IL COLOMBACCIO
(Columba palumbus)
Giorni fa mio figlio mi disse che c’era un colombaccio tra i rami di un albero di fronte a casa nostra. Non lo avevo mai visto da vicino, ma stamattina l’ho fotografato appollaiato sull’antenna televisiva del mio dirimpettaio. La differenza tra il comune piccione e il colombaccio consiste nella sua maggior dimensione rispetto all’altro.
Fino a qualche mese fa c’erano una decina di colombi che stazionavano tra le nostre case, poi d’improvviso sono spariti, come i passerotti che nidificavano sui tetti o sull’abete del mio giardino.
Osservo invece una coppia di tortore, che tubano ininterrottamente durante il giorno e sento (senza vederle) le gazze che abitano ogni anno sopra i pini marittimi del giardino dall’altro lato della strada. Le cornacchie non mancano mai.
La memoria mi riporta ai piccioni di Piazza S. Marco a Venezia e a quelli di Piazza del Duomo a Milano. Era tradizione che i visitatori arrivassero sulle piazze muniti di sacchetti colmi di popcorn o di semi vari, che gettavano a ventaglio per far giungere i colombi dall’alto e fotografarsi magari in compagnia di uno di loro, che becchettava nella mano.
Anche questi sono spariti, perché i curatori delle opere d’arte architettoniche si sono accorti che sporcavano, corrodendo col guano le guglie del Duomo e i Leoni di S. Marco…e non solo. Così hanno pensato bene di avvelenarli.
Una domanda sorge spontanea, come diceva Lubrano: sono più importanti i muri di una chiesa o la vita di esseri indifesi?
Anche i frati hanno pensato bene di spargere veleno sulla cupola e sul tetto della loro chiesa. Non ho parole.
E pensare che esiste un modo per allontanarli, senza dover far loro del male!
C’era una coppia di piccioni che stava provando a costruire il proprio nido con lunghi ramoscelli secchi, sopra il compressore installato sul balcone di casa mia. Intanto tutto intorno avevano sporcato con le loro grosse deiezioni. Era mio compito pulire ogni giorno ma alla fine temevo che rovinassero qualche elemento dell’aria condizionata. Mi sono informata che esistono i dissuasori metallici che si applicano con nastro adesivo sul luogo dove non si desidera sia abitato dai volatili. Questi uccelli mangiano enormi quantità di cibo, pertanto depositano ripetutamente anche enormi quantità di guano corrosivo su automobili e spesso anche sulle nostre teste mentre volano. I loro quartieri generali sono senza dubbio i tetti e le grondaie delle abitazioni. Ovviamente il guano prodotto in quantità industriale da questi volatili è la vera sfida con cui dobbiamo confrontarci.
Il guano di piccione è infatti una sostanza acida, quindi corrosiva ed oltretutto portatrice di agenti patogeni e parassiti come pulci, zecche e acari che, a loro volta, veicolano infezioni anche gravi, soprattutto in soggetti deboli come anziani e bambini.
La costante pulizia di questo guano, oltre ad essere un’operazione molto delicata, perché pericolosa (andrebbe incaricata una ditta specializzata che poi smaltirà questa sostanza come rifiuto speciale), risulta anche inutile se non seguita da un’azione definitiva. Che però non sia quella di avvelenare le povere bestiole, tenuto debito conto che quel veleno viaggia anche con l’aria o la pioggia e potrebbe intossicare anche le stesse persone che hanno sparso sostanze letali. Non è sbagliato allontanare i piccioni ma, per favore, senza usare veleni. E non venite a dirmi che è stato il Covid a decimarli!
Ora questo colombaccio vive solitario, lo vedo solo e abbacchiato. Spero che si salvi dall’opera distruttiva dell’uomo.
Danila Oppio
Nei mitici anni 2000, invece, qui a Ferrara, gli Uccelli sono pieni di Alberi, cioè gli alberi sono così pieni di uccelli e di nidi e di piccolini che cantano dalla mattina alla sera. Una meravigliosa confusione della natura. E l'ho proprio qui tutta intorno.
In questa disgraziata e magnifica estate gli Alberi non cantano + solo perché il vento li attraversa scompigliandogli le foglie, hanno imparato a emettere suoni nuovi e molto diversi, dipende dalle varie razze di nuovi nati lì fra le loro braccia.
Spero di portare questo ricordo con me per sempre, dovunque andrò.
Angela
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