbe stato dunque possibile.
La presenza di Giacomo era concreta solo attraverso le sue lettere e i libri inviati in dono a Silvia. E viceversa. Eppure si sentivano così vicini, come nemmeno due persone che vivessero sotto lo stesso tetto sarebbero riuscite a creare quel legame indissolubile esistente tra loro.
Silvia sorride e riprende a leggere le poesie di Hesse. Questa volta voltando le pagine dall’inizio. Giacomo è accanto a lei, anche se solo nella sua immaginazione.
Com’è possibile che Giacomo e Silvia, vissuti quasi cent’anni prima di Hesse, e il poeta tedesco ormai scomparso da molti anni, che ancora questi poeti si trovino in una dimensione atemporale che avvicina i secoli, abbattendo le barriere dei giorni mesi e anni? Silvia neppure si pone il problema: l’eternità è costante, la misurazione del tempo è solo un’invenzione umana, e i poeti cavalcano i secoli come puledri selvaggi.
Corrono nel tempo, i poeti, e ancora sono presenti oggi. Silvia rileggendo alcune poesie del suo Giacomo…
Il passero solitario
D'in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finché non more il giorno;
Ed erra l'armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finché non more il giorno;
Ed erra l'armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
Sì ch'a mirarla intenerisce il core.
… si accorse di una concomitanza davvero particolare. Non è forse in un largo spazio di tempo, che Leopardi ha ripetuto nella sua lirica Il passero solitario un verso di Dante Alighieri ripreso dal Canto VIII: Antipurgatorio:
Era già l'ora che volge il disio
ai navicanti e 'ntenerisce il core
lo dì c'han detto ai dolci amici addio;?
ai navicanti e 'ntenerisce il core
lo dì c'han detto ai dolci amici addio;?
I versi degli autori si rincorrono nel tempo, non è certo un plagio di Leopardi quel verso ripreso dall’Alighieri. Dopo oltre quattro secoli, si ripete ancora, come un’eco lontana.
A lei invece Giacomo dedicò una romantica poesia. Ricorda con dolcezza il tempo in cui visse, quand’era giovane e bella. Rammenta ancora il foglio dove lui, il suo Giacomo, tracciò i primi versi in bozza.
XXI - A SILVIA
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Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale, Quando beltà splendea Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, E tu, lieta e pensosa, il limitare Di gioventù salivi? |
Silvia sospira, all'udire quei versi che le inteneriscono ancora il cuore. E tace.
Danila Oppio
Appendice:
Poiché mi è stato contestato il paragone tra il verso di Leopardi "Intenerisce il core! e quello dantesco "'ntenerisce il core", tra i quali avevo notato una stretta parentela, ho eseguito una ricerca che conferma il mio pensiero, Non solo Leopardi si è ispirato a Dante ma anche ad altri poeti come il Petrarca. So per aver letto lo Zibaldone, che Leopardi era un accanito studioso dei poeti medievali, e ho immaginato che si fosse ispirato alle loro opere, nel comporre le sue poesie.
Appendice:
Poiché mi è stato contestato il paragone tra il verso di Leopardi "Intenerisce il core! e quello dantesco "'ntenerisce il core", tra i quali avevo notato una stretta parentela, ho eseguito una ricerca che conferma il mio pensiero, Non solo Leopardi si è ispirato a Dante ma anche ad altri poeti come il Petrarca. So per aver letto lo Zibaldone, che Leopardi era un accanito studioso dei poeti medievali, e ho immaginato che si fosse ispirato alle loro opere, nel comporre le sue poesie.
Ne Il passero solitario, inoltre, sono rintracciabili numerosi modelli e riferimenti letterari. Nei primi versi del componimento troviamo due riferimenti a Francesco Petrarca (assai presente in molti testi leopardiani): il primo è al v.2 («solitario» rinvia all'incipit del sonetto 226 dei Rerum vulgarium fragmenta) mentre il secondo è al v.3 («cantando vai» riprende il sonetto 353 del Canzoniere petrarchesco, Vago augelletto che cantando vai). L'«intenerisce il core» al settimo verso è una citazione dantesca del Purgatorio («Era già l'ora che volge il disio / ai navicanti e 'ntenerisce il core»), mentre il verso «Odi greggi belar, muggire armenti» riprende letteralmente un passo della traduzione dell'Eneide di Annibale Caro.
Secondo Maria Corti, in particolare, la fonte letteraria che più ha ispirato il poeta per la stesura de Il passero solitario è l'egloga VIII dell'Arcadia di Jacopo Sannazaro, affine sia stilisticamente che contenutisticamente al testo leopardiano. Tale tesi è avallata dalle seguenti somiglianze tra Il passero solitario e il testo sannazariano, riassunte nella tabella qui proposta:
Egloga VIII, vv. 37-42, testo integrale
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Egloga VIII
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Il passero solitario
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«occaso [che provoca la similitudine
tra il giorno e la vita mortale]» |
«il Sol…cadendo si dilegua, e par che dica
che la beata gioventù vien meno» | |
«quando vecchiezza avvien che termine»
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«se di vecchiezza / la detestata soglia»
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«i mal spesi anni che sì ratti volano»
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«Che di quest'anni miei?»
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«vergogna e duol»
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«Ahi, pentirommi, e spesso, /
Ma sconsolato, volgerommi indietro» |
Se il risultato delle interferenze che ti hanno impedito di scrivere ininterrottamente fosse sempre di questo tipo, io ci porrei la mia firma di contratto.
RispondiEliminaIo dare un giudizio? E dove lo prendo possibile, valido e all'altezza se potrebbe esserci uno di mano umana e legata aduna ala miracolosa. Cos’è, uno scritto. sgorgato da una mente al di sopra e al di fuori dell'umano sentire.
Periodi e righi che hanno la scorrevolezza e la sensibilità di commuovere cuori induriti da selvagge intuizioni.
Tutto l'insieme ha e la versatilità colorita della pienezza poetica.
La forma del verso ha la forza superiore della poesia nella sua dolcezza e nella sua interpretazione storica della raffinata ricerca. Assume la bellezza eterea di un poema nella sua totale sostanza della poesia in contenuto romantico.
L'avvicinamento a Leopardi e Dante le conferisce una forza poetica nei valori assoluti. Fallo conoscere nei concorsi al punto che possa farsi strada da solo con dei riconoscimenti esaltanti.
Complimenti che mi hanno portato a queste esaltanti
visioni e auguri di sempre maggiori e lusinghieri successi.
Con affetto e stima.
Tommaso Mondelli
Quindi hai letto e mi fa piacere il tuo commento che ritengo esagerato. Ma la cosa che mi ha impressionato, è stata quando tempo fa lessi la poesia di Leopardi Il Passero solitario e quel verso, "Intenerisce il core", mi aveva riportato a Dante, ma non riuscivo a ricordare in quale poema lo avessi letto. Così ho eseguito una ricerca e mi è apparso che in quella strofa tratta dalla Divina Commedia, Leopardi abbia attinto a piene mani, riportando la stessa espressione nella sua poesia.
RispondiEliminaPartendo dalle poesie di Hesse ho trovato lo spunto di affiancare Leopardi e Dante. In sostanza, ho voluto portare Silvia e Giacomo (vissuti a cavallo tra il '700 e l''800) ai giorni nostri, con l’intenzione che la poesia, quella antica e quella odierna, vive in eterno, senza tempo. Così parrebbe strano che Silvia possa aver letto Hesse, considerando che quest’ultimo è vissuto un secolo dopo di lei e Silvia non poteva conoscere le sue poesie. Nell'infinita eternità tutto è possibile, tenendo in debito conto che il tempo è solo invenzione umana, mentre vedo l'eternità come una linea infinita lungo la quale cammina la Storia, ma anche la Poesia e l’arte in generale.
Grazie di cuore per aver letto e commentato, ma quanto ho scritto era diretto a te, al tuo dono e come avrai notato, il libro di Hesse che mi hai donato l'ho fatto fruttare.