Quando s’incontra lo sguardo dell’altro, cosa accade nell’intimo umano?L’Uomo cosa scopre?
Tra gli psicologi che si sono occupati dello sviluppo psico-emotivo dell’individuo possiamo trovare nomi quali Lacan, Winnicott, C. Olievenstein, S. Freud. Tra di loro c’è chi ha sottolineato l’importanza dello sguardo materno per il proprio bambino per uno sviluppo sano della personalità.
Winnicott ad esempio sostiene che la madre, guardando il proprio bambino e scorgendo in esso una persona intera, rimanda al bambino stesso questa immagine producendo nel piccolo la sensazione e la percezione di un “rispecchiamento”. Con il passar del tempo e maturata tale esperienza, il “rispecchiamento” diventa interiorizzato.
La madre consapevole della fragilità del proprio bambino e con la sua capacità di accudimento (holding), sa che suo figlio deve essere protetto, guidato, rassicurato, permettendogli così di sviluppare la fiducia nella propria madre e in chi se ne prende cura e di conseguenza nel mondo esterno.
Lo sguardo donato dalla madre, diventa l’ancora della propria vita che se offerto con amorevole tenerezza diviene fonte di vitalità, di forza, che a sua volta nutre l’amore che è in lui e che porta in sé, forse prima del concepimento, e tale contribuirà poi ad un’armoniosa crescita.
Quando la madre ed il bambino si scambiano gli sguardi, c’è un incontro, avviene un “ rispecchiamento”, il bambino si sente amato, identificato, in poche parole si sente riconosciuto, certo di esistere e di avere un preciso significato, di essere importante per lei, sua madre e viceversa accade per lei.
Lo sguardo diventa così una ricerca e una certezza per l’individuo. Egli ogni volta che si trova in qualunque situazione cerca lo sguardo dell’altro, per avere conferma, per avere delle sicurezze e per sentirsi riconosciuto e individuato, percependosi separato dagli altri.
La gioia suscitata da questo sguardo, dà certezza all’individuo, infonde fiducia e sollecita in lui tutte le sue risorse, e le capacità che con la vita sono state donate e delle quali è portatore.
La madre che ama il proprio bambino, lo guarda, gli sorride, incitandolo così ad avere fiducia in sé ed egli si sente portatore di capacità, di potenzialità e soprattutto di amore.
L’individuo che si sente amato per quello che è, si sente capace di affrontare qualunque situazione, non solo individualmente ma quando è necessario, insieme al suo gruppo sociale di appartenenza e/o alla sua comunità.
Quando si incontra un individuo che ha potuto fare di questo amore un tesoro, lo vedremo capace di guardar l’altro negli occhi senza timore, aprire il proprio cuore per far entrare l’altro, diventando così il cuore una finestra dell’anima. Questo amore trasmesso dallo sguardo, prima dalla madre, e poi da chi lo circonda, diventa linfa vitale per la sopravvivenza emotiva e fisica di ciascuno.
Invece, quando non è avvenuto questo riconoscimento, questo “rispecchiamento”, questo amore non è percepito come certezza, lo sguardo non viene posato sull’altro, e l’individuo corre il rischio di sentirsi indifferenziato, confuso in mezzo agli altri, inadeguato. L’indifferenza diventa tristezza. L’uomo, così, vive un’esperienza di vuoto, di smarrimento, di perdita del vero valore di sé, per se stesso e per l’altro finché non scoprirà come superare questo empasse e non scoprirà un amore più grande .
Oggi come oggi, la quotidianità induce costantemente l’individuo ad agire per “stare a tempo”, lo costringe a trascorrere le giornate fuori di casa, ad affidare i propri figli ad altri, anche se persone di fiducia. Capita così che pur essendo presente insieme ai figli o ai propri cari, a volte lo sguardo viene proiettato su altre cose che diventano almeno apparentemente sempre più urgenti ed importanti.
Il perseverare di questo comportamento è rischioso perché spinge inconsapevolmente, a sentire tutti travolti da quella quotidianità che ricade sull’altro immergendolo e catapultandolo nella confusività e nell’indifferenza. Tutto per non saper dare delle priorità e quindi per paura che manchi del tempo.
Questo già lo si sperimenta, ad esempio: capita che non si conosca chi abita alla porta affianco, si saluta l’altro che sale in ascensore con distacco o succede che non ci si accorge con quali vestiti esce di casa qualche componente della propria famiglia perché si è presi dall’affanno.
L’importanza dello sguardo non lo sottolineano però solo gli psicologi o studiosi del comportamento del singolo individuo o di massa, lo sguardo, è un’esperienza che per tutti diventa rilevante e sostanziale.
L’incontro di Papa Francesco con la folla, è emblematico. Il suo sguardo e il suo saluto: “Buon giorno”, rivolto dal suo balcone è come un saluto a ciascuno di noi che lo stiamo guardando.
Egli con la sua semplicità rivolge il Suo sguardo a ciascun individuo. Egli cerca “te” con lo sguardo, sia tu credente o non credente.
Pur essendo il Capo della Chiesa, si rivolge ad ogni persona con il suo sguardo che diviene subito una dolce carezza rivolta con umiltà ed amore. Sembra che cerchi proprio “te” e chieda “a te”: “Dove sei?”, per poi con il suo sguardo sorridente, rassicurarsi e dirsi: “ Eccoti qua, ci sei!”
L’effetto che questo incontro ha sulle persone, ha la stessa valenza di quello della madre che guarda con amore negli occhi il proprio bambino, cioè di “rispecchiamento”. Anche il Papa guarda l’altro comunicando con la certezza che egli esiste, che é importante e che in lui come persona e nel profondo del suo animo c’è una grande ricchezza, un tesoro, Gesù.
Il Papa, anche quando saluta soltanto con il suo sguardo, scuote l’anima. Egli si affaccia ed entra in ogni cuore, permettendo a ciascuno di uscire dall’anonimato e dall’indifferenza. Come a Lampedusa dove ha trasmesso a ciascuno abitante di quel piccolo lembo di terra di sentirsi riconosciuta per l’amore che porta dentro di sé, un amore pieno di carità e di accoglienza verso i profughi che per mille ragioni fuggono dalla propria terra, in cerca di una vita di speranza e dignità.
Sua Santità, con i suoi gesti, ha dato un volto a ciascuno di questi isolani e un volto a ciascuno di questi profughi. Un volto umano a tutti coloro che purtroppo, non ce l’hanno fatta a raggiungere vivi l’isola. Li ha valorizzati tutti, riconoscendo loro ciò che nessuno fino ad allora aveva mai fatto con tanta fermezza. É come se avesse detto a ciascuno di loro e alla luce del sole: “Io so che tu ci sei ed esisti”, “ Io so che sei esistito, e adesso non ci sei più, e so che hai lasciato un vuoto”. È come se avesse detto a tutti gli isolani: “Le cose che voi abitanti di Lampedusa avete fatto e state facendo, hanno un valore morale, civile e soprattutto cristiano”, “ voi che avete ascoltato il vostro cuore di cristiani, avete servito e servite Cristo”.
Il Papa con questo suo riconoscimento, invita, incita ancora quegli isolani e non solo loro, a fare un gesto che è naturale nell’uomo, guardare l’altro, incontrare l’altro, soprattutto chi ha bisogno ed agire sentendosi più forti e convinti della propria umanità perché l’altro è un essere umano che ha un suo valore, perché egli é Cristo.
Tale consapevolezza la viviamo ogni giorno con Papa Francesco. Ogni volta che il Pontefice si incontra con le persone si mostra attento e pieno d’amore per i suoi simili, amore che Egli traduce in gesti che strabiliano l’altro. Anche chi non é presente lo saprà, perché tutto si ripercuote con un’ eco senza fine.
In questi giorni lo abbiamo visto e toccato quasi con mano come si è comportato genuinamente nei confronti dei giovani e soprattutto di coloro che hanno partecipato alle giornate mondiali della gioventù, adulti, ragazzi, credenti, non credenti, ricchi, poveri.
Egli, ha permesso ad ogni partecipanti che si é recato in Brasile, a tutto il mondo telematicamente, a gli abitanti di quel meraviglioso paese, di sentirsi guardato negli occhi e sentirsi abitato nel proprio cuore perché il suo gesto è amore, è “rispecchiamento”. Egli si è presentato anche dove la povertà non è solo economica ma anche morale, civile, per far rivivere con il suo sguardo la certezza di un riconoscimento, innanzitutto come esseri amorevoli quali sono portatori nel loro cuore dello stesso amore che Sua Santità vive nel proprio, insomma un “rispecchiamento” del Suo amore per Cristo, che è in loro.
L’amore del Papa non è un amore perché egli è il Papa, ma perché è l’amore di Gesù, perché Egli porta Gesù nel suo cuore. Egli fa divenire questi suoi gesti e la sua presenza un grande amore. Papa Francesco, addirittura sembra che conosca personalmente ogni fedele che saluta, e sembra di essere così felice di rivederlo che tutti gli vanno incontro per avere la certezza di essere stato visto e riconosciuto, considerato, valorizzato.
Tenendo in considerazione quanto detto sopra sull’importanza dello sguardo per gli studiosi di psicologia e sfogliando il libro più antico del mondo, la Bibbia, possiamo trovare delle affinità tra alcuni pensieri espressi da questa scienza, le parole scritte nei Vangeli e il modo d’essere di Papa Francesco. L’importanza che l’essere umano ha per Dio, anche già prima del suo concepimento. La conoscenza inequivocabile che l’Onnipotente ha su ciascuno di noi ed il suo amore immisurabile vengono testimoniati nelle antiche scritture. Il valorizzare ciascuno di noi in quanto esseri umani, la conoscenza del cuore di ciascuno che si infiamma d’amore perché sente la presenza dell’amore trinitario, l’importanza che il prossimo ha per ogni individuo, sentirsi rispecchiati nello sguardo amorevole del prossimo.
Riflettendo sullo sguardo di Papa Francesco, sul suo modo di donarsi, i suoi gesti, sono tutti ritracciabili ed annunciati dagli evangelisti. Egli stesso diviene coerenza tra ciò che Egli è, e ciò che Egli rappresenta. È il suo modo di essere, Gesù, il suo modo di comprendere la psicologia dell’essere umano.
Aprendo il vangelo di Luca 12,7, leggiamo: “ … Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!”.
Papa Francesco, è così. Egli si rivolge a noi come se conoscesse fino al più profondo dell’anima e quello Suo sguardo di “riconoscimento” come figli di Dio, che ci dà brio, energia ci dovrebbe rendere consapevoli e farci diventare uomini più veri che guardano all’essenziale.
Sempre in Luca, nella parabola del Sammaritano, possiamo leggere come il nostro sguardo nei confronti del bisognoso sia importante. Egli, Gesù come Papa Francesco, conta su ciascuno di noi per portare avanti una missione, quella che Egli stesso ci ha dato e che noi dobbiamo saper leggere nel nostro cuore se ci fermassimo ad ascoltarlo senza perderci nell’affanno. Papa Francesco, così ha chiesto a ciascuno di quei tre milioni di giovani in Brasile di essere servitori di Cristo.
Sempre nel vangelo secondo Luca, si legge: "Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti. Ma Gesù le rispose: Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta" (Lc 10,38-42).
Il Santo Padre, come allora Gesù, ci sta invitando con il suo Pontificato a comportarci anche come Maria, ad ascoltare e comprendere le cose importanti, i veri valori della vita quotidiana che Gesù come figlio di Dio ci ha donato. Invece che essere solo presi dalla quotidianità e dagli affanni che ci portano tendenzialmente ad agire, ad essere immersi nello stress che confonde e non da tempo di distinguere anche le altre cose importanti da fare. Noi possiamo invece fermarci, vedere l’altro con gli occhi del cuore ed ascoltarlo dando valore a ciascuno dei propri fratelli, cristiani o non cristiani.
Bello sarebbe che questi Suoi gesti, questo Suo sguardo si traducessero nell’intimo di ciascuno di noi in consapevolezza e appropriazione di questo “rispecchiamento” , di questo amore insito nel cuore umano e che ciascuno si sentisse autorizzato ad assumere un maggiore discernimento della propria vita civile, morale, spirituale. Sarebbe importante saper valorizzare quest’opportunità di crescita, diventando più attivi e protagonisti consci della propria vita per poterla poi testimoniare.
Nelly Irene Zita Garcia
Canegrate, 19 agosto 2013
(Irene è psicologa, che segue principalmente le problematiche infantili)
Le foto le ho scelte io, mi sembrano una sequenza logica che parte dallo sguardo materno di una madre verso il proprio figlio, a quello della Madonna verso Gesù, a quello del Papa che addirittura bacia un piccolino, alla stretta di mano ai profughi di Lampedusa, fino ad indossare, in Brasile, un copricapo indios. Direi che in tutti i casi, Papa Francesco si dimostra VICINO ad ogni persona che incontra, senza alcuna distinzione. E senza preoccuparsi se i suoi comportamenti siano aderenti alle procedure dell'etichetta di corte. Infatti, il Vaticano non è una corte reale, è, o almeno dovrebbe essere, la Casa di Dio, dove il Papa è tenuto a svolgere il suo ruolo di Vicario di Cristo. A me non risulta - dai Vangeli canonici - che Gesù abbia mai abitato in una reggia, o che si sia comportato da regnante. Francesco rappresenta molto bene Gesù in Terra, aderendo, per quanto gli è concesso, al modo di essere del Messia. Ed è per questo che è molto amato, perfino da quelli che si dichiarano non credenti, se non addirittura atei e comunque lontani dalla Chiesa cattolica.
E se un Papa piace a tutti, indistintamente, qualcosa dovrà pur significare, vero?
Lui sta dando quell'esempio che Irene sottolinea con sapienza. Grazie Irene, per quanto hai scritto, e grazie soprattutto a Papa Francesco, per essere quel Papa che tutto il mondo attendeva!
Danila Oppio