Mi sono fatta male, inciampando nel marciapiede sconnesso,
tipico di tutte le nostre strade, e, per non cadere, mi sono appoggiata
d'istinto e di botto su un palo di metallo che nasceva dall'asfalto: la mano
destra si è piegata all'indietro e mi sono fatta un male cagnone. Tornavo,
erano le 11 di sera, da una conferenza dove si commemorava Don Puglisi, il
sacerdote caduto in Sicilia sotto la botta della mafia. Era il 16 maggio.
Solo il giorno dopo sono andata al Pronto Soccorso, dopo
aver valutato il male, il livido e il gonfiore alla mano, non mi piace
precipitarmi a dire che ho la bua, penso che hanno casi più gravi di cui
prendersi cura. E quella notte l'ho passata sveglia, mettendo il ghiaccio.
Dopo la lastra, per 17 giorni ho portato il cartongesso
che mi imprigionava avambraccio, polso, mano e dito pollice, per sospetta
frattura dello scafoide. La successiva risonanza magnetica, che ho fatto a pagamento
per non dover aspettare due mesi, ha rivelato una contusione alla base del
radio e dell'ulna e di conseguenza ecco il tutore per 4-6 settimane. Ma col
pollice libero! E qui è cominciata la mia rinascita.
Questa è la piccola storia.
Sì, ecco, mi
vorreste tutti in perfetta forma, se sono giù di forma c'è chi si mette
semplicemente a piangere (i più deboli e più sensibili), c'è chi pensa a un mio
tradimento 'Come, contavamo su di te! per questo e per quello e anche per
tirarci su di morale!' (gli opportunisti). Cosa debbo dire a questi, che comunque
sono amici e li amo: " Guardate che non sarò sempre in perfetta forma.
Cominciate a farci un conto". E poi perché debbo dire loro qualcosa? Ma
che si arrangino! I primi piangano nel silenzio della loro casa e i secondi si
cerchino qualcun altro che sta sulla breccia (io, a furia di starci, ho preso
anche Porta Pia, ma che fatica ragazzi! e poi è stato davvero molto tempo fa!).
Ecco,
scriverti questo mi ha fatto scoppiare a ridere e sono tornata di buonumore.
E poi, per
fortuna, ci sono anche gli amici pratici (in politica li chiamerebbero
'pragmatici'), quelli che vedono le tue difficoltà e ti lavano i piatti, che
stirano i tuoi panni e provano a aiutarti a far da mangiare (il che non è
semplice, sono un cuoco difficile).
Jamila i
primi tempi del mio polso fuori uso pensava perfino di prepararmi enne
macchinette del caffè così io non dovevo sforzarlo a chiuderle e facevo più
facilmente colazione. Marjana ha tagliato panini e spalmato stracchino. Lana e
Tania mi hanno aperto bottiglie d'acqua e succoni di frutta. E Arturo, che è
praticamente astemio, ha imparato a aprirmi le bottiglie di vino. Poi ho
incominciato a far cuocere a Jamila le uova sode che poi io riuscivo
a pulire dalla buccia e a tagliare con la sinistra usando il
tagliauovo e a fare tartine per sovrapposizione di ingredienti. Ecco, le tartine mi hanno
aiutato e, quando, dopo 17 giorni, mi hanno tolto il cartongesso che mi
impediva l'uso del pollice della mano destra, è stato un nuovo principio:
ideavo piatti che potevo fare semplicemente organizzando un aiuto amico. Così
Tania ha tagliato le verdure del soffritto, cipolla carota e zucchine e poi da
sola ho preparato un risotto mantecato a sinistra (e un po' di aiuto della
destra) col parmigiano.
Così è stato
per il recentissimo patè di formaggio: ho montato (con molta fatica con la
sinistra) mezzo chilo di robiola con forma grattugiata, pepe e olive comprate
già a rondelle. E, quando è arrivata Tania, le ho chiesto di affettarmi un
piccolo peperone crudo a dadini piccoli: Tania è cuoca in un ristorante, è
impressionante come taglia la verdura senza guardare, sono fortunata. Poi ha
finito di mescolare il patè con l'aggiunta del peperone tritato e l'ha disposto
nello stampo da plum cake: in frigo e il giorno dopo era divino (con l'avanzo
ci ho fatto oggi delle tartine guarnite di uovo sodo e pomodoro).
In quanto allo scrivere, mi sono arrangiata da sola, tanto ci sono abituata e la mia mano sinistra ha fatto miracoli lenti ma li ha fatti.
Già, perchè io scrivo a penna su quaderni a quadretti piccoli. Il mouse e il pc mi servono solo per le email o per ricopiare le mie storie finite. Infatti, per la mia fisiatra, sono un'antiquaria.
Angela Fabbri
15 giugno
2013
Ho pubblicato più che volentieri questo raccontino, vero e sincero, per la forza di volontà mostrata dall'autrice, nell'affrontare quell'impedimento, che non le ha impedito di continuare a scrivere!
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