Di Giuseppe Scaraffia dall'inserto Sette del Corriere della Sera
Una mattina, Katherine Mansfield era riuscita a prendere un
pettirosso che era entrato nella sua stanza. “Non sembrava affatto spaventato.
Stava immobile e calmo”. Quando l’aveva liberato, era stata pervasa da una
strana gioia. John Middleton Murry, critico e scrittore, la raggiungeva nel
weekend, ma lei si sentiva sola e lo tempestava di lettere. “Appena te ne sei
andato, la casa è piombata in un profondo sonno e rifiuta di svegliarsi”. In
luglio, per curare la salute di Katherine, messa in pericolo da una movimentata
stagione londinese, la squattrinata coppia aveva affittato un piccolo cottage
di mattoni a Cholesbury.
Quando John ripartiva per Londra, la scrittrice faceva un magro
bilancio. Come mai lui non capiva che una scrittrice non può essere anche una
buona massaia? “Si, odio, odio, odio fare queste cose che tu accetti come tutti
gli uomini le accettano dalle loro donne”. Eppure odiava anche se stessa. “Sono
disgustata e respinta dalla creatura che strilla: “Potresti almeno sciacquare
il bricco del tè?”. Però era fiere che lui l’amasse lo stesso, Malgrado
l’estate, le piogge erano frequenti e la notte l’ululato del vento scatenava la
sua immaginazione. “Di giorno, caro, sono un leone, al tramonto divento un
agnello”. Il letto a volte le giocava strani scherzi. Una sera di giugno si era
rifiutato di accoglierla, facendola volare per terra. “Sono rimasta atterrita,
ma non sono riuscita a non ridere”.
Tutti quelli che la incontravano, apprezzavano la delicatezza dei
tratti, i bei capelli castani a caschetto, la pelle chiara e i larghi occhi
scuri. Soggetta a bruschi cambiamenti d’umore e sempre pronta a lanciare
frecciate, “sembrava un torrente impetuoso, argento vivo”. Murry, appena più giovane di lei, era
considerato molto avvenente, malgrado fosse nervoso e insicuro. Portato ad
un’introspezione che tendeva ad isolarlo dal mondo, si definiva lucidamente “in
parte snob, in parte vile, in parte sentimentale”. Si erano incontrati due anni
prima e avevano iniziato una convivenza turbinosa, resa ancora più difficile
dalla mancanza di mezzi. Il tracollo della loro raffinata rivista, Rhythm, su
cui aveva scritto anche D.H. Lawrence, aveva trascinato con sé anche quello
della coppia che aveva dovuto restituire i mobili comperati a rate e
traslocare.
Amore (poco) libero
In quell’estate David Herbert Lawrence e Frieda von Richthofen
erano venuti in Inghilterra. Lawrence aveva recentemente pubblicato Figli e amanti e Frieda sperava di vedere
i figli nati dal suo matrimonio con un solenne docente britannico. Katherine e
John avevano raggiunto i nuovi amici a Broadstairs, dove facevano il bagno nudi
sulle spiagge deserte. L’amicizia tra le coppie era basata su una serie di
affinità, dalla tubercolosi che insidiava Katherine e Lawrence all’estraneità
dell’Inghilterra, che li spingeva a spostarsi senza sosta alla ricerca del
luogo ideale per scrivere e guarire.
In realtà quei pionieri del libero amore non avevano una vita
intima soddisfacente. Murry si era subito rivelato un amante deludente. Solo la
lettura delle lettere d’amore di un austriaco che raccontava di averle baciato
il seno, l’aveva spinto a osare tanto. “Oltre a questo, non ho ma fatto
all’amore con lei fino in fondo”. Anche Frieda si lamentava delle rozzezze e
della frettolosità di Lorenzo, come l’aveva soprannominato.
Tra i quattro i litigi erano frequenti. Certo era difficile
sopportare i continui scontri tra Frieda e Lawrence come gli incessanti
tentativi dello scrittore di imporre agli amici il suo rivoluzionario punto di
vista sul sesso e sul matrimonio. Katherine reagiva silenziosamente ritraendosi
in sé. Solo l’intelligenza e la vitalità di Lawrence facevano sopportare il suo
egocentrismo.
La debolezza e l’egoismo di Murry nei riguardi della compagna erano
inquietanti quanto l’ottusità di Frieda, che però aveva avuto la forza di
rinunciare al suo status sociale, abbandonando figli e marito per seguire
l’amato. “Credo”, confessava “che il legame principale tra Lawrence e me sia sempre
stato il prodigio del vivere: ogni cosa che accadeva, grande o piccola, portava
con sé il suo incantesimo”. Analogamente, Katherine sintetizzava con Murry:
“Siamo entrambi anormali: io ho una vitalità eccessiva e tu non ne hai
abbastanza”: Tuttavia, dietro la passività del giovanotto, si nascondeva una
sorda resistenza a ogni sorta di impegno. Ammettere la superiorità di Katherine
non implicava per lui la minima conseguenza sul piano della quotidianità.
Fragilità e prepotenza
Alta, avvenente e bionda come una divinità teutonica, Frieda aveva
trentaquattro anni, sei più del compagno. Indipendente e spregiudicata, metteva
come lui l’erotismo al primo posto. Katherine, malgrado la sua disordinata vita
intima ondeggiante tra i due sessi, le sembrava una sorella minore, con cui
parlare di un argomento sgradito al suo compagno, la nostalgia per i tre figli
che aveva dovuto abbandonare per seguirlo. Era Lawrence a lavare, cucire e
cucinare sotto lo sguardo distratto di Frieda. Non aveva ancora la barba e nel
viso magro, scavato dalla scarsa salute, risaltavano gli occhi azzurri
ostinati. Era dogmatico come un profeta, nessuno avrebbe potuto smuoverlo dalla
“fede nel sangue, nella carne, in quanto più saggi dell’intelletto. Le nostre
menti possono sbagliare. Ma ciò che il nostro sangue sente, crede e dice è
sempre vero”: Sovente Frieda non riusciva a tollerare la sua prepotenza e
reagiva, ma il contrasto tra la fragilità di Lawrence e la sua aggressività lo
faceva prima o poi perdonare dagli amici.
Katherine e John stavano pensando di andare all’estero, Lawrence
avrebbe voluto che li raggiungessero in Liguria, ma Murry si sarebbe sentito a
disagio a farsi mantenere dalla piccola rendita di Katherine e, dopo molte
discussioni con Lawrence, avevano ripiegato su Parigi, dove lui pensava che
avrebbe potuto guadagnarsi da vivere. Frieda e Lawrence si ritirarono a
Fiascherino, in un “piccolo cottage rosa in un grande vigneto sul bordo di una
baia rocciosa”, dove “tutto e meraviglioso, radioso e bello”.
David Herbert Lawrence
(1885-1930) autore de “L’amante di Lady Chatterley”.
Katherine Mansfield (1888 –
1923)
Scritti con le unghie
Chi legge e ama Katherine Mansfield sa bene che affrontare i suoi racconti è come ascoltare qualcuno che con tono pacato e suadente e con garbato sorriso sulle labbra lancia orribili maledizioni, narra piccole storie che mettono i brividi per l'orrore che celano. Un orrore fatto non certo di eventi straordinari, ma di piccole quotidianità soffocanti, che stringono alla gola come un cappio dal quale non si riesce a liberarsi: il cappio delle convenzioni, della stupidità, del vuoto che domina le azioni e le parole dei personaggi che popolano le opere della Mansfield.
È una sorta di horror vacui, quello che afferra il lettore. Non per niente la scrittrice che agli albori del Novecento arrivò in Europa dalla sperduta Nuova Zelanda è considerata una delle voci narrative più vigorose e innovative del secolo che sta per chiudersi. [...]
I racconti della Mansfield sono usciti in ogni possibile variazione e veste editoriale, per le case editrici più disparate, piccole e grandi, con edizioni curatissime (come La lezione di canto da Mondadori nella bella collana della Medusa) o terribilmente trascurate. Il Saggiatore, Garzanti, Rizzoli,Adelphi: tutti hanno pubblicato la Mansfield. E Longanesi, nel 1957, fece curare un'edizione, Il meglio di K.M., addirittura da Elsa Morante. Eppure, finora, si avvertiva una sorta di scollamento fra i racconti della Mansfield e le sue note biografiche: ad esempio, nella collana della Medusa, Emilio Ceretti tracciava un ritratto edulcorato della scrittrice, tanto che non si riusciva e a capire come una signorina neozelandese, seppur inquieta, potesse tirar pugni nello stomaco con una crudeltà tanto maggiore e consapevole quanto più celata dietro la sottile cortina delle buone maniere. Adesso, con l'edizione di Tutti i racconti di Katherine Mansfield curata e tradotta con la consueta maestria da Maura Del Serra per la Newton Compton, la scrittrice appare in modo più chiaro come il suo scrivere la rivela: una donna insofferente alle convenzioni, che fece della sua vita un banco di prova per la gioia e il dolore. Matrimoni e separazioni lampo, amori omosessuali, flirt a bizzeffe nei suoi viaggi, un aborto, passioni mozzafiato e tentazioni bohémiennes: Katherine fu una ribelle al cui confronto l'amica Virginia Woolf è una suora di clausura (e tra le due fu sempre una sorta di amore-odio, una relazione di grande reciproco rispetto guastata talvolta da forti antagonismi). Al di là della mera soddisfazione di una pur giustificata curiosità per le vicende di una scrittrice così grande, il libro di racconti curato dalla Del Serra ha il merito di mostrare da dove la Mansfield tirasse fuori la pacata o graffiante capacità di scrittura che la distingue, ripristinando il coerente interscambio fra la vita e le opere.
Chi legge e ama Katherine Mansfield sa bene che affrontare i suoi racconti è come ascoltare qualcuno che con tono pacato e suadente e con garbato sorriso sulle labbra lancia orribili maledizioni, narra piccole storie che mettono i brividi per l'orrore che celano. Un orrore fatto non certo di eventi straordinari, ma di piccole quotidianità soffocanti, che stringono alla gola come un cappio dal quale non si riesce a liberarsi: il cappio delle convenzioni, della stupidità, del vuoto che domina le azioni e le parole dei personaggi che popolano le opere della Mansfield.
È una sorta di horror vacui, quello che afferra il lettore. Non per niente la scrittrice che agli albori del Novecento arrivò in Europa dalla sperduta Nuova Zelanda è considerata una delle voci narrative più vigorose e innovative del secolo che sta per chiudersi. [...]
I racconti della Mansfield sono usciti in ogni possibile variazione e veste editoriale, per le case editrici più disparate, piccole e grandi, con edizioni curatissime (come La lezione di canto da Mondadori nella bella collana della Medusa) o terribilmente trascurate. Il Saggiatore, Garzanti, Rizzoli,Adelphi: tutti hanno pubblicato la Mansfield. E Longanesi, nel 1957, fece curare un'edizione, Il meglio di K.M., addirittura da Elsa Morante. Eppure, finora, si avvertiva una sorta di scollamento fra i racconti della Mansfield e le sue note biografiche: ad esempio, nella collana della Medusa, Emilio Ceretti tracciava un ritratto edulcorato della scrittrice, tanto che non si riusciva e a capire come una signorina neozelandese, seppur inquieta, potesse tirar pugni nello stomaco con una crudeltà tanto maggiore e consapevole quanto più celata dietro la sottile cortina delle buone maniere. Adesso, con l'edizione di Tutti i racconti di Katherine Mansfield curata e tradotta con la consueta maestria da Maura Del Serra per la Newton Compton, la scrittrice appare in modo più chiaro come il suo scrivere la rivela: una donna insofferente alle convenzioni, che fece della sua vita un banco di prova per la gioia e il dolore. Matrimoni e separazioni lampo, amori omosessuali, flirt a bizzeffe nei suoi viaggi, un aborto, passioni mozzafiato e tentazioni bohémiennes: Katherine fu una ribelle al cui confronto l'amica Virginia Woolf è una suora di clausura (e tra le due fu sempre una sorta di amore-odio, una relazione di grande reciproco rispetto guastata talvolta da forti antagonismi). Al di là della mera soddisfazione di una pur giustificata curiosità per le vicende di una scrittrice così grande, il libro di racconti curato dalla Del Serra ha il merito di mostrare da dove la Mansfield tirasse fuori la pacata o graffiante capacità di scrittura che la distingue, ripristinando il coerente interscambio fra la vita e le opere.
David Fiesoli
"Gazzetta di Parma", 24 gennaio 1997
"Gazzetta di Parma", 24 gennaio 1997
Storie della inquieta Mansfield
Maestra
della short story, protagonista di quel rinnovamento che avvia la
letteratura europea sulle inquiete strade del Novecento, Katherine Mansfield ha
avuto una vita intensa, la cui brevità (è morta di tisi a soli 35 anni) non le
ha impedito di affermarsi come una delle voci più significative della narrativa
moderna. La Newton Compton ripropone Tutti i racconti della
Mansfield nella sua "Biblioteca Economica" (7 euro). Un'ampia e
accurata introduzione di Maura Del Serra, autrice anche della traduzione,
ripercorre la vita e l'opera della scrittrice.
Nata nel 1888 in Nuova Zelanda da una famiglia di emigrati inglesi, Kathleen Beauchamp (questo è il vero nome della Mansfield) si trasferisce a Londra nel 1903 e qui vivrà trascorrendo però lunghi periodi anche in Francia e in Germania. Inizia presto a scrivere racconti firmandosi Katherine Mansfield, assumendo così il cognome dell'amata nonna che l'ha praticamente allevata. Katherine incontra il successo fin dalla pubblicazione della sua prima raccolta di racconti nel 1911 (In A German Pension), ma la sua vita è ben presto contrassegnata dalla malattia e dall'inquietudine sentimentale (compagna del critico John Middleton Murry, che poi sposerà dopo un primo matrimonio infelice, avrà varie relazioni etero ed omosessuali). Muore a causa della tisi nel 1923 a Fontainebleau, dove si è unita a una comunità di tipo teosofico.
Il volume della Newton Compton comprende tutte le raccolte di racconti della Mansfield: Una pensione tedesca, Beatitudine, Garden-Party; inoltre i postumi Il nido delle colombe, Qualcosa di infantile ma di molto naturale e alcuni racconti incompiuti. Si ha così l'occasione di incontrare storie caratterizzare da intense figure femminili e un mondo variegato di atmosfere sospese, dove emerge la lezione dell'amato Cechov.
Nata nel 1888 in Nuova Zelanda da una famiglia di emigrati inglesi, Kathleen Beauchamp (questo è il vero nome della Mansfield) si trasferisce a Londra nel 1903 e qui vivrà trascorrendo però lunghi periodi anche in Francia e in Germania. Inizia presto a scrivere racconti firmandosi Katherine Mansfield, assumendo così il cognome dell'amata nonna che l'ha praticamente allevata. Katherine incontra il successo fin dalla pubblicazione della sua prima raccolta di racconti nel 1911 (In A German Pension), ma la sua vita è ben presto contrassegnata dalla malattia e dall'inquietudine sentimentale (compagna del critico John Middleton Murry, che poi sposerà dopo un primo matrimonio infelice, avrà varie relazioni etero ed omosessuali). Muore a causa della tisi nel 1923 a Fontainebleau, dove si è unita a una comunità di tipo teosofico.
Il volume della Newton Compton comprende tutte le raccolte di racconti della Mansfield: Una pensione tedesca, Beatitudine, Garden-Party; inoltre i postumi Il nido delle colombe, Qualcosa di infantile ma di molto naturale e alcuni racconti incompiuti. Si ha così l'occasione di incontrare storie caratterizzare da intense figure femminili e un mondo variegato di atmosfere sospese, dove emerge la lezione dell'amato Cechov.
Alberto Ottaviano
"Giornale di Brescia", 23 agosto 2008
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