Sul Il Fatto Quotidiano.it di oggi ho letto una storiella che mi avrebbe fatto ridere di gusto, se non fosse che i personaggi ivi descritti, purtroppo, fanno piangere quasi tutta l'Italia, e divertire solo quelli che si prestano al ruolo di loro lacchè. Un tempo era il giullare di corte, a far ridere il re, ora accade l'esatto contrario. Tra l'altro e anche tra parentesi! sto leggendo il libro di Dario Fo, dal titolo "C'è un re pazzo in Danimarca" e chissà perché mi pare di ritrovare, in quel personaggio del Settecento, Re Cristiano VII, l'equivalente che anticipava la discesa in Italia dei novelli barbari, che la stanno spolpando e saccheggiando senza pietà. Sono appena tornata dalla Norvegia, e lì ho potuto toccare con mano e guardare con occhi l'enorme, abissale differenza tra il modo di governare nel nostro Paese e quello della Nazione Scandinava. Un turista italiano, che è stato felice di udire la nostra bella lingua, si è avvicinato a noi, e discutendo sulla situazione italiana, che pare ancora peggiore di quanto non sia, confrontandola con la Norvegia, ha detto queste parole, che ritengo siano la sintesi di tutto: "I governanti stanno saccheggiando più che possono, perché sanno bene che l'Italia sta andando in rovina, e cercano di accaparrare più risorse possibili (io avrei detto più semplicemente: rubare) perché poi non ci sarà più niente nel granaio".
Fare politica non è pensare al proprio tornaconto, ma al bene dello Stato che si governa, ma un vero uomo politico non si trova neppure con il lanternino di Diogene!
Bene, adesso riporto l'articolo, ovvero la Favola di Pellizzetti, davvero geniale!
Danila Oppio
Politica a Furbilandia: la leggenda dei draghi e del maghetto Matteus
Tanti e tanti anni fa, nel lontano paese di Furbilandia, la genia dei famelici draghi Smaug regnava su un piccolo popolo che aveva smarrito la dignità, accontentandosi ormai di raccattare qualche briciola caduta dal banchetto dei padroni.
I furbilandesi erano stati ridotti a quello stato di miseri questuanti dall’incantesimo di un bieco mago ghignante e riccone – Sylvius Ganassa – il quale aveva saputo imprigionare l’intera comunità nello specchio stregato di un immenso tubo catodico, che deformava la percezione della realtà colonizzando le menti dell’audience: dopo mesi e mesi di esposizione agli effetti distorcenti, prodotti dalle manipolazioni psichedeliche proprie del virtuale, quei meschini avevano subito la definitiva manomissione dei freni inibitori, perdendo ogni autonomia di giudizio. Ormai erano pronti a esprimere apprezzamento desiderante per qualsivoglia bassezza; agognare di procurarsi, senza badare al costo, l’intera gamma degli oscuri oggetti del desiderio consumistico, loro indotto dallo stregone Sylvius nella sua versione imbonitoria.
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Dunque, arrivare alla truffa, alla corruzione e alla concussione pur di entrare nel giardino incantato della cafoneria e poter scorrazzare su un mastodontico Suv per le stradine di città d’arte e storia, mettendole a repentaglio, considerare il massimo del buon gusto dilapidare patrimoni per una serata in qualche bettola da riccastri rifatti, magari billionari; tra pupe del gangster e tronisti lampadati. Godere della vicinanza del boss di quel locale, gonfio di bagordi e dalla faccia di bronzo; tanto da sembrare una scultura di Fernando Botero (il colombiano specializzato nel ritrarre obesi).
Seduti su montagne d’oro, i draghi assistevano compiaciuti al rimbecillimento del popolo, che così non sarebbe mai più stato in grado di creare loro complicazioni. Anche perché gli avevano tolto l’unica arma in grado di sconfiggerli: la spada chiamata “politica”, sepolta in una grotta arcana nella montagna del Chissenefrega; avvolta nei fetidi effluvi gassosi del farsi-gli-affaracci-propri.
Se poi qualche testa calda, ancora sopravvissuta alla pulizia etnica, osava far sentire la propria voce, ecco risuonare le parole magiche che l’avrebbero immediatamente messa a tacere. La più efficace era “populista”; che non stava certo a significare “critico di provvedimenti anti-popolari”, bensì “irresponsabile sovvertitore di un ordine giusto e naturale”. Di fatto, “un comunista”.
La stirpe dei draghi ingordi di ricchezze si ripartiva in generi differenti: dallo sbulinato in felpa blu e attitudini mordaci (modello Sergio M.) a quello azzimato e dai toni birignaosi (Modello Luca C.d.M.), c’era quello svaporato (modello Lapo E.) e persino l’apparente mutante con pretese di impresario culturale amico del popolo (modello Carlo D.B.); infine non poteva mancare nel branco la femmina da combattimento e riporto (modello Emma M.).
Comunque, nonostante le varianti, la natura intrinseca della specie restava immutata: un’irrefrenabile avidità, combinata con l’avversione (già di pelle) per quel terribile contagio chiamato “democrazia”. La cui diffusione andava bloccata a ogni costo.
A tale scopo servivano alla perfezione i guardiani dell’impolitica; nella loro veste di maghi illusionisti, capaci di imbambolare il piccolo popolo facendogli giocare la partita innocua chiamata elezioni.
Per oltre vent’anni aveva dominato la scena Sylvius Ganassa, ma ormai il suo invecchiamento risultava evidente, nonostante le pozioni e le tinture. Tanto da renderlo incartapecorito e svanito, sempre meno affidabile. Per questo era stato creato un suo clone, l’apprendista stregone che assicurasse un altro ventennio di controllo sul paese: il maghetto Matteus.
Tuttavia la nuova entrata presentava gravi difetti. In particolare gli si inceppava la parlata sicché – tra un’acca aspirata e l’altra – emetteva discorsi incomprensibili, tradotti in decisioni prive di senso: “la buona scuola” come apoteosi del bordello (con il preside a fare la madama), il “jobs act” per creare disoccupazione in act e controlli polizieschi sul job… Tanto da determinare in una parte sempre crescente di furbilandesi il risveglio dal lungo sonno ipnotico dei passati incantamenti.
Allora – aprendo gli occhi – ci si rese conto di quanto la situazione fosse insostenibile; che il regno dei draghi e dei loro stregoni andava abbattuto. Che bisognava recuperare l’arma della buona politica, inopinatamente sepolta negli anfratti dementi del Chissenefrega. E ci si mise in cammino oltre la desolazione…
(continua)
Adesso metto sul blog un po’ della mia personale deficienza, con quello che scriverò:
RispondiEliminaLa storia è carina anche se sul filo dell’ovvio. Bastava aver visto anni fa il film della Disney
“Il Re Leone” per vedere dove la storia andava a parare quando le Iene prendono il potere:
mangiando tutto, non producendo nulla di nuovo e non salvaguardando l’antico, il regno
rigoglioso di acque piante e animali diventa un deserto di rocce e di scheletri al sole (rimasto
solamente perché ancora un po’ troppo lontano per mangiarsi anche quello).
E aggiungo che ho riconosciuto Luca, Lapo e Carlo, ma, chi sono Sergio e Emma M.?
Angela Fabbri
Sergio M. è il nostro Presidente della Repubblica, la M sta per Mattarella. Emma M non so chi sia, a meno che non si tratti della bella cantante Emma Marrone. Ma non so se ha qualcosa a che vedere con la politica. Bisognerebbe chiederlo al giornalista che ha scritto l'articolo. Non seguo i gossip.
RispondiEliminaDanila