Nel nome della cosa: ma a chi stiamo affidando le nostre
opere d’arte?
by REDAZIONEROSEBUD •
19 APRIL 2012
di Danila Oppio. Duemila intellettuali, tra cui Ennio Di Nolfo, Dario Fo, Carlo
Ginzubrg, Dacia Maraini, Stefano Rodotà, Gioacchino Lanza Tomasi, Lamberto
Maffei (Presidente dell’Accademia dei Lincei) Stefano Parise (Presidente
dell’Associazione Italiana Biblioteche) e una lista di nomi illustri, si sono
mobilitati per firmare un appello al Ministro Lorenzo Ornghi,
chiedendogli come fosse possibile che una biblioteca importante come
quella dei Gerolamini sia stata affidata ad un uomo che non ha i benché
minimi titoli accademici e scientifici, nonché nessuna competenza professionale
per rivestire il ruolo di curatore della Biblioteca napoletana di Giovan
Battista Vico.
Il fatto: Tomaso
Montanari, docente di Storia dell’arte moderna alla “Federico II” di Napoli ha
denunciato di aver visitato la Biblioteca in oggetto, che contiene oltre 150
mila manoscritti e volumi antichi, e di averla trovata in condizioni penose:
disordine, polvere, pile di preziosi volumi accatastate a terra, degrado. Ora
la biblioteca è chiusa per riordino, ma pare che accadano cose strane, dicono
le persone che abitano vicine al convento: auto che escono cariche, di notte,
dai cortili della biblioteca.
Sono sorte quindi
perplessità sul nuovo direttore, il “professor” Marino Massimo De Caro. Non mi
dilungo ad elencare tutte le cariche che questo professore e nobiluomo ha
rivestito nel suo iter professionale, ma ci si chiede: tra le possibili scelte
non c’erano altri cui affidare una biblioteca di libri preziosi già molto
saccheggiata nei decenni?
Per questioni
varie, il professore viene denunciato, ma già il giorno dopo il direttore
spiega al Corriere del Mezzogiorno di avere tutte le carte in regola:”Laureato
a Siena, ha insegnato Storia e tecnica dell’editoria nel master di
specializzazione dell’Università di Verona, è stato consulente del Cardinale
Majia, bibliotecario del Vaticano, pubblicato un libro su Galilei,
direttore della Biblioteca del Duomo di Orvieto, il padrino di battesimo del
nonno è stato Benedetto Croce, la famiglia che tramandava il titolo di Principi
di Lampedusa, si è unita a quella del famoso Tomasi”.
Perbacco!
Esclamerebbe Totò che si vantava di essere Sua Altezza Imperiale Antonio
Porfirogenito della stirpe Costantiniana dei Focas Angelo Flavio Ducas Commeno
di Bisanzio, principe di Cilicia, di Macedonia, di Dardania, di Tessaglia, del
Ponto, di Moldava, di Illiria, del Peloponneso, Duca di Cipro e di Epiro, Conte
e Duca di Drivasto e di Durazzo, De Curtis.
Il vero principe
Gioacchino Lanza Tomasi smentisce immediatamente sul quotidiano partenopeo:
“Falso, le affermazioni del bibliotecario sulla discendenza dai principi di
Lampedusa sono un’impostura. Il titolo di principe di Lampedusa è stato
concesso da Carlo II di Spagna a Ferdinando Tomasi nel 1667. I Caro non hanno
quindi non hanno nessuna parentela con noi e consiglierei al priore dei
Girolamini di vigilare invece di appoggiarsi su una documentazione falsata”.
Appurato che De Caro
non è un nobile, sarà comunque professore, ovvero titolare di una laurea.
Peccato che, malgrado il ministero lo chiami “dottore”, il nostro De Caro non
si sia mai laureato all’Università di Siena, dove si iscrisse alla facoltà di
Giurisprudenza, e lo stesso cervellone centrale dell’Università di Verona non
conservi traccia del passaggio dell’illustre “docente”.
Prima ancora che
uscissero queste notizie, un numero sempre crescente di intellettuali avevano
iniziato a firmare un appello per chiedere al Ministro Ornaghi come fosse
possibile che una biblioteca di rilievo come quella dei Gerolamini, sia stata
affidata a un uomo che non ha i titoli scientifici e la minima competenza
professionale per rivestire quel ruolo.
Fa ancora più male,
perché l’Italia non è un paese del terzo mondo, e quella biblioteca potrebbe
diventare meta di studiosi, studenti, turisti o semplicemente amatori. E quanti
erano a conoscenza di questa gemma a Napoli? Tipico della cultura italiana! Un
vecchio frate forse, e se lo conosci, ti aprirebbe la porta di una biblioteca
ai più ignota.
A Tehapinosinowa,
al confine tra la Virgiorgia e il New Yorkshire starebbero costruendo un museo
di 4.000 mq per conservare l’ultima defecazione di Jefferson.
Noi abbiamo opere
d’arte di immenso valore artistico e patrimoniale, le stiamo lasciando perire
miseramente. Meglio le feci di Jefferson o i nostri libri antichi? Tanto
che li buttiamo? Farenheit 451 dello scrittore Ray Bradbury insegna, così
come i libri messi all’indice in passato, distrutti nel fuoco.
L’incuria, la
manomissione e quant’altro non si discosta molto da tutto questo, considerato
in che mani affidiamo le nostre ricchezze culturali!
Ciò che mi
stupisce… è che ci stupiamo ancora quando apprendiamo di questi misfatti!
Featured image, la sala della Biblioteca
Malatestiana, autore Uomodis08, opera propria, fonte Wikipedia.
Nessun commento:
Posta un commento