(ANSA) - MILANO, 28 GIU - E' stata ancora una volta presa di mira la statua di Indro Montanelli ai giardini di via Palestro a Milano. "L'artivista Cristina Donati Meyer - ha scritto in una nota - ha completato il monumento, integrandolo con la bambina dodicenne, schiava sessuale, che il giornalista comprò in Eritrea, durante l'occupazione italiana". Elusa la sorveglianza della polizia e scavalcando la fila di reti e transenne, l'artista-attivista, ha posato in braccio alla statua del giornalista il fantoccio di una bambina eritrea e affisso un cartello esplicativo: "Il monumento a Montanelli, così, è completo - è scritto su un foglio attaccato alla base -. Non occorreva colorare la statua, era sufficiente aggiungere sulle ginocchia la bambina eritrea di 12 anni della quale abusò da soldato colonialista". Gli agenti sono intervenuti, fermando l'artista, che è stata identificata, e interrompendo "la performance non violenta di disobbedienza civile". Qualche settimana fa la statua era stata imbrattata da un collettivo studentesco.
Vorrei spendere qualche parola su questo argomento.
In primo luogo, quello che è accaduto a Montanelli e successo anche a tanti altri soldati partiti per la guerra d’Africa.
Non ha abusato di quella bimba, che ha sposato con il rituale del luogo. Si chiama “madamato” quel matrimonio o, per meglio dire, quel contratto matrimoniale che avveniva tra un militare italiano e una donna eritrea. A 12 anni, affermava Montanelli in un’intervista, le donne africane erano già mature per convolare a nozze. Le sposavano per avere una casa dove stare, qualcuno che si occupasse di loro. E il contratto prevedeva che in cambio della sposa, il giovane offrisse soldi o pecore alla famiglia.
Ogni esercito che durante varie guerre esercitava il suo potere su un popolo, lo faceva violentando le donne, derubando gli averi del popolo che aveva sottomesso, e questo lo hanno fatto i tedeschi, gli austriaci, i francesi e anche gli americani, quando hanno invaso l’Italia. E non guardavano in faccia nessuno, neppure tenevano conto dell’età delle donne che abusavano, tante erano bambine. Perché questo non accadesse anche in Africa, è stato istituito il madamato per evitare il peggio.
Sull’argomento ho trattato nel libro di Tommaso Mondelli, che ho personalmente curato e al quale ho aggiunto ai suoi ricordi giovanili, quel che accadeva durante i periodi bellici.
"La moglie bambina di Indro Montanelli
Ovvero un’altra fidanzata di guerra, permessa dal fascismo, anche se poteva sembrare un caso di pedofilia.
Quello che fece Montanelli si chiamava “madamato” ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro il letto.
Montanelli acquistò una moglie dodicenne durante la stagione del colonialismo fascista in Eritrea.
Correva l’anno 1936, e quella che sarebbe diventata una delle penne più prestigiose d’Italia, scriveva nel numero di gennaio del periodico “Civiltà Fascista” un articolo in cui si sosteneva che “non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità. Coi negri non si fraternizza. Non si può, non si deve. “Almeno finché non si sia data loro una civiltà”.
Ma, evidentemente, non tutti i tipi di “fraternizzazione” erano sgraditi a Montanelli, come ha raccontato il diretto interessato, in un’intervista rilasciata a Enzo Biagi per la Rai nel 1982: “aveva dodici anni, ma non mi prendere per un Girolimoni, a dodici anni quelle lì erano già donne. L’avevo comprata a Saganeiti assieme a un cavallo e un fucile, tutto a 500 lire.(…) Era un animalino docile (sic) io gli misi su un tucul (semplice edificio a pianta circolare con tetto conico solitamente di argilla e paglia) con dei polli. Ogni quindici giorni, lei mi raggiungeva ovunque fossi, insieme alle mogli degli altri ascari”.
L’episodio era già stato rievocato in precedenza nel 1969, durante il programma di Gianni Bisiach “L’ora della verità”, in cui Montanelli ha descritto la sua esperienza coloniale: “Pare che avessi scelto bene – raccontò Montanelli – era una bellissima ragazza, Milena, di dodici anni. Scusate, ma in Africa è un’altra cosa. Così l’avevo regolarmente sposata, nel senso che l’avevo comprata dal padre.
La moglie bambina di Montanelli fu abbandonata al suo Tucul e al suo destino quando il giornalista è rientrato in Italia; le leggi razziali proibivano di elevare al rango di moglie vera e propria una “madama” acquistata per i soggiorni nelle colonie.
Il “madamato”, infatti, non era un vero e proprio matrimonio con parità di diritti e doveri, ma una forma di “contratto sociale” segnata dal dominio autoritario del colonizzatore sull’indigeno, dell’uomo sulla donna, dell’adulto sul bambino, del libero sul prigioniero, del ricco sul povero, del forte sul debole. E alla fine avevi qualcosa che era meno di una moglie e poco più che una schiava.
Era importante fare in modo che queste relazioni di dominio con le “belle abissine” non sconfinassero mai nel terreno dei sentimenti, e per questo nel Regio Decreto 740 del 19 aprile 1937, dal titolo eloquente “Sanzioni per rapporti d’indole coniugale tra cittadini e sudditi“, si era stabilito che “il cittadino italiano che nel territorio del Regno o delle Colonie tiene relazione d’indole coniugale con persona suddita dell’Africa Orientale Italiana o straniera appartenente a popolazione che abbia tradizioni, costumi e concetti giuridici e sociali analoghi a quelli dei sudditi dell’Africa Orientale Italiana, è punito con la reclusione da uno a cinque anni“.
Non vado oltre. Questo è il testo giornalistico, cui il protagonista ha rilasciato la sua testimonianza e che, a suo dire, lui non ha fatto altro che adeguarsi alle leggi in vigore all’epoca. Ma so per certo che un uomo onesto non lo avrebbe comunque mai fatto, perché ho conosciuto “mulatte”, figlie d’italiani e di eritree o somale, che portavano il cognome del padre, poiché quest’ultimo aveva regolarmente sposato e portato in Italia la moglie africana e i figli nati dal loro matrimonio.
Danila Oppio"
Montanelli era solo uno dei tanti che hanno profittato delle leggi del madamato. Leggi fasciste. Prendersela però con una statua mi pare fuori luogo. Chi la contesta dovrebbe rivolgersi ai responsabili che hanno voluto quella statua e l’hanno eretta, se proprio è in disaccordo. Bisogna però considerare tutto l’operato nella vita di una persona, e non giudicare solo per quel periodo che non è stato bello per nessuno, non tanto per il madamato, ma per la guerra che è stata voluta al fine di ottenere le Colonie in Africa.
Nessun conflitto è ammissibile, la colpa di tante miserevoli azioni è da imputare solo agli invasori.
A cominciare dalla calata dei barbari fino alle guerre più recenti, per esempio quelle avvenute in Serbia- Croazia, e Bosnia Erzegovina, durante le quali sono state compiute orribili stragi, l'uomo, in questi frangenti, si trasforma in un essere bestiale.
La più infima viltà è sempre stata, nel corso della Storia bellica, quella di infierire su donne e bambini, e in genere, sulla popolazione civile.
La ragazzina dodicenne eritrea non è stata la schiava sessuale di Montanelli, era sua moglie.
La nostra cultura occidentale vede la faccenda in altra ottica, ma non dimentichiamo che un tempo anche le nostre nonne si sposavano giovanissime con altrettanto giovani uomini.
E ricordo quanto mi raccontava un'amica egiziana di sua madre, il cui primo figlio l'aveva messo al mondo a soli 14 anni. In alcune culture orientali, la donna fertile è considerata pronta al matrimonio. Questo accade anche tra i Rom. Ho visto e parlato con adolescenti che stringevano in braccio il loro piccolo.
Perché dunque condannare un giovane militare che si unisce a una ragazza eritrea, che nella loro tradizione in quell'epoca non era considerata bambina?
Indro Montanelli era fascista? Esattamente come tutti gli italiani che avevano dovuto subire quel regime.
Ma basta con riesumare vecchie storie! Montanelli è morto, è stato un ottimo giornalista, lasciatelo in pace.
Danila Oppio