GINEVRA
Ginevra non è solo il nome di una città svizzera. E’ anche il nome, un po’ antiquato e un po’
arturiano, di una donna moderna.
Ginevra vive a Losanna, dove svolge un’attività manageriale.
Impegnata, attiva, di eleganza sobria, pacata e brillante nel dialogo.
Si è trasformata così costruendo negli anni la sua personalità, e
col tempo ha sgrezzato la sua origine contadina.
Chi la incontra oggi, non può che ammirare in lei la donna sicura
di sé, e di gran classe. Una donna che
ha imparato anche a dire no. Una donna forte.
Chi ricorda l’antica ragazzina di campagna, monellaccia e
insolente, difficilmente riesce a risalire a lei, ora vera signora.
Anche il tempo è scivolato, come un impalpabile velo su di lei,
svelando il suo sempiterno adolescente sorriso.
Quanti anni ha Ginevra? Più di trenta, poiché circa la metà li ha
spesi in cerca di Lui. Per tre lustri, seguendo la sua ferrea regola, torna
ogni anno al paesello nativo, cammina tra i campi di granoturco, passeggia nei vigneti e attende il Suo
arrivo. In quei lunghi anni ha invano sperato di incrociare i propri passi con
quelli di Giacomo, che lei aveva ribattezzato nei suoi pensieri "romantico Lancillotto", senza che mai fosse accaduto, dopo la sua infanzia e adolescenza. Entrambi si erano trasferiti altrove.
Le ferie di Ginevra, per avverso destino, non coincidevano mai con
quelle di Lui.
La gente del posto si chiedeva, un poco meravigliata, il motivo di
quel perpetuo peregrinare di Ginevra, da Losanna a Vigneto e viceversa. Giacomo
aveva circa l’età che ha oggi Ginevra, quando lei, poco più che bambina, si
accorse che rappresentava per lei tutto ciò che cercava in un uomo. Si era
perdutamente innamorata, e innalzava questo suo amore come si portano i colori
della bandiera della squadra del cuore, con fede nei propri ideali.
Lui aveva per lei la tenerezza che si può provare osservando
crescere un giovane virgulto. Di lui la gente parlava, diceva, commentava. Era
bello, ammirato, aveva un promettente avvenire, e belle donne che lo
corteggiavano, talvolta in modo sfacciato.
Ginevra si era ripromessa di crescere e diventare qualcuno, non
voleva restare per sempre nell’ombra. Così lui l’avrebbe notata, apprezzata e,
perché no, forse anche amata.
E voilà, la donna odierna, una splendida creatura che Giacomo
incontra casualmente (?) accanto alla fontana che gorgheggia e troneggia nella
piazza del paese.
Ginevra lo osserva con attenzione, dietro le lenti scure dei suoi
occhiali da sole firmati. Giacomo è un po’ invecchiato, qualche ruga di troppo
e fili d’argento tra i capelli, ma pur sempre attraente e, a quando si sente
dire in giro, ancora ambito scapolo.
L’incontro è cordiale, quasi affettuoso e spontaneo. Parlano del
paese, di come nulla è cambiato da allora, del loro lavoro nelle rispettive
città. Ginevra apprende che da parecchio tempo lui si è stabilito a Roma, dove
è diventato un personaggio nel campo della moda e come ogni anno tornasse in quel
posto sperduto per far visita alla vecchia madre.
I giorni trascorrono all’insegna dell’allegria, Ginevra è felice di
poter passare gran parte del tempo con lui, e Giacomo sembra apprezzare ogni
giorno di più la tranquilla presenza di lei.
Ha scoperto, dall'antica amicizia, la donna che oggi è diventata, non la bimba cui tirare
affettuosamente le treccine. Scopetta, la chiamava allora, per quei codini che
non volevano stare legati al nastro, e sfuggivano da tutte le parti.
Giacomo è premuroso e tenero, le cinge con affetto le spalle, la
tiene per mano durante le lunghe passeggiate nei viottoli tra i campi
coltivati. Tutto questo, Ginevra lo assapora come avrebbe fatto con una
croccante brioche e un caldo cappuccino.
Giacomo non cercava di profittare di lei, della sua possibile disponibilità,
come avrebbe agito un qualunque maschio di fronte ad una femmina tanto
desiderabile.
E Giacomo le spiega anche il motivo per cui non si è ancora
sposato: la donna giusta non l’ha ancora trovata. Le donne d’oggi, così eccessivamente
disinvolte, libere di esprimere le proprie opinioni, e qualcuna di loro usa anche un gergo lascivo, colmo di parolacce, a dire il vero non l’hanno
mai attratto.
Ginevra si ritrova ben presto nel salotto buono della signora
Gilda, a gustare il tè e le frittelle in compagnia di Giacomo.
-
Buoni questi dolcetti, li ha
fatti lei, vero?
-
Neanche per sogno, ormai sono
troppo vecchia per stare intorno ai fornelli, li ha fatti mio figlio.
-
Giacomo, non sapevo di questa
tua qualità.
Gli incontri tra Ginevra e Giacomo si fanno sempre più frequenti, e
molto del loro tempo lo trascorrono a conversare con la madre di lui, che si
diverte a narrare aneddoti di quando Giacomo era bambino.
Sembrano fidanzati ad un passo dalle nozze, che desiderano la
benedizione di mamma Gilda, che finalmente spera di veder accasato il proprio
figlio, come ha sempre sognato.
Le vacanze sono terminate, e Ginevra rientra a Losanna e al suo
impegnativo lavoro, così come Giacomo torna a Roma, per preparare la collezione
della prossima primavera, e allestire la sfilata al Gran Hotel.
Nei mesi seguenti, assorbita dal lavoro e abituata alla solitudine,
Ginevra ha perso il conto di quanto
tempo non riceve più telefonate da Giacomo.
A novembre, il silenzio di Giacomo comincia a preoccuparla, decide
così di partire, usufruendo del fine settimana, con un volo charter e
raggiungerlo a Roma.
Suona alla porta dell’appartamento di Giacomo. Le apre un
giovanissimo uomo.
-
Desidera signora?
- Abita qui il signor
Giacomo?
-
Certo, ora glielo chiamo.
O mio Dio - pensa Ginevra – è sposato e questo ragazzo deve essere suo figlio. Perché non ho mai preso in considerazione questa
possibilità?
Desidera fuggire, ma non ne ha il tempo, Giacomo è già
comparso all’uscio.
-
Caro, chi è?
-
Una signora che dice di
chiamarsi Ginevra.
-
Ciao, cosa fai qui a Roma,
sei venuta per lavoro?
-
Ma no, è che non ti sei più
fatto vivo, sono venuta appositamente per te, perché non capivo il motivo del tuo lungo
silenzio. Pensavo che ci saremmo tenuti in contatto.
-
Entra Ginevra, siedi. Ti
presento Corradino. Corradino, questa signora è Ginevra, una mia carissima
amica.
Una sua amica? - Ginevra è interdetta – è così che mi presenta al
figlio?
-
Sei sposato Giacomo? Questo
ragazzo è tuo figlio?
-
Niente affatto, carissima.
- Allora perché ti stai
comportando così maledettamente male? Ero convinta che rappresentassi per te
qualcosa di più che una semplice amicizia. Durante tutta l’estate mi hai fatto
supporre, anzi avevo la certezza che tu
avessi ben altre intenzioni nei miei confronti.
Così Giacomo diede il via a
tutta quell’amarezza che per lunghi anni si portava dentro come un pesante
fardello. A Ginevra non può nascondere
la verità, non merita di essere ingannata a lungo, fosse solo per quanto ha
fatto per lui la scorsa estate.
Le raccontò che al paese era assillato da incessanti domande sul
come mai e il perché non si era mai accasato. O se avesse una compagna. Sua madre per
prima non faceva che ripetergli che lo voleva vedere sposato fin che era ancora
in vita. L’incontro con Ginevra è stato
provvidenziale, così dolce, senza pretese di passioni travolgenti. Il classico
cacio sui maccheroni. Ora sua madre è contenta che la gente non ponga più
domande, e felice di sapere che il figlio è un vero uomo, che ha conquistato la
splendida Ginevra. Ma lei continuava a
non capire, non stavano forse bene insieme? Non s’intendevano a meraviglia?
- É così, cara, ci intendiamo
bene, ci piacciono gli stessi stili nell’arte, la stessa musica, la natura, e tanto altro. Ecco
perché la nostra amicizia è importante. Però guardati un poco attorno. Questa è la casa di uno scapolo, ma non vivo solo. Corradino abita con me, ed io lo
amo. E prima di lui ho amato altri ragazzi.
Speravo tu avessi capito fin da allora e che fossi stata al mio gioco,
proprio per quella grande amicizia che c’era un tempo fra noi, A una donna come te,
preparata alla vita, non potevano esserti sfuggite le mie tendenze omosessuali. Ho
creduto che mi fossi stata vicina per impedire pettegolezzi e per rendere
felice mia madre.
No, lei non sapeva nulla, Non aveva capito una beata fava. Era
certa di aver trovato l’uomo giusto, dopo averlo atteso per anni, quell’uomo dolce,
tenero e rispettoso, come descritto nei romanzi d’amore che leggeva a tempo
perso. E lei, di tempo, ora se ne rende
conto, ne ha perso davvero parecchio. Quest’uomo non avrebbe attentato alla sua
illibatezza, questo aveva pensato di lui, non prima di averle infilato la fede
all’anulare. Pensava che ci fossero uomini che ancora desiderano portare
all’altare una donna mite e remissiva, e soprattutto vergine.
-
Non te la prendere, Ginevra.
Sei una donna di spirito!
- Quando tornerò al paese, farò sapere
che mi hai lasciato perché non sono la donna dei tuoi sogni (a dirla tutta,
potrei dire…semplicemente perché sono una donna) e sussurrerò all’orecchio
della peggior pettegola così che lei lo spiattelli subito in giro, che tu sei stato un amante appassionato.
In quanto a me – riflette Ginevra – appena rientro a Losanna
telefono a Hans, è tanto che mi tormenta perché esca con lui. Domani sarò una
donna molto, molto fragile e disponibile.
Tutto questo accadeva più di
cinquant’anni fa. Un tempo gli omosessuali dovevano mascherare il loro vero io,
per salvare le apparenze. Qualcuno addirittura si sposava, aveva anche dei
figli, e poi usciva tranquillo con il caro amico di famiglia, in realtà
l’amante di turno. Le mogli non si ingelosivano, il marito non aveva mai
intrallazzato con altre donne, lo credevano fedele e innamorato…povere illuse!
Oggi per fortuna gli omofili
dichiarano il loro stato manifestando, a volte anche in maniera eccessiva e
spregiudicata durante i Gay Pride, quel che sono e sentono realmente,
senza finzioni. E la gente ha smesso di scandalizzarsi.
Danila Oppio
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