L’amicizia, l’amore, la
vita, la doppiezza, LA LIBERTA’ e la coscienza:
un percorso
lirico-filosofico
nella poesia di
Roberto Vittorio Di
Pietro
§ § §
§ § §
I.
Animae dimidium meae
(Orazio)
R E
C I P
R O C
I T A’
Apro all’amico l’uscio dei pensieri,
gli accordo accesso a polverosi spazi
dove nemmeno i tarli osano entrare.
Spalanco armadi, teche, ripostigli,
solai e cantine, stanze inopinate:
tutto del mio rifugio ho da mostrargli.
“Sta casa tua…se è ingombra di macerie!...”
(Così arieggiata, è nuda di mistero?)
Di me gli basta. Ha visto. Se ne va.
II.
Amore è piena cosa di paura
(Jacopo da Lentini)
C
A N O N E I N V E R S O
Muta il copione, in scena i giochi restano:
Io, mentre rido, fingo di mentire;
tu, pur mentendo, fingi di scherzare.
Io a far la ruota e tu, nel secondarmi,
complice sei? Fingendo di non esserlo.
Fossimo veri attori! Ogni battuta
come un riflesso è furto delle parti.
E un luminello è gioia? Dura appena
se il cuore brilla in fuga dal suo specchio.
III.
Un poeta non deve rinunziare alla vita:
è la vita che s’incarica di sfuggirgli.
(Eugenio Montale)
E’ UN
SOGNO
Maggio? Non so. Certo è che, per incanto,
quei cieli nuovi, freschi, inteneriti
da un sole che si china a vagheggiarli,
sembrano urlarti: “Assurdo pessimista!
O sciocco paranoide!…Vieni!...Vivi!...”
Ti fan sentire ingiusto verso il mondo.
Ti sbarbi con più cura; ti profumi.
E un abito festivo? Ti ci vuole –
l’unico, quello smesso, te lo spolveri.
Cerchi la folla. Ora il frastuono è musica.
To’, guarda là: chi è?...che ti fa un cenno!
Ti corre incontro?...E grida! Addirittura
ti canta con trasporto l’incredibile:
“Sei tu!…Ma
è un sogno! Un… sogno…ritrovarti!”
Stai quasi per baciarla – oh sì, che importa
chi sia! Già quasi piangi a quel saluto.
E già t’accorgi, subito, ma è tardi,
che dietro c’era un altro. Chiedi scusa.
IV.
La faccia sua era faccia d’uom giusto,
tanto benigna avea di fuor la pelle…
(Dante – Inferno XVII)
RISPONDIMI,
GERIONE
Mostro?...E perché?... Rispondimi, Gerione:
nel nostro incerto andare quotidiano
volersi sempre, sempre! ad ogni prezzo!
maligna ‘sozza immagine di froda’?
Se onesto hai il volto umano, o sorridente
padre fratello figlio,
sii vero quanto appari:
amico! non serbarmi ancora e ancora
il viscido tuo petto
di serpente
la bifida tua coda
di scorpione.
Non sai ascoltarmi, tu
– ma, a volte (è strano?),
un pigolio… un sol battito d’ali…
sommuove il sordo abisso del tuo inferno,
sorprende il tuono
del tuo Flegetonte.
V.
Amour sacré de la patrie,
Conduits, soutiens,
nos bras vengeurs,
Liberté, liberté chérie,
Combats avec tes défenseurs!
ULTIMA
DEA
(Al grande Aleksàndr Puškin:
alla “triste canzone” del suo Pugaciòv)
Fin che ad un servo s’opporrà un padrone
che al vinto ingiunga silenziosa pace
nel nome di un Destino superiore,
risorgerà, fatale, un altro indomito
(Prometeo?...mai abbastanza incatenato)
che ovunque avvivi in chi s’umilia e tace
al rombo altero
d’ogni altrui cannone,
la forza d’intonare a piena voce
la stessa imperitura ardita nobile
inutilmente libera
canzone.
VI.
Cosa arcana e stupenda…
Tal memoria n’avanza
del viver nostro, ma da tema è lunge
il rimembrar. Che fummo?
(Giacomo Leopardi)
AMAI UN
COLORE
Mi spinsi al largo, in
piedi su una zattera,
senza nemmeno indosso un
salvagente;
e a mani nude, armato di
un sol remo,
sdegnando il peso di
qualunque vela
soggetta a un vento che
la propiziasse.
Se di un faro m’avvalsi, esso non fu
che la coscienza di
volermi battere
contro ogni impervio
limite, vogare
verso orizzonti liberi
inaccessi,
ma come il caldo blu d’un cielo estivo
sui flutti s’inazzurra
ancor più tenero
nell’abbracciarsi forte,
fin più fraternamente,
a tutto quanto il brivido
del mare.
Amai quaggiù un colore
inverosimile?
E inverecondo, sì –
fulgente, troppo:
un gran celeste che, più
è vivo e terso,
punisce il temerario che
lo esalta
prostrando l’occhio e
l’anima
a chi non regge il sole.
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