MONITO
Non ho imparato niente, da quando nacqui a questo mondo. L’esistenza mi ha contaminato come una corsa strisciante: vedere sempre meno, sentire sempre meno, varchi che si chiudono, un cielo a groviera diventa una corazzata nel cemento. Ridevano e si sgomitavano quando alludevo confusamente, per la vergogna di un linguaggio lontano che mi avevano portato a ignorare, alla congiura che si faceva inevitabilmente e comunque nostra. Era la media cui consegnarsi, era l’arguzietta sprofumata di baratri, era quello stesso intendersi. Nel corpo sfibrato rinnovo un addio da ridere; ma dove sia stato firmato questo patto, in quale momento, non lo ricordo. Attenti, officianti del pensiero, della materia, dell’anima, dell’arte. Ascoltate questo brulichìo, considerate per un attimo i vostri occhi di allora.
Coucou, Sèlavy!
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