Carissimo Roberto,
Ciò che mi ha colpito, nel leggere la biografia dell'artista Nastasio, e
aver trovato, tra i personaggi del mondo artistico, alcuni che ho conosciuto
personalmente, come l'architetto Carlo De Carli, che ha costruito la casa dove
ho abitato per 17 anni, a Milano. Io ero una bambina di 6 anni, e stavano
terminando i lavori, quando vi andai ad abitare. Fu denominata Casa del
Platano, perché nel giardino sul retro, vi era un platano secolare, e per non abbatterlo,
l'architetto ha disegnato la casa in modo strano, per aggirarlo.
Via dei Giardini, dove si trova
la casa, è parallela a Via Manzoni, che conduce in Piazza Scala, e dal lato
opposto, proseguendo per via Fatebenefratelli, inizia il quartiere Brera, dove ha sede la
Pinacoteca e gli atelier degli artisti.
Così ho avuto modo di incontrare anche Marino Marini, Manzù e Minguzzi.
Non sono invece citati, nell’elenco, Carlo Carrà e Aligi Sassu e neppure
Dova, Somaré, Pedrina, ma in quel quartiere vi abitavano tutti. Alcuni li ho
conosciuti di persona, altri solo de visus, insomma, leggendo le sue critiche
su Nastasio, ho fatto un tuffo nel passato.
Se volesse leggere il mio racconto “Un vecchio quadro”
http://versiinvolo.blogspot.it/search?q=un+vecchio+quadro
che ha ottenuto un paio di premi, potrà comprendere in quale contesto abbia
trascorso la mia gioventù. Cosa che a qualcuno ha dato molto fastidio, perché
secondo il loro punto di vista, mi faccio vanto di certe conoscenze. Non era
questa il mio intento. Ho vissuto in mezzo a nobili, industriali, artisti, politici
e quant'altro, ma non facevo parte del loro mondo. Mio padre era persona umile,
fu per molti anni il custode-giardiniere di questa casa, bellissima nel suo
interno, un solo appartamento a piano, che misura circa 300 mq.
Il palazzo che s’intravede sulla destra guardando la foto, appartiene
alla famiglia Crespi, che per lunghi decenni fu proprietaria del Corriere della
Sera. Mi sono sposata e sono andata ad abitare a poche centinaia di metri da
questa casa, proprio nel quartiere Brera. Chi altro avrei potuto frequentare,
se non artisti che accompagnavano figli o nipoti alla stessa scuola dei miei
figli, di cui erano compagni? E le mie amiche d’infanzia, chi altro poteva
essere, se non una certa Letizia Bricchetto, poi signora Moratti, ex sindaco di
Milano e Ministro dell'Educazione, sua sorella Beatrice, i conti Borromeo ecc.?
Questo, per il semplice motivo che di fronte alla casa dove abitavo, vi erano i
giardini che hanno dato il nome alla via, e lì noi bambini ci trovavamo ogni
pomeriggio per giocare insieme. Ricchi e poveri, esattamente come il quartetto
canoro! Abitavamo tutti nelle case che si affacciavano sul giardino. Non
desidero annoiarla con i miei ricordi, che sono scaturiti dalla lettura dei
testi che mi ha inviato e che ho appena pubblicato.
Grazie per aver compreso. Di solito, se capita di raccontare vicende
vissute, nelle quali hanno fatto parte personaggi noti, si tende a sembrare
snob. Io non lo sono. Anzi, direi che il divario sociale che ho sofferto da
bambina, mi ha causato non poco disagio. Ero quella che serviva per far girare
la corda (il saldo della corda, un gioco infantile!) per le figlie di gente
altolocata. Ero la tappabuchi, per intenderci, ma se non mi trovavo nel giardino, le "madamine" mi venivano a chiamare.
In quei giardini appariva spesso, ormai vecchio e canuto, appoggiato al
suo bastone, con il solito basco nero unto e bisunto, le pantofole di panno, da
nonnino (quelle con la cerniera sul davanti) e una palandrana pure nera, il
grande pittore Carlo Carrà. Si sedeva sulle panche di pietra, ci guardava
giocare, poi, sollevando leggermente la coppola, ci salutava e tornava
lentamente sui suoi passi. Ecco sono ricordi che ho ancora vividi nella mia
mente, dopo oltre mezzo secolo!
Mi può perdonare se mi lascio cullare dai ricordi?
Tutto questo mi ha condotto alla ricerca di una breve biografia di
questo artista, che sapevo tale poiché, anche se ero piccola, me ne avevano informato, ma non conoscevo a quale corrente pittorica avesse aderito e neppure un
suo cenno biografico. Abitava di certo dalle parti di Via Brera, perché per
raggiungere i giardinetti che si trovavano di fronte alla casa dove alloggiavo,
doveva per forza non essere troppo lontano.
Biografia
e vita di Carlo Carrà (1881-1966)
Carlo
Carrà, (Carlo Dalmazzo Carrà), pittore italiano,
critico d'arte, scrittore, noto come uno dei firmatari del Manifesto Futurista,
sperimentatore di diverse tendenze artistiche, dal Realismo al Divisionismo,
dalla Metafisica, al "realismo mitico" degli anni Venti e Trenta,
nasce a Quargnento, in provincia di Alessandria, l'11 febbraio 1881 in una
famiglia di artigiani.
Messo a bottega da un imbianchino del paese a soli 12 anni, si guadagna da
vivere come stuccatore e decoratore anche dopo il trasferimento a Milano nel
1895.
Nel 1899-1900, si trasferisce a Parigi per parecchi mesi per decorare i
padiglioni dell'Exposition Universelle, scopre i grandi pittori,
entusiasmandosi per l'Impressionismo legge molto, si
avvicina a gruppi anarchici e studia le opere di Karl Marx e Michail Bakunin.
Nel periodo 1904/5 frequenta i corsi della Scuola serale d'arte applicata di
Milano e nel 1906, grazie a due premi artistici ed a un piccolo sussidio di uno
zio paterno, si iscrive all'Accademia di Brera.
Nel 1910 Carlo Carrà firma il Manifesto dei Pittori Futuristi di Marinetti, insieme a Umberto
Boccioni e Russolo; questo Manifesto è rivolto ai giovani artisti per esortarli
ad un rinnovamento del linguaggio espressivo.
All'appello rispondono Balla e Severini: da qui nasce il futurismo italiano che
esprime l'amore per la velocità, la tecnologia e la violenza.
L'automobile, l'aereo, la città industriale hanno un carattere leggendario per
i futuristi, rappresentando il trionfo tecnologico dell'uomo sulla natura.
La collaborazione di Carrà al movimento futurista durò sei anni, dal 1910 al
1915: anni intensi di esperienze, di lavoro e di battaglia, in cui l'arte
moderna in Italia diventò un problema nazionale.
Agli inizi del 1913 il movimento futurista diventa punto di riferimento anche
per il gruppo fiorentino de "la Voce", che sta avviando la nuova
rivista "Lacerba", diretta da Papini e Soffici.
Lo stesso Carrà è un assiduo collaboratore della rivista "Lacerba",
per cui realizza disegni e scrive articoli.
Mentre matura in lui la crisi del futurismo, Carlo Carrà, nel 1914, si
trasferisce per alcuni mesi a Parigi per frequentare i pittori delle varie
avanguardie.
I collage che disegna sono un primo chiaro segno del distacco dal movimento di
Marinetti e l'artista entra in un periodo di riflessione e di studio dei
classici come Giotto e Paolo Uccello, realizzando nello stesso tempo i suoi
primi quadri metafisici.
Nel 1915 Carrà appoggia la campagna interventista con
"Guerra-pittura", un volume di parole in libertà, personale risposta
a "Pittura scultura futuriste" di Umberto Boccioni dell'anno prima.
Chiamato alle armi, Carrà viene ricoverato nell'ospedale militare di Ferrara
dove incontra i pittori metafisici Savinio, Govoni, De Pisis e De Chirico con
il quale inizia una lunga corrispondenza, dando vita con loro alla
"Scuola" della pittura metafisica.
Durante gli anni della guerra Carrà sviluppo uno stile volutamente ingenuo o
"antigrazioso", ispirato alla solidità plastica dei trecentisti
toscani ed a Henri Rousseau, esprimendo le proprie idee sui valori tattili
della pittura negli scritti "Parlata su Giotto" e "Paolo Uccello
costruttore", pubblicati su "La voce" nel 1916.
Gli interni di Carlo Carrà del periodo tra il 1917 e il 1919 rivelano
l'inquietante iconografia caratteristica della metafisica, ma l'atmosfera delle
sue immagini è molto diversa dalla diffusa ironia e dal nichilismo dell'opera
dell'amico De Chirico.
Nel 1919 rientra a Milano e sposa Ines Minoja, mentre matura la crisi interiore
e artistica dal quale il pittore riemergerà con una nuova visione della
pittura, indirizzata alla ricerca della semplificazione dell'immagine.
Carrà si impegna a mettere in evidenza la solidità e cerca di enfatizzare la
tridimensionalità degli oggetti.
In un articolo sul rinnovamento della pittura italiana, pubblicato dal
periodico romano "Valori Plastici", auspica un ritorno ai valori
pittorici della tradizione italiana.
Nel 1921, "L'Ambrosiano", l'importante quotidiano milanese, gli
affida l'incarico di critico d'arte, una posizione influente che Carrà manterrà
per diciassette anni.
Nel 1921 inizia la terza stagione della ricerca artistica, di Carlo Carrà, il
cosiddetto "realismo lirico", considerata dai contemporanei la
stagione della maturità artistica del pittore, "dopo gli errori di
gioventù del futurismo e della metafisica".
E' il periodo naturalista di Carlo Carrà: paesaggi diventano il suo soggetto
prediletto da ritrarre e, dal 1921 al 1925, dipinge marine in Liguria, laghi e
campagna in Lombardia, poi nel 1926 in Versilia, rimane folgorato dai paesaggi
luminosi e solitari, le spiagge deserte, i monti sul mare della Toscana ed i
capanni abbandonati.
Forte dei Marmi, dove giunge nel 1926, diventa la sua seconda patria, vi abita
a lungo, ritraendo una Versilia che non esiste più: la lunga spiaggia bianca
con i capanni dei pescatori, le loro reti stese ad asciugare, i fasci di canne,
i gozzi tirati a secco in attesa dell'uscita notturna, la banchina del molo popolata
dagli ostricari.
I dipinti di Carlo Carrà, caratterizzati da tratti essenziali con prevalenza di
vuoti, dà vita ad un'atmosfera sospesa e senza tempo, creando un universo
pittorico personalissimo dove l'ispirazione viene dalla natura, ma è nutrita
dalla malinconia, dalla solitudine e dalla memoria.
Questo stile rimane caratteristico della pittura di Carlo Carrà per tutto il
resto della vita.
Nel 1933 Carrà sottoscrive il Manifesto della pittura murale di Sironi ed
eseguì affreschi per la Triennale di Milano (andato distrutto) e per il Palazzo
di Giustizia nel 1938.
Nel 1941, in riconoscimento della sua arte, viene nominato professore di
pittura all'Accademia di Brera.
Negli anni del dopoguerra Carrà modifica gradualmente le atmosfere dei suoi
paesaggi e delle marine, con superfici smorzate, pennellate meno compatte e una
maggiore luminosità.
Nel 1962, quattro anni prima della sua morte, al Palazzo Reale di Milano viene
allestita una mostra antologica della sua opera.
In seguito ad una malattia fulminante, Carrà muore il 13 aprile del 1966.
L'ingresso dei giardini (allora chiamati Perego) che si trova davanti alla casa dove abitavo, bastava attraversare la via. Giardini dove incontravo, quasi quotidianamente, il pittore Carrà.
Via dei Giardini, a sinistra lo stabile dove abitavo, a destra la cancellata dei giardini
Ricordo ancora questa statua, per il resto, hanno modificato qualcosa in questo giardino, per esempio, non ci sono più gli alberi dal tronco quasi parallelo al terreno, sul quale mi divertivo ad arrampicarmi, dove lasciavo pezzi di abiti e tornavo poi a casa sporca come una zingarella, ma felice!
La fontanella dove andavo a dissetarmi.
L'ingresso dei giardini, e di fronte, color salmone, la casa dove abitavo
Le foto le ho scattate da streetview.
Danila
Oppio