Cos’è un
dialogo? Una conversazione tra due persone.
Se a
raccontare e raccontarsi è solo una e l’altra deve limitarsi ad ascoltare, non
si tratta più di un dialogo, ma di un monologo.
Ciò è chiaro.
Può
accadere che tra due persone nascano incomprensioni o equivoci, è normale,
poiché è possibile che un fraintendimento possa accadere, ma se si ha la lingua
per parlare, o la scrittura per scrivere, si può chiedere con gentilezza cosa
l’interlocutore volesse dire. E spiegarsi.
Aggredire
verbalmente non è la posizione giusta in cui mettersi. Soprattutto se la causa
è esterna.
Se non
si riceve una missiva, la ragione potrebbe doversi addebitare ad un disguido
postale, ad un inciampo del server, che non consegna per un errore di
trascrizione nel suo pacchetto informatico. Non necessariamente a chi non
riceve, e quindi impossibilitato a rispondere.
Quando si accusa qualcuno di inviare messaggi inutili, noiosi o
insignificanti, occorrerebbe farsi un piccolo esame di coscienza e chiedersi: ma quel che scrivo io, è davvero
interessante per il destinatario? Dico davvero cose che all’altro possano incuriosire, piacere, divertire, dilettare,
attirare, attrarre, affascinare, appassionare? O piuttosto sono tanto
presuntuosa da credere che ogni mia parola sia preziosa, o “legge per chi
legge”?
Se non parto da questo concetto, non posso
giudicare con leggerezza il mio interlocutore. Se quando sono triste, depressa,
annoiata, stanca, ho la pretesa di essere compresa, così devo regolarmi anche
nei confronti dell’altro, che non sempre potrà essere brillante, pieno di
iniziative, divertente.
Se una mia missiva non arriva a destinazione,
e la controparte me lo fa notare, perché io ho sollecitato una risposta, posso
pensare di rispedirla, in modo che finalmente possa leggerla? Io credo di si,
credo che sia un gesto corretto, utile e necessario.
Se scrivo alla persona che mi è cara, e che
so essere ricambiata in quanto affetto e stima, con un tono autoritario,
dicendole che deve ripulire il suo Mac, quando invece il suo Mac è sempre
sgombro da cose inutili, e glielo ripeto per tre o quattro volte, “pulisci il
Mac, pulisci il Mac, pulisci il Mac”.
Non mi presento forse in modo arrogante,
invece di cercare di capire che forse la ragione sta da un’altra parte, ovvero
nel server che a volte, per quanto ad alta tecnologia, può sbagliare anche lui,
essendo una macchina e non un cervello? Che tra l’altro, anche i cervelli più perfetti,
sbagliano anch’essi!
E se, estenuata da questi martellamenti,
anch’essi inutili, alla fine mi sento rispondere a tono, devo solo comprendere che ho tirato troppo la
corda, che ho esagerato, e forse dovrei scusarmi, per la troppa insistenza.
Infatti, se la colpa è di un server, non è imputabile ad un essere umano.
Gli hacker che entrano a volte nel sistema
operativo, non sono causati dalle persone che comunicano tra loro, ma da
un’agente esterno ed estraneo, che si diverte a metter mano in cose non sue. Lo
stesso discorso vale per i virus o malware che dir si voglia.
Personalmente tendo sempre a cercar di capire
e chiarire. Non sollevando polveroni, non creando situazioni di non ritorno,
perché se non si chiarisce subito, si porta dentro di sé rancore, un cespuglio
di rododendro (rodo-dentro) che fa male più a sé stessi che a chi riceve parole
aggressive, che rischia di infrangere definitivamente un rapporto che avrebbe
potuto continuare ed essere bello e costruttivo.
Lo dico sempre a me stessa: accetta gli
altri, così come sono, coi loro difetti e pregi, forse anche loro accetteranno
me, alla stessa stregua. Nessuno è perfetto, siamo tutti perfettibili, ma non
si accusa una persona, se non sei sicuro che sia colpevole. MAI.
Se scrivo un emali a un’amica, dicendole
qualcosa, e lei mi risponde, e allora io rispondo a lei, e lei ribatte ancora,
e così di seguito, alla fine non sono io sola ad aver scritto un’infinità di
email, ma lo abbiamo fatto insieme. Quindi responsabilità reciproca. Non mi permetterei mai di dire al mio corrispondente:
“mi hai scritto un sacco di email” se io stessa ho dato il via a quelle email,
alle quali l’altro ha sentito in dovere
di rispondere.
La perfezione non è di questo mondo, ma per
quanto mi riguarda, sto cercando di vivere il più serenamente possibile, e
questa scelta la sto facendo perché mi accorgo che il tempo che mi resta da vivere
è molto inferiore a quello già vissuto. Le energie e la salute non sono più
quelle di un tempo, e dunque devo fare delle precise scelte. Se qualcuno rompe
la mia serenità, mi fa agitare, non mi concede un sonno tranquillo, sono
costretta ad allontanare da me quel qualcuno, anche se mi è caro.
Non posso dedicarmi all’altro, se l’altro non
ha un po’ di pazienza e comprensione nei miei riguardi, se mi manca di
rispetto, se crede di poter dirmi tutto quel che gli passa per la testa, e
lasciarmi indifferente. Sono una persona molto sensibile e ogni cosa che scuote
il mio spirito, ma fa male e questo male si ripercuote anche nella psiche.
Sono sempre molto attenta, comprensiva e
vicina a chi si confida con me, soffro se soffre e sorrido se è felice. Vorrei
che anche gli altri si comportassero con me allo stesso modo. Ma chiedo l’impossibile.
Allora prendo le distanze, una volta e per sempre.
Danila Oppio
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