Elena Refraschini e Davide Moroni hanno da poco presentato il loro
libro, la prima guida non ufficiale di Couchsurfing, che tradotto letteralmente
significa “saltare da un sofà ad un altro”. Si tratta di un nuovo modo di
viaggiare, a costo pressoché zero.
Il titolo del libro è IN VIAGGIO SUL SOFA’ e qui riporto un breve
racconto di una delle situazioni in cui potrebbe venirsi a trovare il
viaggiatore (surfer) che viene accolto nella casa dell’ospitante ( host).
L’AMICONE
Mettiamo subito le cose in chiaro: L’Amicone è una brava persona. A
nessuno verrebbe mai in mente di affermare il contrario.
Ciò nonostante, una convivenza forzata con lui (o con lei,
naturalmente) anche solo di un paio di giorni (o di ore, a seconda della
capacità di sopportazione del surfer) può portare seriamente alla fuga per esasperazione, se non a veri e propri
istinti omicidi (sempre a seconda della capacità di sopportazione di cui
sopra).
L’Amicone, figura
tipicamente italiana di ospitante, è quello che si offre di andare a prendere
il suo surfer in aeroporto
(“Figurati, non c’è problema!”) ma con tutta la famiglia al seguito, e che nel
tempo del tragitto in auto fino a casa gli ha già mostrato le foto delle
nipotine, delle due gatte e del cagnolino di sua cognata, che tra l’altro
assomiglia tanto a quello che il suo ospite teneva in braccio nella foto che ha
postato su Facebook la settimana prima. Già, perché l’Amicone è spesso lo step
appena precedente allo stalker, e dal momento in cui ha accettato la richiesta
di ospitalità del suo guest ha
iniziato a studiare nei minimi dettagli prima il suo profilo di CS e poi, per
non sbagliare, anche quello di Facebook.
Il surfer probabilmente a questo punto è già
terrorizzato, ma non sa che l’incubo deve ancora cominciare. Una volta a casa,
scopre che in auto c’erano solo i familiari più stretti: gli altri sono
schierati nel cortile di casa, a mo’ di comitato d’accoglienza, e il suo host glieli
presenta uno per uno mentre lo rimpinza di biscottini fatti in casa e
limoncello preparato dal padre con i limoni che fa arrivare dalla Sicilia
tramite un vecchio collega che ora è andato in pensione e che ha appena aperto
un bistrot di specialità siciliane in provincia di Como.
Potrebbe anche essere lontanamente divertente, se non fosse che
nessuno di loro parla inglese, e il surfer
ovviamente non parla italiano. Nessun problema per lui; qualcuno in più per
gli altri, che proprio non si capacitano del fatto che non capisca nulla,
nemmeno se parlano lentamente, scandendo le parole alla perfezione. Per
fortuna, c’è il suo host: almeno lui
un po’ di inglese lo parla. Maccheronico, certo, ma l’importante è capirsi.
“Allora, che programmi hai per oggi?” chi chiede, gentile.
“Mah, non so, pensavo di andare in Piazza Duomo e poi iniziare a
fare un giro lì…”.
“ E bravo Philip (Filìp”) vai
sul classico (you go in the classic), eh?.
E sai come arrivarci? Te lo spiego io…”
“Grazie, ma dovrei arrivarci comodamente con la metro, no?”
Eccolo, l’errore del principiante, la condanna del malcapitato surfer. Bastava mostrarsi un po’ più
sicuro di sé; invece, quelle due lettere “N” e “O” sono la formula magica che
permette all’Amicone di mettere in mostra tutta la sua Amiconità.
“Si, ma fai prima se pendi il tram. Prendi il 3, a dieci minuti a
piedi da qui, e ti porta dritto in Duomo. Namber
tri.”.
“Ma no”, interviene la moglie, “ ci sono i lavori, ci rimane
bloccato, No namber tri, piglia la
metro…”
“Ma quale metro?”Replica uno zio, “Ma cosa sei dietro a dire?” Cosa
deve fare, il giro di Milano, per arrivare in Duomo? Ascoltami a me, che sono
milanese DOC…Teik namber novantuno, anderstend? Nain uan. Autobus. E quando
arrivi in Cinque Giornate, faiv deis, prendi
il 27 oppure il 12, e te se rivà”. “Ma
sei impazzito?” lo zittische la cognata, “ e meno male che non si deve fare il
giro della città…Ancora un po’ e lo mandi a Bergamo! Ascolta me, lissen, prendi si il namber 91, ma poi, den, ti fermi dopo poco, Ripamonti. Lì prendi il tuentifor, e sei a posto!”
Mentre l’espressione del povero surfer
- il quale, detto per inciso, sapeva
perfettamente come arrivare in Duomo – passa da stupita a confusa, a
terrorizzata a rassegnata, l’host capisce
che la situazione gli sta sfuggendo di mano, e risolve con un: “Sai cosa
facciamo? Ti ci porto in macchina. Da solo”, aggiunge, a beneficio degli altri
presenti. Perch? L’Amicone “sa” sempre qual è la cosa giusta da fare, in
qualsiasi situazione.
“Sai, Filìp sei
fortunato: io sono per metà terrone e per metà polentone, du iu anderstend? Half Milano and
half Napoli. Con me vai sul sicuro: l’ospitalità del sud con l’efficienza
del nord!”.
Dopo trenta minuti d’auto per raggiungere il centro e altri venti
per trovare parcheggio, - per la cronaca, il doppio del tempo che avrebbero
impiegato in metro – finalmente arrivano in Piazza Duomo.
“Che poi è meglio se ti accompagno, che almeno ti spiego le cose.
Ti faccio da guida turistica…” dice l’Amicone, tutto contento.
“Questo è vero” risponde il surfer,
accomodante, “per esempio, chi è il tizio della statua, sul cavallo?”. “Ah
quello…Aspetta…Mi sfugge al momento…Ah, no, ecco: è Garibaldi.”
Mentre l’Amicone sproloquia raccontando la storia della sua vita,
il povero surfer, sempre più confuso
e rassegnato, lo segue nel suo tour personalizzato del centro di Milano, fatto
di indicazioni vaghe (“Questa chiesa è davvero bella…Non mi ricordo come si
chiama…Ma mi ricordo che c’entra sicuramente Leonardo Da Vinci. O era
Raffaello?”), suggerimenti gastronomici (“Per pranzo io ti devo lasciare, ché
mi tocca lavorare, ma se vai verso il Castello c’è una trattoria uanderfùl, la vera cucina milanese di
una volta. Non puoi non andarci, mi
raccomando, digli a Mimmo, il titolare, che ti mando io”), dritte per una
visita impossibile (Non hai prenotato la visia all’Ultima Cena? So che sei un appassionato d’arte, l’ho visto su
Facebook…Ma dont worry…Un mio amico
fa la guardia giurata lì…Digli che ti mando io, e non solo ti fa entrare, ma ti
fa pure saltare la fila”), imprecazioni varie (‘Sti cazzo di taxi…Devi fare un
mutuo per fare duecento metri e poi manco si fermano sulle strisce…Mica come da
voi, eh?!?”), altri suggerimenti gastronomici (“In Italia devi assolutamente
provare la pasta, ti ho già detto, la pizza è una sorpresa per cena…Per il
gelato, se ne vuoi provare uno davvero buono, very italian, vai oltre il Duomo, giri a sinistra dove inizia il
corso, poi prendi una stradina a destra…Credo sia la seconda o la terza…E’ in
quella zona lì, non puoi sbagliare, la riconosci per forza...Ah, e digli che ti
mando io!”), per finire, con sommo terrore del surfer, con le indicazioni per le vie del ritorno (Forse alla fine
è meglio se prendi la metro”).
La sera, di ritorno da una giornata a dir poco stancante,
appesantito da un pranzo di quattro portate (pagate come fossero dieci, e meno
male che “lo mandava lui”, smaltito però facendo chilometri in vana ricerca
della gelateria “dietro il Duomo”, davanti a un’enorme porzione di pizza fatta
in casa alta un paio di centimetri il surfer
racconta quali saranno le prossime tappe del suo viaggio in Italia. “E’ la
prima volta che ci vengo, per cui farò il classico giro del turista straniero:
Firenze e Roma di sicuro, e poi vedo quanti soldi e quanto tempo mi
rimangono…”.
“Manco a farlo apposta!” urla l’host,
entusiasta.
. “ A Firenze ci vive mio cugino! E a Roma mia sorella! E poi,
ascolta il mio consiglio, visto che i soldi te li faccio risparmiare io: già
che sei lì non puoi non andare a Napoli in questa stagione, e lì c’è solo
l’imbarazzo della scelta, tutta la famiglia di mamma è di lì!”.
Cala il silenzio intorno alla tavola; un silenzio di terrore, più
che di imbarazzo. Ma l’Amicone non riesce a rendersene conto, è contento come
un bambino, e scambia la disperata titubanza del surfer per timidezza.
“Guarda che non c’è problema! Anzi, sai che faccio? Li chiamo
subito e li avviso…Stai tranquillo, ghe
pensi mi!”.
Elena
Refraschini e Davide Moroni
Carissimi Elena
e Davide, non mi sono mai divertita tanto! Tutti i racconti sono molto piacevoli, ma uno di loro mi ha colpito in modo particolare, quello appunto scritto da Elena, dal titolo LEGGERE HAFEZ A SHIRAZ e che conto di pubblicare prossimamente, in quanto mi ha colpito l'intensità espressiva e affascinante del suo viaggio in Iran.
Danila Oppio (la fortunata mamma di Matteo M. vostro amico di vecchia data).
Danila Oppio... un'altra Amicona?
RispondiEliminaAngela
Perché, Angela, ti sembra che io agisca come quel tipo? Non mi pare proprio!
RispondiEliminaMi ritengo offesa!
Non ne vale la pena. La mia uscita è stata spontanea perchè, nel finale, anche tu tiri fuori i parenti...
EliminaC'è un motivo per cui l'ho fatto! Gli autori sono amici di vecchia data di mio figlio Matteo, il quale come sai vive in Norvegia ed è stato lui ad informarmi dell'evento. Siamo quindi andati alla presentazione, a nome di Matteo, ed ho avuto il piacere di rivedere anche altri suoi amici. Non rispecchio certo il comportamento di quel personaggio, non solo per il riferimento che fai sui parenti (inopportuno) ma perché non sono né invadente né ignorante come tanto bene Elena e Davide hanno descritto un tipico esempio di host.
RispondiElimina