POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

lunedì, giugno 17

GINEVRA - racconto di DANILA OPPIO



GINEVRA
Ginevra non è solo il nome di una città svizzera.  E’ anche il nome, un po’ antiquato e un po’ arturiano, di una donna moderna.
Ginevra vive a Losanna, dove svolge un’attività manageriale. Impegnata, attiva, di eleganza sobria, pacata e brillante nel dialogo.
Si è trasformata così costruendo negli anni la sua personalità, e col tempo ha sgrezzato la sua origine contadina.
Chi la incontra oggi, non può che ammirare in lei la donna sicura di sé, e di gran classe.  Una donna che ha imparato anche a dire no. Una donna forte.
Chi ricorda l’antica ragazzina di campagna, monellaccia e insolente, difficilmente riesce a risalire a lei, ora vera signora.
Anche il tempo è scivolato, come un impalpabile velo su di lei, svelando il suo sempiterno adolescente sorriso.
Quanti anni ha Ginevra? Più di trenta, poiché circa la metà li ha spesi in cerca di Lui. Per tre lustri, seguendo la sua ferrea regola, torna ogni anno al paesello nativo, cammina tra i campi di granoturco, passeggia nei vigneti e attende il Suo arrivo. In quei lunghi anni ha invano sperato di incrociare i propri passi con quelli di Giacomo, che lei aveva ribattezzato nei suoi pensieri  "romantico Lancillotto", senza che mai fosse accaduto, dopo la sua infanzia e adolescenza. Entrambi si erano trasferiti altrove.
Le ferie di Ginevra, per avverso destino, non coincidevano mai con quelle di Lui.
La gente del posto si chiedeva, un poco meravigliata, il motivo di quel perpetuo peregrinare di Ginevra, da Losanna a Vigneto e viceversa. Giacomo aveva circa l’età che ha oggi Ginevra, quando lei, poco più che bambina, si accorse che rappresentava per lei tutto ciò che cercava in un uomo. Si era perdutamente innamorata, e innalzava questo suo amore come si portano i colori della bandiera della squadra del cuore, con fede nei propri ideali.
Lui aveva per lei la tenerezza che si può provare osservando crescere un giovane virgulto. Di lui la gente parlava, diceva, commentava. Era bello, ammirato, aveva un promettente avvenire, e belle donne che lo corteggiavano, talvolta in modo sfacciato.
Ginevra si era ripromessa di crescere e diventare qualcuno, non voleva restare per sempre nell’ombra. Così lui l’avrebbe notata, apprezzata e, perché no, forse anche amata.
E voilà, la donna odierna, una splendida creatura che Giacomo incontra casualmente (?) accanto alla fontana che gorgheggia e troneggia nella piazza del paese.
Ginevra lo osserva con attenzione, dietro le lenti scure dei suoi occhiali da sole firmati. Giacomo è un po’ invecchiato, qualche ruga di troppo e fili d’argento tra i capelli, ma pur sempre attraente e, a quando si sente dire in giro, ancora ambito scapolo.
L’incontro è cordiale, quasi affettuoso e spontaneo. Parlano del paese, di come nulla è cambiato da allora, del loro lavoro nelle rispettive città. Ginevra apprende che da parecchio tempo lui si è stabilito a Roma, dove è diventato un personaggio nel campo della moda e come ogni anno tornasse in quel posto sperduto per far visita alla vecchia madre.
I giorni trascorrono all’insegna dell’allegria, Ginevra è felice di poter passare gran parte del tempo con lui, e Giacomo sembra apprezzare ogni giorno di più la tranquilla presenza di lei.  Ha scoperto, dall'antica amicizia, la donna che oggi è diventata, non la bimba cui tirare affettuosamente le treccine. Scopetta, la chiamava allora, per quei codini che non volevano stare legati al nastro, e sfuggivano da tutte le parti.
Giacomo è premuroso e tenero, le cinge con affetto le spalle, la tiene per mano durante le lunghe passeggiate nei viottoli tra i campi coltivati. Tutto questo, Ginevra lo assapora come avrebbe fatto con una croccante brioche e un caldo cappuccino. 
Giacomo non cercava di profittare di lei, della sua possibile disponibilità, come avrebbe agito un qualunque maschio di fronte ad una femmina tanto desiderabile.
E Giacomo le spiega anche il motivo per cui non si è ancora sposato: la donna giusta non l’ha ancora trovata. Le donne d’oggi, così eccessivamente disinvolte, libere di esprimere le proprie opinioni, e qualcuna di loro usa anche un gergo lascivo, colmo di parolacce, a dire il vero non l’hanno mai attratto.
Ginevra si ritrova ben presto nel salotto buono della signora Gilda, a gustare il tè e le frittelle in compagnia  di Giacomo.
-       Buoni questi dolcetti, li ha fatti lei, vero?

-       Neanche per sogno, ormai sono troppo vecchia per stare intorno ai  fornelli, li ha fatti mio figlio.

-       Giacomo, non sapevo di questa tua qualità.
      -       A vivere soli ci si adatta a fare di tutto, e a me piace trafficare in cucina.
Gli incontri tra Ginevra e Giacomo si fanno sempre più frequenti, e molto del loro tempo lo trascorrono a conversare con la madre di lui, che si diverte a narrare aneddoti di quando Giacomo era bambino.
Sembrano fidanzati ad un passo dalle nozze, che desiderano la benedizione di mamma Gilda, che finalmente spera di veder accasato il proprio figlio, come ha sempre sognato.
Le vacanze sono terminate, e Ginevra rientra a Losanna e al suo impegnativo lavoro, così come Giacomo torna a Roma, per preparare la collezione della prossima primavera, e allestire la sfilata al Gran Hotel.
Nei mesi seguenti, assorbita dal lavoro e abituata alla solitudine, Ginevra ha perso il conto  di quanto tempo non riceve più telefonate da Giacomo.
A novembre, il silenzio di Giacomo comincia a preoccuparla, decide così di partire, usufruendo del fine settimana, con un volo charter e raggiungerlo a Roma.
Suona alla porta dell’appartamento di Giacomo. Le apre un giovanissimo uomo.
-       Desidera signora?

-       Abita qui il signor Giacomo?

-       Certo, ora glielo chiamo.
O mio Dio - pensa Ginevra – è sposato e questo ragazzo deve essere suo figlio. Perché non ho mai preso in considerazione questa possibilità?
Desidera fuggire, ma non ne ha il tempo, Giacomo è già comparso all’uscio.
-       Caro, chi è?

-       Una signora che dice di chiamarsi Ginevra.

-       Ciao, cosa fai qui a Roma, sei venuta per lavoro?

-       Ma no, è che non ti sei più fatto vivo, sono venuta appositamente per te, perché non capivo il motivo del tuo lungo silenzio. Pensavo che ci saremmo tenuti in contatto.
-       Entra Ginevra, siedi. Ti presento Corradino. Corradino, questa signora è Ginevra, una mia carissima amica.
Una sua amica? - Ginevra è interdetta – è così che mi presenta al figlio?
-       Sei sposato Giacomo? Questo ragazzo è tuo figlio?

-       Niente  affatto, carissima.

-   Allora perché ti stai comportando così maledettamente male? Ero convinta che rappresentassi per te qualcosa di più che una semplice amicizia. Durante tutta l’estate mi hai fatto supporre, anzi avevo la  certezza che tu avessi ben altre intenzioni nei miei confronti.
Così Giacomo diede il  via a tutta quell’amarezza che per lunghi anni si portava dentro come un pesante fardello.  A Ginevra non può nascondere la verità, non merita di essere ingannata a lungo, fosse solo per quanto ha fatto per lui la scorsa estate.
Le raccontò che al paese era assillato da incessanti domande sul come mai e il perché non si era mai accasato. O se avesse una compagna. Sua madre per prima non faceva che ripetergli che lo voleva vedere sposato fin che era ancora in vita.  L’incontro con Ginevra è stato provvidenziale, così dolce, senza pretese di passioni travolgenti. Il classico cacio sui maccheroni. Ora sua madre è contenta che la gente non ponga più domande, e felice di sapere che il figlio è un vero uomo, che ha conquistato la splendida Ginevra.  Ma lei continuava a non capire, non stavano forse bene insieme? Non s’intendevano a meraviglia?
-    É così, cara, ci intendiamo bene, ci piacciono gli stessi stili nell’arte, la  stessa musica, la natura, e tanto altro. Ecco perché la nostra amicizia è importante. Però guardati un poco attorno. Questa è la casa di uno scapolo, ma non vivo solo. Corradino abita con me, ed io lo amo. E prima di lui ho amato altri ragazzi.  Speravo tu avessi capito fin da allora e che fossi stata al mio gioco, proprio per quella grande amicizia che c’era un tempo fra noi, A una donna come te, preparata alla vita, non potevano esserti sfuggite le mie tendenze omosessuali. Ho creduto che mi fossi stata vicina per impedire pettegolezzi e per rendere felice mia madre.
No, lei non sapeva nulla, Non aveva capito una beata fava. Era certa di aver trovato l’uomo giusto, dopo averlo atteso per anni, quell’uomo dolce, tenero e rispettoso, come descritto nei romanzi d’amore che leggeva a tempo perso.  E lei, di tempo, ora se ne rende conto, ne ha perso davvero parecchio. Quest’uomo non avrebbe attentato alla sua illibatezza, questo aveva pensato di lui, non prima di averle infilato la fede all’anulare. Pensava che ci fossero uomini che ancora desiderano portare all’altare una donna mite e remissiva, e soprattutto vergine.
-       Non te la prendere, Ginevra. Sei una donna di spirito!

-       Quando tornerò al paese, farò sapere che mi hai lasciato perché non sono la donna dei tuoi sogni (a dirla tutta, potrei dire…semplicemente perché sono una donna) e sussurrerò all’orecchio della peggior pettegola così che lei lo spiattelli subito in giro, che tu sei stato un amante appassionato.
In quanto a me – riflette Ginevra – appena rientro a Losanna telefono a Hans, è tanto che mi tormenta perché esca con lui. Domani sarò una donna molto, molto fragile e disponibile. 

Tutto questo accadeva più di cinquant’anni fa. Un tempo gli omosessuali dovevano mascherare il loro vero io, per salvare le apparenze. Qualcuno addirittura si sposava, aveva anche dei figli, e poi usciva tranquillo con il caro amico di famiglia, in realtà l’amante di turno. Le mogli non si ingelosivano, il marito non aveva mai intrallazzato con altre donne, lo credevano fedele e innamorato…povere illuse!
Oggi per fortuna gli omofili dichiarano il loro stato manifestando, a volte anche in maniera eccessiva e spregiudicata durante i Gay Pride, quel che sono e sentono realmente, senza finzioni. E la gente ha smesso di scandalizzarsi.
Danila Oppio

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