POETANDO

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domenica, giugno 7

STORIA DELLA LADRA DI LIBRI - di DANILA OPPIO

STORIA DELLA LADRA DI LIBRI


Amo i libri e i film che trattano l’argomento. Non sarebbe dunque la prima volta che scrivo di questo.


Se è vero che leggere può salvare la vita, lo è ancora di  più per Liesel Meminger, la piccola protagonista di STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI. Approdata sul grande schermo nel 2012, il film diretto da Brian Percival, con Sophie Nélisse, Emily Watson e Geoffrey Rush il testo del libro da cui è stato tratto, portava il titolo iniziale di La bambina che salvava i libri, di Markus Zusak e poi ripubblicato con lo stesso titolo del film. Chi è l’autore del romanzo? Zusak è nato nel 1975 e vive a Sydney con la moglie e i due figli. Premiato autore di diversi romanzi, ha raggiunto la fama internazionale grazie all’enorme successo del libro e film di cui stiamo trattando.
La giovane protagonista, un po’ come succede a noi per questa epidemia, paga sulla sua pelle colpe non sue. (La storia, tratta dal best-seller di Markus Zusak, passa attraverso i momenti topici del dramma nazista, dalla notte dei cristalli ai roghi dei libri “degenerati” (da cui la protagonista salva L’uomo invisibile di H.G. Wells) agli orrori della guerra, eppure sa conservare un tocco sempre gradevole, forse un po’ “vecchio stile” ma delicatamente istruttivo e piacevolmente coinvolgente.

L’adolescenza di Liesel si muove negli anni più duri della Germania visti dalla quiete di un piccolo borgo, mentre è una narratrice d’eccezione a tirare le fila della sua storia. È la Morte in persona che racconta gli eventi della piccola ladra che, catapultata in un mondo estraneo a tutto ciò che conosceva, trova nella lettura un appiglio da cui ripartire. Tra le lezioni per imparare a leggere nello scantinato e un libro su come diventare dei perfetti becchini, Liesel scopre pian piano un mondo che sembra fatto su misura per lei. Persino la moglie del borgomastro le permette di leggere nella biblioteca del figlio recentemente scomparso. Ma la Storia abbatte presto i muri del suo piccolo universo, un mondo che aveva creato con i suoi nuovi genitori e il piccolo Rudy, il suo migliore amico.
L’annuncio dell’entrata in guerra, i raid nelle case per cercare rifugiati ebrei, il rogo dei libri, da cui ne salva di nascosto uno che custodisce gelosamente. L’ideologia nazista, filtrata attraverso gli occhi dei bambini, assume un peso ancora più drammatico.
Benché la storia sia di finzione, trae la sua origine dalla realtà. L’autore ha basato il suo romanzo su racconti fatti dai suoi genitori, originari della Germania. Piccoli frammenti di storia vera, che sono serviti allo scrittore per imprimere una certa atmosfera alla storia.

È il 1939 nella Germania nazista. Tutto il Paese è col fiato sospeso. La Morte non ha mai avuto tanto da fare, ed è solo l'inizio. Il giorno del funerale del suo fratellino, Liesel Meminger raccoglie un oggetto seminascosto nella neve, qualcosa di sconosciuto e confortante al tempo stesso, un libretto abbandonato lì, forse, o dimenticato dai custodi del minuscolo cimitero. Liesel non ci pensa due volte, le pare un segno, la prova tangibile di un ricordo per il futuro: lo ruba e lo porta con sé. Così comincia la storia di una piccola ladra, la storia d'amore di Liesel con i libri e con le parole, che per lei diventano un talismano contro l'orrore che la circonda. Grazie al padre adottivo impara a leggere e ben presto si fa più esperta e temeraria: prima strappa i libri ai roghi nazisti perché "ai tedeschi piaceva bruciare cose. Negozi, sinagoghe, case e libri", poi li sottrae dalla biblioteca della moglie del sindaco, e interviene tutte le volte che ce n'è uno in pericolo. Lei li salva, come farebbe con qualsiasi creatura. Ma i tempi si fanno sempre più difficili. Quando la famiglia putativa di Liesel nasconde un ebreo in cantina, il mondo della ragazzina all'improvviso diventa più piccolo. E, al contempo, più vasto. Raccontato dalla Morte - curiosa, amabile, partecipe, chiacchierona - "Storia di una ladra di libri" è un romanzo sul potere delle parole e sulla capacità dei libri di nutrire lo spirito.
Leggendo notizie sul libro di Zusak si trovano molte discrepanze tra il testo da lui scritto e la sceneggiatura del film. Resto dell’idea che il film illustra una pagina di storia straordinaria, e che l’aver voluto modificare o eliminare le parti più crude del romanzo lo abbia reso meno pesante.
Ne porto una ad esempio per tutte:
Come dicevo, è  la Morte a narrare questa storia e lo può fare perché il giorno in cui la Himmelstrass è stata bombardata, ha trovato il libro che Liesel aveva scritto.
Non è quello pitturato e regalatole da Max, bensì un quaderno vero e proprio, che le ha donato la moglie del sindaco Ilsa Hermann.
C’è un breve dialogo nel film che mi ha colpito.
Max, giovane ebreo, è nascosto nella cantina dei genitori adottivi della protagonista. Non ci sono finestre. Le chiede come sia il tempo lì fuori. Lei risponde: il cielo è pallido.
Lui insiste: così non lo vedo.
Lei allora aggiunge: il cielo è grigio, e il sole appare come una monetina d’argento.
Ecco - risponde Max – adesso sì che lo vedo.
Un’altra volta le chiede: come è il tempo? E lei toglie dalla tasca del cappotto una palla di neve, poi ne porta in cantina così tanta, da poter formare un pupazzo. E lui è felice. Sembrano frasi  e azioni da nulla, ma dentro c’è tutto un mondo a colori.
Ora non mi resta che acquistare il libro, per poter meglio distinguere le differenze tra il testo originale e la versione cinematografica. Da quel che ho letto, ci sono state parecchie modifiche nel film, quasi fosse una riscrittura.  Ma queste non le ho riportate, per lasciare che sia il lettore a notarle e a decidere se sia più interessante il romanzo di Zusak o la pellicola del regista Brian Percival.

Danila Oppio


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